Un sondaggio condotto pochi giorni fa tra gli attuali parlamentari evidenzia che solo il 51% di loro è convinto della solidità del governo.
Eppure, nonostante l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte appaia come uno dei più fragili della storia repubblicana è verosimile che quell’1% in più gli consenta di proseguire il percorso ancora per un bel po’.
Sicuramente per l’emergenza determinata dalla pandemia in atto, ma anche per altri fattori che proviamo qui sommessamente ad analizzare.
A sostenere il governo non è la compattezza politica della posticcia coalizione 5 Stelle-Pd, nata per sbarrare la strada a Matteo Salvini quando questi – a ridosso dello scorso ferragosto - ritrasse la Lega dalla maggioranza.
Lo stesso premier ha ormai poco o nulla a che spartire con il Movimento che lo aveva indicato quando pentastellati e Lega governavano insieme.
Metà Partito Democratico è insoddisfatto e altrettanto dicasi dei 5 Stelle, dove l’ala movimentista di Alessandro Dibattista non perde occasione per manifestare i propri distinguo.
La leadership del Pd di Nicola Zingaretti appare timida e incerta, mentre quella dei 5 Stelle, dopo il passo indietro di Luigi Di Maio, resta da definire.
Senza contare che dallo stesso Quirinale si guarda senza entusiasmo alle scelte di un esecutivo che procede a colpi di decretazione d’urgenza.
E forse non potrebbe essere altrimenti, considerata la situazione, ma ciò non toglie che Camera e Senato siano state relegate ad una funzione di marginalità, che in una Repubblica Parlamentare non è fatto irrilevante.
Tutto ciò premesso, il governo Conte rischia di avere vita più lunga di altri esecutivi politici, caduti per dissensi interni alle rispettive coalizioni.
Basti, al riguardo, rammentare i casi di Prodi per il centrosinistra e di Berlusconi per il centrodestra.
Se ci è concessa la similitudine, Conte ricorda quelle vecchie zie malaticce già da giovani, che raggiungevano però venerande età.
È ipotizzabile una crisi di governo in questo frangente?
Le inquietudini di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sollevano dubbi, ma non lasciano intravedere soluzioni alternative e realisticamente percorribili.
La scelta delle urne appare infatti impraticabile, almeno nell’immediato.
L’unica strada potrebbe essere la nascita di un governo tecnico, un “governissimo” di emergenza con dentro tutti (o quasi), magari guidato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi, qualora la situazione precipitasse.
Ma anche quest’eventualità appare impervia e ad osteggiarla sono soprattutto i 5 Stelle.
A nessuno passa per la testa di votare in estate, anche se nel tardo autunno difficilmente potranno essere rinviate per una terza volta le elezioni regionali che interessano: Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche, Puglia, Valle d’Aosta oltre a varie consultazioni amministrative comunali.
La politica resta dunque congelata, mentre sottotraccia la repubblica – senza che alcuno abbia democraticamente deciso in questa direzione – si sta lentamente trasformando da parlamentare a presidenziale.
Quello che era un cavallo di battaglia della destra sta riuscendo a Conte, premier di una coalizione che, convenzionalmente, andrebbe ancora catalogata come di centrosinistra.
Ma queste considerazioni sembrano essere oziose ai più.
Oggi come oggi l’imperativo categorico è: primum vivere.
Per il philosophari ci sarà tempo.
Se Dio lo vorrà.
Politica | 03 maggio 2020, 17:02
Quando la forza di un governo (debole) è l’impraticabilità di altre strade
Conte resta in sella alla testa di una fragile coalizione 5Stelle-Pd mentre lentamente la democrazia italiana sta cambiando pelle. Impensabile un ritorno alle urne in tempi brevi, così come appare difficile il varo di un esecutivo tecnico
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