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Politica | 25 novembre 2025, 16:19

25 novembre - Sindaca Salis: “La violenza contro le donne è terrorismo”

La prima cittadina definisce il fenomeno “terrorismo di prossimità” e chiede una svolta culturale e politica: “Non è cronaca nera, è una questione di Stato”

25 novembre - Sindaca Salis: “La violenza contro le donne è terrorismo”

Una donna che vive sotto una forma di intimidazione quotidiana è vittima di un terrorismo di prossimità. Invisibile. Subdolo”. Così la sindaca di Genova Silvia Salis ha aperto la seduta odierna del Consiglio comunale, proprio nel giorno in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un discorso deciso in cui la sindaca ha definito senza mezzi termini la violenza di genere come una forma di terrorismo, una minaccia strutturale che riguarda l’intera società e non solo le vittime.

Nel suo intervento, Salis ha respinto ogni tentativo di riduzione del fenomeno a fatto privato o a parentesi di cronaca: “La violenza contro le donne è una questione culturale, sociale e politica”. Una realtà fatta di controllo, minacce, isolamento, umiliazione, che spesso non lascia lividi visibili ma scava profondamente nella percezione di sé delle donne, fino a farle sentire colpevoli di ciò che subiscono.

La sindaca ha parlato di parole sbagliate che generano politiche sbagliate, criticando termini come “raptus” o “tragedia familiare” che attenuano la responsabilità e normalizzano la violenza. "Serve un cambiamento di paradigma: proteggere le donne come proteggiamo i cittadini da qualsiasi altra grave minaccia”, ha affermato, invocando risposte radicali, investimenti, formazione obbligatoria, case rifugio e infrastrutture adeguate.
Salis non ha risparmiato di evidenziare alcuni dati: oltre 6 milioni e 400mila donne in Italia hanno subito nel corso della vita violenze fisiche o sessuali, pari al 31,9%. In Liguria la percentuale sale al 37,6%, sopra la media nazionale. Solo nel 2024 sono state uccise 116 donne, 99 delle quali vittime di femminicidio. Numeri che, ha sottolineato Salis, raccontano storie, volti, vite spezzate.

La violenza, ha ricordato, non è solo fisica o sessuale, ma anche economica e psicologica. L’Italia resta l’ultimo Paese europeo per divario salariale di genere, una condizione che alimenta dipendenza e ricatti. “Parlare di violenza significa parlare di opportunità, lavoro, autonomia, libertà reale”, ha rimarcato, chiedendo una strategia nazionale organica che coinvolga scuola, giustizia, sanità, sicurezza e welfare, come avvenne negli anni ’90 nella lotta alla mafia .

Non sono mancate critiche alla politica nazionale, accusata di attaccare progetti di educazione sessuo-affettiva anziché sostenere con decisione i centri antiviolenza. “Non possiamo piangere le vittime e poi lasciare scoperti i territori”, ha detto, rivendicando invece la sperimentazione avviata anche a Genova nelle scuole dell’infanzia .

Salis ha concluso: “Non basta dire di essere contro la violenza, bisogna esserlo davvero”. E la domanda che chiude il discorso resta sospesa ma urgente: “Quando capiremo che la violenza contro le donne è una questione di Stato?”.

Isabella Rizzitano

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