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Politica | 28 agosto 2025, 06:06

La Lega torna a Pian del Re dopo quasi 30 anni dal rito celtico inventato da Bossi e archiviato da Salvini

Nel Cuneese, il partito, nelle elezioni del 2024, ha perso quasi 100 mila voti alle europee e 80 mila alle regionali, finiti per lo più a Fratelli d’Italia. Sabato 31, oltre ai temi delle infrastrutture e dell’autonomia, Bergesio, Calderoli e Molinari non potranno eludere le prospettive del partito, insieme ad un giudizio sui governi regionale e nazionale

La Lega torna a Pian del Re dopo quasi 30 anni dal rito celtico inventato da Bossi e archiviato da Salvini

La Lega (almeno in fatto di location), per la sua tradizionale convention autunnale, prova a tornare alle origini: non più Pian della Regina, come era avvenuto negli ultimi anni, ma nuovamente Pian del Re. 

Sono passati 29 anni da quando Umberto Bossi era salito per la prima volta alle sorgenti del Po inventando il rito celtico-padano del prelievo dell’acqua: era il 13 settembre 1996.

Una trovata geniale – finalizzata ad esaltare la sovranità regionale - che aveva avuto vasta eco mediatica richiamando giornalisti e tv da mezzo mondo.

Prelevata dalle sorgenti, l’acqua veniva poi riversata il giorno successivo dalla Riva degli Schiavoni di Venezia nel mare Adriatico sulle note del “Va pensiero”.

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, la pelle della Lega è cambiata, e quell’arcaica “liturgia” voluta dal Senatur, col nuovo corso sovranista impresso da Matteo Salvini, è finita in archivio.

Di quella stagione restano, tra i vecchi militanti, vaghe reminiscenze federaliste e qualche nostalgia secessionista.

Sabato 31 agosto, a partire dalle 10, là dove tutto era cominciato col lancio del progetto federalista sognato dal Senatur e ideato da Gianfranco Miglio, si toccheranno varie questioni, ma senza la coreografia del rito dell’ampolla per non indispettire il capitano e ancor più … il generale.

All’ordine del giorno vi sono i nodi delle infrastrutture nella Granda, i temi dell’ autonomia e della sicurezza, la politica internazionale e nazionale, compresi i rapporti non sempre facili con i partner di coalizione, Forza Italia e FdI, tuttavia non potrà essere eluso il dato elettorale del 2024 che in provincia di Cuneo, per usare un eufemismo, non è stato esaltante.

Nella Granda, rispetto al 2019, il partito che fu di Bossi e ora è di Salvini ha lasciato per strada 98.576 voti rispetto alle precedenti europee e 82.198 rispetto alle regionali.

Nel Cuneese, alle ultime europee, la Lega è passata dai 134.808 voti (44%) di cinque anni fa ai 36.2332 (13,34%); alle regionali da 108.392 (41,30%) a 26.194 (10,89%). 

Consensi consegnati all’astensione o rimasti comunque a destra, ma transitati al partito di Giorgia Meloni.

Alle politiche nazionali di tre anni fa (25 settembre 2022), nel collegio uninominale di Cuneo (Piemonte 2), la Lega aveva ottenuto il 12,64%.

Gianna Gancia, unica europarlamentare cuneese uscente, ha mancato la riconferma a Bruxelles, doppiata in casa dal generale Roberto Vannacci.

Due aspetti restano motivo di (parziale) consolazione per la Lega cuneese.

Il primo è l’elezione di due consiglieri regionali, Luigi Genesio Icardi, assessore uscente alla Sanità, eletto sulla quota proporzionale e Gianna Gancia nel listino del presidente Cirio.

A conti fatti si tratta ancora pur sempre di un discreto bottino, se si considera che i consiglieri regionali leghisti a Palazzo Lascaris sono passati da 23 a 6.

Il secondo motivo è la riconferma – per quanto di misura – di Dario Tallone a sindaco di Fossano, unico sindaco leghista nelle sette sorelle della Granda.

La città degli Acaja, roccaforte del senatore e segretario provinciale Giorgio Bergesio, resta la Vandea nella Granda del mitico ex Carroccio.

Per il resto, a livello amministrativo, la presenza è ai minimi storici.

Un solo consigliere comunale nei Comuni di Cuneo, Alba, Bra e Mondovì; persa la rappresentanza nei municipi di Savigliano e Saluzzo, così come in Consiglio provinciale.

Permangono sul territorio alcuni sindaci e amministratori comunali di area, ma si tratta di presenze sporadiche, espressione di liste civiche di paese non più connotate dal simbolo di partito.

Tanti dunque gli spunti di analisi e riflessione per il senatore e segretario provinciale Giorgio Bergesio, per il ministro delle Riforme e dell’Autonomia regionale Roberto Calderoli, l’unico dei “padri federalisti” rimasto in sella, e per il segretario piemontese e capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari, protagonisti sabato della manifestazione ai piedi del Monviso.

Regista e responsabile della logistica il saluzzese Paolo Demarchi, ex consigliere regionale e ora vicesegretario piemontese al fianco di Molinari. 

Giampaolo Testa

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