Va da sé che quello del 12 giugno è un voto amministrativo, esercitato dai cittadini per dare un governo alle città.
Tuttavia, non si può negare che si tratti, contemporaneamente, di un test politico rilevante per varie ragioni.
La prima – sempre che il governo Draghi non incespichi nel frattempo – è che a marzo 2023 la legislatura arriverà a scadenza e ci saranno le elezioni politiche nazionali.
Un appuntamento che vedrà una drastica riduzione del numero dei parlamentari dopo che, pressochè tutti i partiti, hanno votato per il taglio di senatori e deputati.
Il Cuneese non fa eccezione.
Ecco perché il voto di Cuneo, Mondovì e Savigliano assume, in questo contesto, una inevitabile valenza politica.
In particolare questo aspetto riguarda il capoluogo con la candidatura di una donna sindaco, Patrizia Manassero, chiaramente connotata, essendo stata espressa dal Pd, partito che lei ha rappresentato per una legislatura come senatrice a Palazzo Madama.
Il Partito Democratico deve affrontare una doppia sfida: esterna nei confronti degli schieramenti avversari, ma anche interna rispetto alle altre liste della coalizione.
Cinque anni fa una manciata di voti consentì al Pd di essere il primo partito davanti alla lista civica Centro per Cuneo.
Ora – facile prevederlo – i centristi, avendo dovuto cedere il sindaco cui pure ambivano, faranno di tutto per tentare il sorpasso, aiutati in questo da Enrico Costa, che non farà mancare la sua Azione.
Ma la competizione non riguarda soltanto il centro/centro-sinistra, visto che sul fronte del centrodestra si misureranno in un duello all’ultimo voto anche Lega e Fratelli d’Italia, che nel 2017 non avevano fatto faville.
I “Fratelli” non fanno mistero di puntare a superare la Lega per arrivare, di qui a qualche mese, al tavolo delle candidature parlamentari con il maggior peso contrattuale possibile.
Forza Italia, nel suo piccolo – si fa per dire visto che nel Cuneese annovera un presidente di Regione, un senatore, un consigliere regionale, un vicepresidente della Provincia e il sindaco di Alba – cercherà anch’essa di battagliare per far valere le sue ragioni e non essere marginalizzata nei futuri assetti.
E poi c’è il Movimento 5 Stelle che affronta una lotta per la sopravvivenza: confermare la propria rappresentanza in municipio è un imperativo categorico, esistenziale.
A Cuneo il “campo largo” tra Pd e 5 Stelle finora non ha preso piede, ma se mai dovesse decollare in Piemonte per le politiche nazionali la ministra Fabiana Dadone qualcosa in dote dalla sua terra dovrà pur portarlo.
I candidati sindaci “civici”, dal canto loro, si professano estranei a queste dinamiche, ma potranno farlo soltanto fino ad un certo punto dal momento che il risultato elettorale di Cuneo, in quanto città capoluogo di provincia, lunedì 13 giugno su tv e organi d’informazione nazionali avrà inevitabilmente una chiave di lettura politica.
Se i partiti schierano i loro big, i “civici” fanno valere – come possono – le loro argomentazioni anche se finora sembrano essere pochi i temi capaci di appassionare e scaldare il cuore dei cuneesi.
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