Tunnel del Tenda, il giorno dopo la grande cerimonia. Mentre sotto la galleria sono terminati i collaudi e alle 12 in punto è transitata la prima auto (per ora scortata da una safety car) direzione Francia, nelle retine e nei timpani rimbombano ancora le immagini e i suoni di un evento che ieri (venerdì 27 giugno), volenti o nolenti, ha segnato un’epoca. Almeno per Cuneo, la Valle Vermenagna e quella della Roya. E che proviamo a raccontarvi a modo nostro.
All’arrivo, l’atmosfera è quella delle grandi occasioni: incertezza e nervosismo, come da tradizione, ma forse stavolta c'è qualcosa in più. Cerimonia prevista alle 17.30, noi siamo lì alle 15.30: primi sul posto, premiati con l’accesso ai parcheggi VIP nei pressi del piazzale di Quota 1400, a circa 500 metri dal tunnel. Accredito ritirato, badge in stile finale Champions League.
Si tenta l’avvicinamento al tunnel. Tentativo subito stroncato: si aspetta la navetta. Quando parte? Solo a pieno carico. Risultato: almeno un’ora e un quarto di attesa.
Nel frattempo, ancora nulla di chiaro sulla gestione del traffico una volta tagliato il nastro. Qualche testata, nei giorni scorsi, aveva titolato a caratteri cubitali sulla questione, giocando d’anticipo. Smentite arrivate last minute, ça va sans dire. La soluzione, pare, è stata partorita in un hotel di Limone Piemonte, dove italiani e francesi si sono sfogati reciprocamente dopo aver esaminato gli esiti dell’esercitazione di sicurezza del 25 giugno. Obiettivo: trovare un compromesso.
A parole, i piani alti sembravano allineati: Tabarot e Salvini predicavano apertura quotidiana dalle 6 alle 20 e cantieri notturni, come ai bei tempi prima della tempesta Alex del 2020. All’atto pratico, però, ha prevalso ancora una volta Monsieur Vassallo.
Ricordate il suo annuncio? Apertura 6-21 nei weekend, mentre nei feriali tre finestre d’accesso: 6-9, 12.30-14.30 e 18-22. E così sarà. La piccola Tenda che fagocita Parigi e Roma.
Nel frattempo, l’aria è tesa. Sul piazzale, gli uomini Anas sembrano poco più informati dei passanti. Alle 16.45, si sale finalmente a bordo della navetta per coprire i 500 metri che ci separano dall’ingresso del tunnel. In compenso, tra lì e la galleria, ci sono più uomini in divisa che operai ai tempi d’oro. Pass obbligatorio per tutti.
Spunta anche un signore intenzionato a intercettare Salvini per “dirgli due cose sugli immigrati clandestini”. Lo lasciamo alle sue convinzioni, il ministro probabilmente non saprà mai del messaggio.
Arrivati. La “location”, si dice così, è quella da grande evento: palco d’onore, maxischermo per identificare i VIP, e un filmato celebrativo ridotto a pochi minuti per non costringere il pubblico a un’epopea in stile “Via col vento”, dati i tempi di costruzione del tunnel.
I giornalisti vengono gentilmente confinati dietro una fettuccia plastificata che, ci viene urlato, “non dovrete assolutamente superare”. Tempo 30 secondi e decine di colleghi sono già oltre.
La banda degli Alpini prova a mantenere vivo lo spirito con una marcetta stile Peppone e Don Camillo all’inaugurarazione della Casa del Popolo di Brescello.
Iniziano ad arrivare sindaci, consiglieri, assessori. Il primo cittadino di Limone, Riberi, sfila in abito gessato e occhiali scuri a bordo di una fiammante Kimera EVO37.
Intanto, il parterre è degno di uno zoo mitologico: serpenti, aquile reali, elefanti, gatti, topi. Persino un kaimano. Mancano solo i due liocorni, ma tutto sommato ci siamo: Tabarot spunta dal lato francese del tunnel, quasi a simboleggiare la luce in fondo al buco dopo 12 anni. Salvini invece arriva da Alessandria, fresco di polo logistico, pronto a godersi la gloria.
Il presidente Cirio, già in posizione favorevole alle telecamere, apre con lo slogan del giorno: “Oggi è un grande giorno”. Frase che ripeterà sul palco con la frequenza di un jingle pubblicitario.
Poi la sorpresa: Riberi propone dal palco di rinunciare alla riapertura della vecchia canna e puntare al doppio senso di circolazione in quella nuova, risparmiando così 130 milioni. Un assist che né Cirio né Salvini si fanno sfuggire. Se e in che modo si riuscirà ad aggirare una rigida norma europea in materia non è dato sapere.
L’AD di Anas, Claudio Andrea Gemme, cita l’“amico Edoardo” (Rixi) e racconta di visioni e congiunture astrali.
A seguire, Marco Bucci, governatore ligure, che timbra il cartellino con un generico “infrastruttura strategica”. Poi di nuovo Cirio, stavolta sul palco, che srotola l’orgoglio piemontese come un tappeto rosso, condito da frasi in dialetto, (“Intrighese mà e sorte bin fa marì a fe”), e frecciate a chi c’era prima: “Chi governa si prende anche le grane”.
E infine lui, il vicepremier. Matteo Salvini ringrazia alpini e operai, menziona Santa Barbara e si lancia nei paragoni culinari e sportivi con la Francia: “Spesso vinciamo noi”.
Poi promette di tornare a Limone per sciare di notte (“mi hanno detto che si vede il mare sciando”) e chiude parlando di ponti e gallerie come mattoni per la pace.
Conclusione da copione: taglio del nastro davanti al “buco”. Tabarot e Salvini fianco a fianco, ma le forbici sono ben salde nella mano del ministro italiano.
Il Tenda è riaperto. Che sia davvero percorribile, lo scopriremo presto.
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