Ci sono due arresti per il tentato omicidio dello scorso marzo a Caravate (leggi QUI). I fatti risalgono alle 21.45 circa del 5 marzo quando un dipendente del cementificio “Colacem” di Caravate aveva richiesto tramite il 112 l’intervento di personale sanitario poiché, nel recarsi al cementificio per intraprendere il proprio turno di servizio, al margine della strada dell’area industriale di via Rusconi aveva soccorso un uomo ferito e sanguinante, successivamente identificato in un 37enne maghrebino in Italia senza fissa dimora e con numerosi precedenti di polizia.
Sul posto, insieme a un’ambulanza del 118, erano intervenuti militari della Stazione carabinieri di Laveno Mombello e del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Luino che, nell’immediatezza dell’intervento medico, avevano riscontrato trattarsi di ferite per colpo d’arma da fuoco che avevano aggiunto sul fianco sinistro la vittima, trovata ancora cosciente e verosimilmente non in pericolo di vita.
L’uomo è stato così trasferito in codice giallo all’ospedale di Circolo di Varese, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico e ricoverato per molti giorni nel reparto di “chirurgia generale urgenza e trapianti” con chiara diagnosi per ferita da arma da fuoco all’anca e alla coscia.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Varese e condotte in maniera sinergica dal N.O.R. di Luino e dalla Stazione carabinieri di Laveno Mombello, hanno chiaramente consentito di correlare l’episodio, nonostante il silenzio e i tentativi della vittima di minimizzare l’evento come uno scambio di persona, all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti nelle aree boschive e al correlato scontro tra bande rivali impegnate nel tentativo di controllo e appropriazione del territorio per i propri traffici.
I complessi accertamenti hanno infatti permesso discoprire che la persona ferita, già segnalata nel passato per specifiche attività di spaccio nelle aree boschive insistenti nei comuni di Castello Cabiaglio ed Orino, avesse legami molto stretti con una gang locale, di cui è stata ricostruita successivamente la rete e le attività delittuose, e, a causa tali relazioni, fosse stato oggetto di ritorsioni e regolamento di conti.
Le complesse e lunghe attività tecniche relative all’episodio hanno permesso di individuare infatti almeno due persone direttamente coinvolte nell’azione di fuoco: l’esecutore materiale degli spari, un 27enne maghrebino, e una donna italiana di 37 anni residente in Valcuvia che, con la propria autovettura, ha accompagnato l’uomo, concorrendo così nel reato di tentato omicidio, in cambio di stupefacente.
Con un quadro probatorio più definito e circostanziato, nella mattinata del 23 aprile scorso, la donna è stata raggiunta dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei suoi confronti dal gip del Tribunale di Varese, venendo così portata presso la Casa Circondariale di Como.
Più complessa è stata invece l’individuazione del 27enne, nel corso della stessa giornata, il quale, dopo diversi tentativi, è stato localizzato a Milano e, a conclusione di un articolato servizio predisposto in un’estesa area posta nelle zone Lorenteggio e Giambellino di Milano, è stato finalmente individuato, identificato, fermato e arrestato.
L'ininterrotto servizio di osservazione e pedinamento, protrattosi dal pomeriggio del 22 aprile fino alla mattinata del giorno successivo, ha portato ad individuare sia l’arrestato sia un altro cittadino maghrebino, sul quale sono state avviate separate indagini legate ai reati in tema di stupefacenti.
Il 27enne, ritenuto essere l’esecutore materiale del tentato omicidio, è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto e successivamente trasferito presso il carcere di San Vittore. Il fermo è stato poi convalidato con la conseguente emissione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere.
La vicenda in esame, nel suo complesso, ha confermato i timori non solo del possesso di armi comuni da sparo ma anche il loro uso finalizzato al tentativo di controllo di specifiche aree boschive tra gang rivali e cointeressate ad acquisire il controllo delle piazze di spaccio. Si è infatti riscontrato che, spesso, alcune aree di spaccio “bonificate” dalle attività illecite con l’arresto dei pusher e lo smantellamento dei relativi bivacchi, anche grazie al prezioso contributo degli Squadroni Cacciatori Carabinieri ancora impegnati in servizi di controllo straordinario delterritorio, siano state subito dopo occupate da gang rivali.
Le indagini, ancora in corso, sono volte sia all’individuazione di altri fiancheggiatori della specifica vicenda, che potrebbero presto essere oggetto di nuove misure cautelari, sia allo smantellamento della rete locale di spaccio, di cui il 27 enne maghrebino sarebbe un nodo fondamentale. La posizione degli arrestati è chiaramente al vaglio dell'autorità giudiziaria che dovrà definire in sede processuale le responsabilità penali.
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