Le linee programmatiche presentate dalla sindaca Silvia Salis al primo consiglio comunale dopo la pausa estiva, disegnano una visione politica. L’intenzione è chiara fin dalle prime righe: rilanciare Genova come “una città per tutte e tutti, giusta, sostenibile, coesa e democratica”.
Non un elenco di opere o una replica aggiornata dei progetti già in cantiere, il cuore del testo è nel metodo: coinvolgimento, partecipazione, valorizzazione delle reti territoriali. E, soprattutto, un obiettivo dichiarato: “riabitare Genova”. Portare nuova vita dove si è svuotato il tessuto sociale generando relazioni, servizi, diritti, senso di appartenenza.
A sostenere questa visione, ci sono dieci direttrici strategiche, dieci capitoli tematici che coprono tutto lo spettro dell’azione pubblica, dalla scuola al lavoro, dall’inclusione alla mobilità, dall’ambiente alla cultura.
Il lavoro come collante, non come accessorio
L’apertura del documento è dedicata al lavoro, non a caso. “Il lavoro rappresenta il principale collante sociale e ciò che rende una città il luogo in cui costruire il proprio futuro”, si legge nel primo paragrafo. Da qui prende forma una proposta che riconosce il ruolo centrale del Comune anche come soggetto attivo nelle dinamiche occupazionali. Non solo attraverso l’erogazione di servizi o il rispetto delle norme, ma come attore politico, capace di incidere sulle condizioni del lavoro in città.
Il programma prevede l’istituzione di un Patto per il Lavoro e la Sicurezza, un tavolo permanente con le parti sociali per definire obiettivi condivisi e protocolli operativi. Tra i punti di rottura con il passato c’è l’introduzione di un salario minimo orario nei contratti comunali e l’impegno a premiare negli appalti pubblici le imprese che investono in qualità, sicurezza, diritti e parità di genere. C’è una volontà esplicita di contrastare il lavoro nero, il dumping contrattuale, le zone grigie che spesso riguardano proprio i settori più diffusi nei quartieri: l’edilizia minuta, i piccoli servizi, l’artigianato.
Accanto alla dimensione della tutela, viene rilanciata anche quella dello sviluppo. Si parla di attrazione di imprese, mappatura delle aree dismesse, rilancio della manifattura nelle vallate, incentivazione delle startup e delle PMI innovative. La parola “reindustrializzazione” torna con forza, in un’accezione contemporanea che include la tecnologia, la transizione ecologica e l’economia della conoscenza. Le politiche per il lavoro giovanile sono centrali nella visione dell’amministrazione Salis: si punta a creare opportunità stabili anche nelle periferie, con spazi pubblici dedicati al coworking, alla formazione e all’autoimprenditorialità.
Welfare universale e non emergenziale
Uno dei passaggi più forti del documento riguarda il welfare. Viene definito “una delle funzioni principali e insostituibili del Comune”.
Da questa impostazione discende una riforma dell’intero sistema di servizi alla persona, con l’obiettivo di renderli più accessibili, più capillari, più vicini ai bisogni reali dei cittadini. Si supera la logica emergenziale, si abbandona l’idea di un welfare residuale, si punta a una co-programmazione strutturale con il terzo settore, i municipi, le istituzioni sanitarie, le reti associative.
Il documento valorizza la prossimità come chiave per ricostruire legami sociali. Ogni Municipio dovrà avere un progetto di comunità. Verranno potenziati i presidi sociosanitari diffusi e realizzati punti unici di accesso ai servizi. Si annuncia anche un rafforzamento della presa in carico multidisciplinare delle fragilità: infanzia, disabilità, non autosufficienza, disagio psicologico. Tutti ambiti oggi frammentati, spesso dipendenti dalla buona volontà di singoli operatori.
Il capitolo dedicato agli anziani va nella stessa direzione. “Genova è la città con l’età media più alta d’Europa”, si ricorda. Età che non deve tradursi in isolamento o marginalità. Si promuovono soluzioni abitative innovative, come i condomini solidali, si rafforzano i servizi domiciliari, si riconosce il ruolo fondamentale dei caregiver.
Città dei 15 minuti: prossimità come infrastruttura
Una delle immagini più evocative del programma è quella della “città dei 15 minuti”. Un modello che ha fatto scuola in molte capitali europee e che ora approda anche a Genova, con l’intenzione di adattarlo alla sua morfologia verticale e complessa. Il principio è semplice: ogni cittadino dovrebbe poter accedere ai servizi essenziali nel raggio di un quarto d’ora dalla propria abitazione. Significa ripensare la distribuzione dei presidi pubblici, rafforzare il commercio di vicinato, valorizzare gli spazi urbani oggi marginali.
Nel testo si parla di rigenerazione diffusa, di poli di quartiere multifunzionali, di playground, giardini educativi, aree sociali. Si immagina una città più ordinata, più verde, più inclusiva. Dove il decoro urbano non sia solo una questione estetica, ma una condizione minima di rispetto per la quotidianità. La sicurezza, in questa visione, non si ottiene solo con il controllo, ma soprattutto con la cura.
