Il Nazionale

Cronaca | 08 settembre 2023, 12:18

Tre soccorritori cuneesi in Turchia per salvare lo speleologo americano bloccato in grotta

Sono Jacopo Elia, poco più che ventenne; Stefano Calleris e Luca Vinai. Fanno parte della spedizione italiana, andata a salvare l'uomo bloccato da sabato a 1000 metri di profondità. Si tratta di una delle operazioni più complesse di sempre

Tre soccorritori cuneesi in Turchia per salvare lo speleologo americano bloccato in grotta

Tutto il mondo sta seguendo l'operazione di soccorso messa in campo per salvare lo speleologo americano bloccato da sabato scorso in una grotta nel sud est della Turchia, al campo base situato nei pressi della grotta Morca, nella provincia di Mersin, in un'area al confine con il Kurdistan. 

Lo speleologo si è sentito male mentre si trovava a 1000 metri di profondità. Non è in grado di risalire, è rimasto in stato di incoscienza per tre giorni. Per riuscire a salvarlo è stata organizzata un'operazione che sta coinvolgendo centinaia di speleologici. Provenienti dalla Bulgaria, dalla Polonia e dall'Ungheria. Ma anche e soprattutto dall'Italia, che vanta uno dei soccorsi più strutturati d'Europa. La gestione dell'operazione, infatti, è stata affidata ad un italiano che fa parte dell'ECRA (European Cave Rescue Association). 

Sono stati selezionati i migliori speleologi italiani per questo che si presenta come uno dei soccorsi più complessi di sempre. Dei 46 speleologi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, sette sono piemontesi. Tre sono cuneesi. 

Jacopo Elia, classe 2000, che in grotta ci è cresciuto, grazie alla passione trasmessagli dal padre Ezio Elia e dallo zio, Enrico Elia, responsabile della Delegazione piemontese del soccorso alpino, sezione speleo; Luca Vinai, il vice responsabile, di Villanova Mondovì, e Stefano Calleris, anche lui giovane e preparatissimo speleologo. Cuneese, da qualche anno vive in Toscana.

"Abbiamo mandato il meglio - sottolinea proprio Enrico Elia. I nostri tre tecnici cuneesi sono davvero molto preparati, sia tecnicamente che fisicamente. Io, per impegni lavorativi, non sono potuto partire, ma sono orgoglioso dei miei tre compagni, perché stanno partecipando ad un'operazione importante, non solo perché si deve salvare una vita, ma perché mette in gioco delle competenze che in pochi hanno e per le quali è necessario un addestramento continuo".

Andare in grotta da speleologo, infatti, è cosa per pochi. Ci si muove forse nell'ambiente più complicato al mondo, fatto di pozzi, meandri, strettoie, dove la luce è poca e solo artificiale, dove non esiste il tempo, dove la progressione è lentissima, su corde, discensori, con manovre e passaggi che richiedono concentrazione e grande preparazione fisica e psicologica.

Proprio per questa complessità è necessario mobilitare un gran numero di uomini. Perché si sta operando da giorni e probabilmente ce ne vorranno altrettanti per tirare fuori lo speleologo, imbarellato. Elemento non trascurabile, perché far passare una barella in una grotta è tutt'altro che semplice. "A volte si utilizza l'esplosivo, ma spesso si procede con disostruzioni meccaniche, demolitori, trapani. Questo per sottolineare, ulteriormente, quanto sia complesso e lungo un soccorso in grotta" - spiega Elia. Che conclude: "Ci tengo a ringraziare tutti gli enti che ci hanno supportato a livello logistico, a partire dall'Aeronautica Militare, che ha trasportato in Turchia le squadre di speleologi italiani. Ora, comunque, l'unica cosa che conta è quella di salvare quest'uomo. Spero davvero che si questa straordinaria operazione si concluda nel migliore dei modi".

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