Una mostra d’arte in questura.
In uno dei luoghi simbolo del potere esecutivo, della tutela dell’ordine pubblico e della repressione del crimine: già di per sé è una singolarità.
Se poi si pensa che l’arte in oggetto rimanda completamente a uno dei periodi più bui e antidemocratici della storia italiana, più d’uno potrebbe obiettare sul senso di opportunità dell’intera questione.
E sbaglierebbe, di grosso. Ma per sanare ogni potenziale dicotomia, nei fatti assente, sono necessarie alcune spiegazioni.
«Ci sono 109 questure in Italia, ma nessuna è una questura museo al pari di quella di Varese - è l’introduzione del questore Michele Morelli - La nostra città è unica in tal senso e finalmente riusciremo a restituire ai cittadini ciò che viene conservato qui dentro. Le questure non sono solo un presidio di polizia, ma anche una casa della cittadinanza: noi allora vogliamo aprire le porte ai nostri gioielli».
«In questo luogo architettura e arte dialogano in modo coerente - spiega subito dopo l’assessore alla Cultura del Comune di Varese Enzo Laforgia - E ciò che abbiamo qui lo dobbiamo a quanto accadde nell’aprile del 1945, subito prima della Liberazione, quando venne data la direttiva di rispettare le strutture e le case del fascio con quanto esse contenevano. Così il patrimonio che ammiriamo oggi si è salvato: queste opere rappresentano in modo straordinario un momento storico, sono come un libro di storia. L’arte non va snobbata se non ci piace da ciò che proviene: quanto si deposita nel tempo resta lì a ricordarci ciò che siamo stati, da dove veniamo e che strada abbiamo fatto».
Ecco spiegata la mostra intitolata “L’Arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese”, organizzata dalla Questura di Varese, dal Comune di Varese e dall’associazione VareseVive, con il patrocinio della Provincia di Varese, il sostegno di Fondazione Cariplo, Fondazione Comunitaria del Varesotto e di De Molli Giancarlo Industrie S.p.a. e curata dalla dott.ssa Serena Contini. Essa nasce con l'idea di far conoscere e valorizzare il rilevante patrimonio culturale del palazzo edificato come Casa del littorio, su progetto di Mario Loreti, impreziosito dall’opera figurativa del pittore Giuseppe Montanari.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 15 marzo 2023, nelle giornate di mercoledì, dalle 15,00 alle 18,00 e sabato dalle 9,30 alle 12,30, previa prenotazione obbligatoria al seguente indirizzo: urp.quest.va@pecps.poliziadistato.it. I visitatori saranno accompagnati dagli studenti di alcuni istituti scolastici della Provincia, appositamente preparati dal prof. Laforgia, storico e dalla dott.ssa Serena Contini.
Pieno di sorprese il percorso: dei disegni del progetto dell’edificio ad opera di Mario Loreti (presente questa mattina la nipote Francesca) al sacrario dei martiri fascisti, unico in Italia per stato di conservazione; dagli affreschi di Montanari (all’inaugurazione odierna anche la nipote Daniela) nella sala delle adunanze a quello che raffigura la Vittoria Alata che porge la colora di alloro a un Milite Ignoto, al primo piano all'interno dell’ufficio del questore (la spiegazione completa della mostra in fondo all’articolo).
Nel giorno uno della rassegna presenti diverse istituzioni e membri della società civile: «Penso che il nostro Paese sia pronto a riscoprire l’arte fascista che c’è qui - ha detto il sindaco di Varese Davide Galimberti - Non ho mai avuto alcun dubbio quando me l’hanno proposta». «L’arte non ha colore politico» ha aggiunto Carlo Ambrogio Enrico Mazza, vicariò del questore, mentre la curatrice Contini si è detta «commossa» per il grande lavoro che ha permesso di realizzare la mostra, capace di convogliare in un unico obiettivo esperti d’arte, istituzioni, Polizia dello Stato ed eredi degli artisti.
La mostra
Il percorso della mostra inizia al piano terra: un primo approfondimento è dedicato a Mario Loreti con l'esposizione dei disegni del progetto dell’edificio, mentre in vetrinetta sono collocati materiali sulla storia dell'edificio, illustrata anche da un pannello esplicativo. Il sacrario, posto di fronte, è descritto con una vetrinetta espositiva con i disegni delle ceramiche di Guido Andlovitz, fotografie, giornali d'epoca e un pannello illustrativo.
La mostra prosegue nel salone delle adunanze, ora sala destinata alla mensa. Ai lati dell'ingresso del salone sono visibili due affreschi, recentemente restaurati, accanto ai quali sono collocati i rispettivi spolveri e cartoni, ritrovati tra le numerose carte dell'archivio Montanari. In origine la sala era arricchita da due grandi affreschi ora scomparsi; i lavori di ricerca hanno evidenziato solo tracce della loro collocazione sulle pareti. Di un affresco si è deciso di riproporne in dimensione reale (280 x 440) una fedele riproduzione su carta da parati. Rappresenta La potenza dell’Italia: al centro si erge la figura dell'Italia che protegge un prestante giovane fascista, orgoglioso di aver completato il percorso di crescita attraverso la partecipazione a tutte le associazioni e lo svolgimento di tutte le attività ginniche, illustrate a lato. Completano il percorso di mostra in questa sala un pannello esplicativo e una vetrinetta con giornali e fotografie dell’epoca e altro materiale documentario.