Scuola, sport e salute
La scuola viene definita “infrastruttura sociale primaria”. Un’affermazione che ribalta la marginalità con cui troppo spesso l’istruzione viene trattata dalle amministrazioni locali. Il Comune si impegna a varare un piano pluriennale per l’edilizia scolastica, mettendo in sicurezza gli edifici, abbattendo le barriere architettoniche, efficientando dal punto di vista energetico. Ma il punto centrale resta il servizio 0-3 anni: si vuole annullare la lista d’attesa negli asili nido e garantire l’accesso a tutti, trasformando il nido in un servizio pubblico essenziale.
Lo sport, in questa visione, è strumento di inclusione, educazione, socialità. E si sa che per Salis, ex atleta e vice presidente del Coni, è argomento centrale. Gli impianti (il cui piano di riqualificazione e rilancio verrà presentato nel giro di qualche giorno) diventano poli di coesione territoriale. Oltre agli interventi sul ‘Ferraris’ e sul ‘Carlini’, si prevede una rete di micro-interventi nei quartieri più fragili: palestre scolastiche aperte, campetti rigenerati, sport all’aria aperta, mare come spazio comune.
E si introduce anche un elemento spesso ignorato: la salute mentale giovanile.
Una cultura che produce legami
La cultura non viene intesa solo come intrattenimento o valorizzazione del patrimonio. È vissuta come leva generativa, capace di creare legami, lavoro, cittadinanza. Il documento parla esplicitamente di “cultura diffusa”, presente nei quartieri, integrata con il sociale, aperta alla partecipazione attiva. Si prevede un piano triennale della cultura, il potenziamento del sistema bibliotecario, la creazione di spazi di produzione artistica e musicale, la valorizzazione degli artisti di strada, il rilancio dei musei in chiave esperienziale. Viene proposta una governance trasparente e partecipata, con la convocazione annuale degli Stati Generali della Cultura.
Un equilibrio ancora da trovare tra mobilità e grandi opere
Il capitolo sulla mobilità è tra i più attesi, ma anche tra i più delicati. Genova sconta una condizione geografica complicata, un sistema di trasporto pubblico da potenziare e un’eredità di grandi opere infrastrutturali già approvate. Le Linee Programmatiche parlano di sostenibilità, intermodalità, accessibilità. Ma su progetti come il tunnel subportuale o lo Skymetro non si prende una posizione netta. Erano argomenti cardine del centrodestra quando governava a Palazzo Tursi, ora la nuova amministrazione deve maneggiarli con cura. Netto il “no” allo Skymetro, con la proposta di un progetto alternativo del quale, però, si sa ancora poco. Mentre sul tunnel subportuale il documento non sembra sbilanciarsi.
Chiaro anche il “no” alla funivia del Lagaccio così come la voleva la precedente amministrazione, ma c’è all’orizzonte il rilancio della proposta con una versione “mini” che, inevitabilmente, non sta mancando di generare polemiche.
Casa e abitare
Il documento riconosce il rischio di espulsione sociale legato al caro-affitti e alla proliferazione degli alloggi turistici. Si parla di una revisione del Piano Urbanistico Comunale con focus sullo sviluppo sostenibile, di rilancio dell’edilizia pubblica e cooperativa, di un censimento degli alloggi sfitti. Si prevede una regolamentazione degli affitti brevi e un potenziamento degli strumenti per garantire l’accesso all’abitare. Non più solo emergenze abitative, ma politiche strutturali.
Un nuovo rapporto con l’ambiente
La Genova del futuro, nelle parole del documento, deve essere “pulita e che respira”. Si propone un piano per la qualità dell’aria, un rafforzamento della raccolta differenziata, una revisione del contratto con AMIU, interventi sulle isole di calore e sulla resilienza climatica. La transizione ecologica viene vissuta come occasione di lavoro, innovazione e giustizia ambientale.
Democrazia e partecipazione, la politica
L’ultimo capitolo è forse il più politico. Viene ribadito che nessuna azione amministrativa può dirsi neutrale rispetto ai valori costituzionali dell’antifascismo. Viene annunciato un bilancio partecipativo, una piattaforma digitale per la co-progettazione, una nuova stagione di regolamenti per i beni comuni. Si rilanciano le consulte tematiche, si dà centralità alla trasparenza e alla valutazione delle politiche pubbliche.
Il documento programmatico della giunta Salis rappresenta, quindi, una cesura. Non tanto nei toni, sempre istituzionali, ma nella sostanza. Per la prima volta da anni, il Comune di Genova vuole manifestare l’intenzione di parlare a tutta la città, non solo a chi investe o visita. Restituire spazio a chi abita, lavora, cresce, invecchia.
La sfida, ora, sarà dare concretezza a queste parole.
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