Il Nazionale

Politica | 04 settembre 2025, 07:21

Rai e Sanremo: il 'matrimonio' da Festival va avanti: dopo il 'giro d'Italia' immaginario rimane nella città dei fiori

Messe alle spalle le 'sirene' romane che per mesi lo avrebbero voluto in altri lidi

Rai e Sanremo: il 'matrimonio' da Festival va avanti: dopo il 'giro d'Italia' immaginario rimane nella città dei fiori

E dopo aver fatto il giro d'Italia, ma soltanto nell'immaginazione di illusi e facili dispensatori di minacciosi (quanto inconsistenti) “avvisi”, il Festival riparte dall'unico posto possibile: Sanremo. Semplicemente perché qualsiasi altra soluzione, da Nord a Sud passando per il Centro, tutto avrebbe potuto rappresentare fuorché il più grande spettacolo televisivo italiano, specchio di usi e costumi che si sono succeduti in 75 anni di storia.

La Rai lo sapeva (e lo sa) bene, al di là del gioco delle parti, tanto da aver ingoiato condizioni che mai avrebbe accettato se si fosse andati avanti con il reiterato sistema delle convenzioni, pur di non rinunciare all'evento più remunerativo, sia in termini d'introiti pubblicitari sia per le straordinarie ricadute sui palinsesti. Il fantasma del piano B per un altro Festival, lontano dalla capitale della Riviera dei fiori (Torino, Napoli, Roma e il resto delle fantasie alimentate fino a pochi giorni fa), quindi con un nuovo marchio, è servito per agitare l'amministrazione comunale e far scattare l'allarme nell'ampia parte di economia locale che ricava moltissimo dalla kermesse.

Ciò non significa che il negoziato approdato finalmente a un'intesa, ora da formalizzare con alcuni passaggi (a cominciare da quello nel Cda Rai) dopo la firma sul verbale di chiusura suggellata da un brindisi in sala giunta, sia stata una sorta di passeggiata di salute. Tutt'altro, considerati i momenti di forte tensione prima della pausa di Ferragosto e dintorni. Perfino con una coda all'inizio della due giorni sanremese che ha contrapposto la delegazione arrivata da Roma alla folta schiera di amministratori, dirigenti e consulenti di Palazzo Bellevue. E come svelato in tempi non sospetti, quando in molti si concentravano (distratti) sulle richieste economiche formulate dal Comune nella manifestazione d'interesse, non modificabili al ribasso (almeno 6,5 milioni annui e l'1% delle entrate pubblicitarie, più altri impegni per la città), fino all'ultimo il principale nodo da sciogliere è rimasto l'accostamento sostenibile (anti-ricorsi, per intenderci) del format al marchio. Cioè dell'architettura creata dalla Tv di Stato, che, già dal lontano passaggio “baudiano” da tre a cinque serate, ha allargato sempre più l'orizzonte delle canzoni attraverso l'inserimento di momenti d'intrattenimento, non riconosciuta però dai pronunciamenti dei giudici amministrativi, alla titolarità del doppio “sigillo” (Festival di Sanremo e Festival della canzone italiana) in capo al Comune, protetto da molti anni con la vigilanza affidata alla Società italiana brevetti. Da qui l'estenuante, intricato confronto in punta di valutazioni tecnico-giuridiche, concluso con l'esito più scontato e ragionevole. Per entrambe le parti.

La Rai voleva legare il prodotto all'etichetta, rivendicando di “essere” il Festival al di là delle sentenze e guardando quindi oltre i tre anni più due di contratto (per non dover ripetere la dura esperienza vissuta in questi lunghi mesi), e l'amministrazione Mager non poteva (e non voleva) rompere con il partner di sempre, consapevole del suo peso specifico nell'enorme crescita della kermesse e delle garanzie assolute che può continuare a offrire. Non a caso, l'unica proposta raccolta dal bando della discordia è arrivata dalla stessa Tv di Stato, obtorto collo. Insomma, lasciarsi avrebbe significato compiere un salto nel buio più profondo. Tentare altre strade piene d'insidie, scommettere su un futuro ad altissimo rischio di fallimento. Meglio, allora, rinnovare il legame di convenienza arrivato al traguardo delle nozze di platino (o di brillanti), a dispetto di litigi e burrasche, con proiezione verso quelle di quercia (80 anni). E possibilmente oltre.

Tar permettendo, perché c'è ancora uno scoglio giudiziario da superare: l'udienza fissata, a Genova, per il 17 ottobre nella quale si entrerà nel merito dell'ennesimo ricorso della Just Entertainment (JE) di Sergio Cerruti, il discografico “don Chisciotte” che si è messo a lottare contro i “mulini a vento” del Festival, ottenendo lo storico risultato d'interrompere il meccanismo delle convenzioni dirette tra i due enti per passare alla gara aperta a tutti. Quella che adesso contesta, nella sua articolazione, considerandola troppo favorevole alla Rai. Aspettiamoci, quindi, altre puntate della telenovela “canzonettara”, mentre Carlo Conti è già al lavoro da settimane per preparare il Sanremo 2026, in calendario dal 24 al 28 febbraio.

Gianni Micaletto

Commenti