Il primo piano è dedicato a un unico imponente affresco. In quella che era la stanza del Direttorio ed ora ufficio del Questore, si è salvato, senza subire alcun rimaneggiamento, il grande affresco 300 x 720 cm, che sovrasta il portone d’ingresso. L’affresco rappresenta una Vittoria alata che porge la corona d’alloro ad un Milite ignoto. L’opera è completata con l’immagine del Duce a cavallo, seguito dai gagliardetti e dai vessilli romani. Sotto i zoccoli del destriero giace un leone privo di vita. Le grandi capacità pittoriche di Montanari sono qui esplicate attraverso l’opera grafica: i cartoni preparatori per l’affresco della sala del Direttorio, una possente figura di Vittoria alata (465 x 180), a seguire un altro cartone (255 x 117) raffigurante il leone che si trova ai piedi del cavallo. Completano gli elementi in mostra pannelli esplicativi e vetrinette che raccontano come Mussolini a cavallo sopravvissuto alle cancellazioni a palazzo Littorio invece sia stato ritoccato in altri affreschi come successe nel Palazzo delle Corporazioni, ora Camera di Commercio. Pertanto, all’affresco originale sono affiancate i bozzetti e le fotografie che illustrano tutte le modifiche subite.
Il piano secondo si apre con cartoni che rappresentano La potenza dell’Italia, affresco posizionato in origine nella Sala Adunanze e riprodotto per la mostra su carta da parati. A seguire, nella sala delle riunioni sono esposti i cartoni relativi all’affresco L’esaltazione del Lavoro che decorava le pareti della sala Adunanze; nell’opera si possono ammirare due figure di donna, l'una con un bimbo in braccio e l'altra con un cesto sul capo pieno di frutti, un uomo nell'atto di seminare.
Per concludere, del quarto affresco intitolato L’offerta che si poteva ammirare nella sede della Federazione dei Fasci femminili; locali oggi in uso alla Digos - sono stati messi in mostra lo spolvero e il relativo cartone. Presenta lo stesso tema di un quadro a olio dipinto da Montanari per essere esposto alla Biennale di Venezia e realizzato in occasione della campagna per la raccolta dell'oro per la patria. Dedicato alla donna italiana, esaltata nel gesto sublime di donare l’oro alla Patria, nel cartone campeggiano quattro figure femminili: al centro una vecchia che porge la medaglia d’oro del suo figliuolo caduto in guerra e ai lati una madre con la bambina in braccio e una giovane sposa che offrono le fedi nuziali.
Conclude il percorso la visione di una serie di immagini degli edifici e delle strade costruite in epoca fascista e che caratterizzavano la città di Varese, allora appena nominata capoluogo di Provincia. È, infine, prevista la pubblicazione di un volume con saggi di approfondimento di carattere storico e storico-artistico, con una parte dedicata agli uffici della Questura.
La storia di Palazzo Italia (ex Palazzo Littorio)
La Casa del Fascio, noto anche come Palazzo Littorio e sede dell'attuale Questura, venne edificata a partire dal 1932 e inaugurata il 28 ottobre del 1933.
L'architetto Mario Loreti fu l'ideatore del palazzo che identificava lo stesso potere fascista, esso stesso immagine di propaganda, dove avevano sede tutte le organizzazioni che facevano capo alla Federazione fascista provinciale. A lui si deve anche la creazione di Piazza Montegrappa, cuore della città: vincitore del concorso, progettò tutti gli edifici che si affacciano sulla piazza, compresa la fontana centrale.
Il Loreti ebbe l'intuizione per Palazzo Littorio di sfruttare il terreno triangolare posto poco distante nel Palazzo del Governo in Villa Recalcati. La verticalità della struttura venne garantita dalla poderosa torre dell’orologio, ove era posta una campana, disegnata da Montanari. Il complesso edilizio venne costruito dalla ditta Daniele Castiglioni in cemento armato e rivestito esteriormente nella zona basamentale di ceppo, di mattoni con fasce e stipiti in travertino. Le pareti furono intonacate col terranova, utilizzato negli anni Trenta per le sue risorse policrome. Strutturato su tre piani, il palazzo disegna un triangolo con due edifici laterali speculari che convergono nel vertice rappresentato nella torre dell'orologio.
Al piano terreno è collocato il Sacrario, come veniva denominato all'epoca, rimasto immutato nel tempo e unico caso di sacrario fascista conservatosi. L'intera stanza è ricoperta da piastrelle lucide ed opache nere con decori in oro zecchino che sono state realizzate dalla Società Ceramica Italiana di Laveno Mombello su disegno dell'architetto Guido Andlovitz.
Lo scalone d’onore appare come una raffinata struttura autoportante con lastre di marmo parzialmente sovrapposte l’una all’altra con un’elegante balaustra completata da un corrimano ligneo. Per abbellire alcuni ambienti dell'edificio venne chiamato il pittore marchigiano Giuseppe Montanari, che si era trasferito a Varese alla fine della Prima Guerra Mondiale per amore di Nina Ghiringhelli, sorella del suo compagno d'armi Celestino. L'artista, formatosi a Brera, aveva partecipato con successo a varie esposizioni nazionali e internazionali. Il pittore Montanari decise di affrescare il palazzo con le sue opere monumentali e celebrative del regime fascista.
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