Il Nazionale

Politica | 14 luglio 2021, 16:46

Ex Embraco, un'altra beffa: la cassa integrazione è ancora ferma al palo. "I ministri hanno 8 giorni per trovare una soluzione"

Nuovo sconcertante intoppo nella vicenda che ormai da anni vede 400 lavoratori col fiato sospeso. Non sono spariti i costi per la curatela e dunque gli ammortizzatori sono bloccati. Intanto gli operai sono stati ricevuti dall'arcivescovo Nosiglia: "La risoluzione della loro questione sarebbe il regalo più grande in vista della fine del mio mandato"

Ex Embraco, un'altra beffa: la cassa integrazione è ancora ferma al palo. "I ministri hanno 8 giorni per trovare una soluzione"

Doveva essere una formalità (almeno questa) invece si è trasformata in un nuovo ostacolo. Una salita che rischia di trasformarsi in una vetta da scalare. Ancora un nulla di fatto, per la proroga della cassa integrazione per i quasi 400 lavoratori ex Embraco dello stabilimento di Riva di Chieri.

Il problema? Sempre lo stesso: la cassa integrazione sarebbe stata richiesta dalla curatela fallimentare di Ventures solo se "a costo zero" per l'azienda. Un punto su cui i ministeri (del Lavoro, soprattutto) si erano già pronunciati rassicurando e dando garanzie. Ma si tratta di due verbi che - nella vicenda Embraco - fanno una gran fatica a trovare declinazione al presente. Ed ecco che, dal vertice di oggi, è arrivato il nuovo stop. E "meno male" (se così si può dire) che ieri era arrivato l'anticipo della riunione, originariamente fissata per il 20 luglio, a due giorni dalla scadenza degli ammortizzatori sociali.

Nonostante quanto previsto dal decreto Sostegni bis in tema di ammortizzatori sociali, insomma, resta ancora da sciogliere il nodo degli oneri connessi alla cassa integrazione (in particolare il Tfr e il ticket di licenziamento). Secondo la curatela, il decreto non garantisce la copertura di tali costi e quindi non ci sarebbero le condizioni per richiedere l’autorizzazione dei 6 mesi di proroga. "Un inaccettabile nulla di fatto - ha dichiarato l'assessore al lavoro, Elena ChiorinoRegistro una mancanza di volontà politica del Mise e del Ministero del lavoro nel voler risolvere la situazione dei lavoratori ex Embraco. Ora per dimostrare che c'è un'attenzione e una volontà nel trovare una soluzione, i ministri Orlando e Giorgetti hanno 8 giorni di tempo". E proprio domani, il ministro Orlando, è atteso a Torino nel pomeriggio.

E dopo le manifestazioni di ieri, termometro di uno scontento e una disillusione ormai palpabile, dai sindacati arrivano ancora parole amare. "Questa ennesima battuta d’arresto non fa che prolungare il calvario dei 400 lavoratori. Dopo 4 anni di lotte, siamo indignati da una pantomima che non è più tollerabile”, dicono Vito Benevento, segretario organizzativo Uilm Torino e Mario Minore, Rsu Uilm ex Embraco. 

"Abbiamo chiesto al ministero del Lavoro di risolvere questo problema, vedremo cosa succederà nelle prossime ore - commenta Ugo Bolognesi, responsabile della vertenza Embraco per Fiom Cgil -. È una situazione allucinante: la pazienza è al limite, non è possibile che nel nostro Paese siano solo i lavoratori a dover dimostrare responsabilità".

"È l'ennesima presa in giro del Ministero del Lavoro a questi operai - dice Arcangelo Montemarano, di Fim Cisl -. Hanno ripristinato una norma che non serve a nulla e ci ritroviamo a 8 giorni con un problema da superare. E il ministro Orlando ci ha pure messo il marchio. Siamo allibiti, è l'ennesimo schiaffo. Si fa fatica anche solo a commentare. Doveva essere una formalità e invece non è così".

"Siamo al gioco dell'oca, tornando alla casella del via - commenta il segretario torinese di Uglm, Ciro Marino -, ma ormai mancano solo 8 giorni. È un comportamento vergognoso: un esame congiunto non può essere fatto su un documento di questo genere, su temi che avevamo già affrontato mettendo in luce il problema dell'esonero della curatela dagli oneri".

Intanto, oggi pomeriggio alcuni operai hanno incontrato l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia che ha consegnato loro i pacchi alimentari. Un aiuto concreto, in un periodo di estrema difficoltà. Monsignore ha colto l’occasione per rinnovare il suo messaggio al Governo e alle istituzioni: “Bisogna che si rendano conto che questi operai sono sul limbo da 4 anni e non sanno che fine faranno: è ora che dicano in maniera concreta cosa intendono fare per risolvere questo problema. Se no lo trascinano all’infinito e questi operai restano in una situazione di incertezza”. 

Serve che il Governo - ha proseguito Nosiglia - si prenda le sue responsabilità e dica con chiarezza di fronte a questa situazione come intendono reagire. Questo potrebbe essere un invito alla speranza, alla fiducia: oggi gli operai non sono né in paradiso né all’inferno, ma in un limbo”.

Il mandato alla guida della diocesi di Torino  dell’arcivescovo è ormai giunto al termine. Per Nosiglia, la speranza, è di lasciare il capoluogo piemontese con la crisi ex Embraco finalmente risolta: “Sarebbe il più grande regalo che potrei ricevere da quando sono a Torino: ne ho ricevuti tanti, ma questa questione io l’ho letteralmente adottata. Se fosse necessario, anche quando non sarò più presente a Torino fisicamente, darò il mio contributo. Il lavoro è un diritto primario fondamentale” ha concluso l’arcivescovo.

Al suo fianco, i lavoratori che ne hanno sempre riconosciuto l’impegno e la vicinanza: “E’ uno di noi, un operaio. C’è sempre stato, anche quando gli altri promettevano e non facevano nulla”.

Andrea Parisotto e Massimiliano Sciullo

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