All eyes (of Tenco) on Gaza. Tutti gli occhi del Tenco su Gaza. È così che si è chiusa la 48ª edizione del Premio Tenco, una serata densa, per alcuni tratti lenta, sicuramente intensa, dove la musica ha ceduto il passo alla coscienza, e la parola è tornata ad avere il peso della verità. Il Tenco 2025 si congeda dall’Ariston nel modo più profondo possibile: ricordando che la canzone d’autore, prima ancora che suono, è racconto, testimonianza, resistenza.
La memoria – tema scelto quest’anno – si è fatta carne e voce, in un intreccio continuo tra passato e presente, tra libertà e guerra. Sul palco, l’immagine di Gaza non è rimasta un’ombra ma si è trasformata in una presenza viva, commovente, necessaria.
Il Premio Yorum alla memoria del poeta e attivista palestinese Refaat Alareer, ucciso con la sua famiglia in un bombardamento nel dicembre 2023, è diventato il cuore pulsante della serata. “Gaza è una domanda a cui il mondo deve imparare a rispondere – ha detto sul palco Nabil Bey Salameh, dei Radiodervish, ritirando il riconoscimento alla presenza di Federico Lera di Amnesty International –. Refaat ha insegnato che scrivere può aiutare a restare vivi. Questo premio dev’essere un ponte tra chi scrive e chi ascolta, tra chi vive sotto le bombe e chi può ancora pronunciare la parola ‘pace’. Che questo premio viaggi fino a Gaza come simbolo di un mondo che non dimentica. Che questo palco resti luogo di ascolto e coscienza.”
Il teatro si è alzato in piedi, in un applauso che ha attraversato ogni sedia, ogni volto. Le parole di Nabil hanno incarnato alla perfezione la motivazione del Premio, ispirata a un pensiero di Edward Said: “La narrazione è uno strumento di resistenza. Refaat Alareer lo ha dimostrato per tutta la sua vita, nella più grande prigione a cielo aperto del mondo. Ha insegnato Shakespeare, costruito ponti tra giovani scrittori palestinesi e il resto del mondo. La sua ultima poesia, If I Must Die, è un atto d’amore e un’ultima preghiera. Le bombe che lo hanno ucciso non potranno mai cancellare i suoi versi: perché la poesia, come la canzone, è un faro che illumina l’oscurità, anche nelle ore più buie.*”
Quella luce ha attraversato l’Ariston, amplificata dalla presenza del Grup Yorum, che ha portato la sua musica come atto politico, come respiro di libertà in una serata in cui le note non servivano a intrattenere, ma a ricordare.
Nel mezzo, la staffetta musicale ha intrecciato epoche e stili: Paolo Angeli, Mimmo Locasciulli (Premio SIAE) con Alessandro D’Alessandro, David Riondino e Sara Jane Ceccarelli, Tito Schipa Jr. (Premio Tenco Operatore Culturale 2025), fino alla Scraps Orchestra, che ha costruito una suite dedicata alla Resistenza e all’80° anniversario del 25 aprile, mescolando canzoni partigiane e ballate popolari.
Poi sì, ci sono stati Tosca e Daniele Silvestri. E la serata ha cambiato pelle. Dopo l’intensità politica e il dolore condiviso, è arrivato quel momento in cui la musica si è ripresa la scena, riconquistando ogni spazio dell'Ariston. Non serve ricordare la grandezza dei due artisti: bastavano i riflessi dei loro Premi Tenco alla carriera – non targhe, come più volte è stato precisato, ma veri riconoscimenti di una vita intera dedicata alla canzone. Due voci, due mondi diversi, ma un’unica traiettoria: quella di chi sa trasformare la musica in coscienza.
Tosca ha aperto la seconda parte della serata come si apre una finestra dopo la tempesta. La sua voce ha attraversato lingue e continenti – dal portoghese al napoletano, dall’ebraico all’arabo – cucendo melodie e culture in un canto universale, in cui il dolore si è fatto dialogo e la differenza, armonia. L’Ariston, per un istante, è diventato un luogo di incontro, una frontiera che si scioglieva nel suono.
Poi Daniele Silvestri, trent’anni dopo la sua prima Targa, ha riportato sul palco la leggerezza di chi sa essere profondo senza mai prendersi troppo sul serio. Ha scherzato col pubblico, ironico e brillante come sempre, e con quella naturalezza che appartiene solo ai grandi si è ripreso l’Ariston, facendolo suo, nota dopo nota. Ha suonato divinamente, mescolando tecnica e cuore, e ha fatto cantare la platea con brani che sono ormai parte del nostro immaginario collettivo. Da “A bocca chiusa”, colonna sonora del film record di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, a “Il mio nemico”, con cui vinse il Premio Amnesty International Italia nel 2003, Silvestri ha trasformato la memoria in un dialogo vivo, condiviso, pulsante.
A condurre la serata, Andrea Scanzi e Antonio Silva, in perfetto equilibrio tra ironia e consapevolezza. “Stare su questo palco vale tantissimo – aveva detto Scanzi in conferenza stampa – perché racconta chi siamo e da dove veniamo. La musica d’autore è ancora un luogo libero, e difenderlo è un dovere civile.”
Così, tra Gaza e Sanremo, tra la memoria e il presente, si è chiuso il sipario del Tenco 2025. Non una semplice rassegna, ma un rito laico di ascolto e testimonianza. Perché la musica – lo ha ricordato questa edizione come poche altre – non salva il mondo, ma può impedirgli di dimenticare.
(Foto di Erika Bonazinga)



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