Il Nazionale

Cronaca | 15 dicembre 2023, 18:39

Chiesto l'ergastolo per l'arciere di Cittiglio: «Ha dimostrato totale noncuranza per la sorte della vittima»

Secondo l'accusa Evaristo Scalco, il maestro d'ascia che nel novembre del 2022 nei vicoli di Genova uccise trafiggendolo con una freccia Javier Alfredo Mirando Romero, merita il massimo della pena

Chiesto l'ergastolo per l'arciere di Cittiglio: «Ha dimostrato totale noncuranza per la sorte della vittima»

Ergastolo per Evaristo Scalco, l'artigiano di Cittiglio che nel novembre del 2022 uccise trafiggendolo con una freccia Javier Alfredo Mirando Romero nei vicoli del centro storico di Genova, dove il maestro d'ascia della nostra provincia si era trasferito per lavoro.

La richiesta di condanna è stata formulata questa mattina dal pubblico ministero genovese Arianna Ciavattini. Secondo quanto riportato nella requisitoria del magistrato, come scrive l'Ansa, Scalco «ha stroncato la vita di un uomo nel fiore dei suoi anni. Ma a un anno di distanza, non ha messo a fuoco molto quello che è successo visto che si è pure dimenticato che la vittima ha una figlia di 18 anni. È solo concentrato su se stesso e non sulle conseguenze delle vite degli altri».

La vittima, quella notte tra l'1 e il 2 novembre 2022, stava festeggiando la nascita del figlio con un amico quando è scoppiato una lita con Scalco, al culmine della quale il cittigliese ha impugnato un arco scagliando una freccia contro il sudamericano, ferendolo a morte. 

Il maestro d'ascia «ha colpito perché lo avevano insultato, come lui stesso aveva ammesso all'inizio, perché gli era stato mostrato il dito medio» ha detto ancora il magistrato. Una reazione dettata, secondo quanto scrive l'Ansa riportando le parole del pubblico ministero da «un malinteso senso di supremazia morale e civile. Lui è convinto che le condizioni di degrado del centro storico di Genova sia dovuto alla massiccia presenza di stranieri. Per questo li insulta».

Un comportamento tenuto anche nella fasi immediatamente successivo al fatto di sangue che denota «la totale assenza di ogni resipiscenza, non curanza della sorte della vittima. Lui sapeva benissimo che cosa aveva lanciato nell'addome e tanto bene lo sapeva che l'unica cosa che aveva in mente era di estrarre quella freccia che lo inchiodava a quel delitto. È questa la fase più riprovevole. E lui invece non ci ha pensato a chiamare i soccorsi. Ha provato fino all'ultimo, contro ogni pietà umana, di estrarre la freccia senza nemmeno pensare che l'emorragia interna sarebbe dilagata e che la vittima non ci sarebbe nemmeno arrivata in ospedale».

Ora toccherà alla difesa, attesa in Aula il prossimo 18 dicembre.

Redazione

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