Si è conclusa pochi minuti fa con una sentenza di assoluzione la vicenda giudiziaria che vedeva coinvolte Acqua Sant’Anna e Acqua Eva, competitor, questa volta, non sugli scaffali della grande distribuzione ma sui banchi del tribunale di Cuneo.
Lo scontro tra i due colossi riguardava accuse di diffamazione e turbata libertà d’asta in cui era anche coinvolto il patron di Acqua Sant’Anna, Alberto Bertone, recentemente scomparso. Insieme a lui, anche il direttore commerciale Luca Chieri.
A puntare il dito contro gli imputati, difesi dagli avvocati Michele Galasso e Salvatore Crimi, è la società Fonti Alla Valle Po, costituitasi parte civile con gli avvocati Nicola Menardo e Federico Canazza, che protesta un danno di milioni di euro subito dopo la pubblicazione di un articolo, considerato diffamatorio, intitolato “Inchiesta: Acqua Eva è un brand di proprietà Lidl?”. Lo scritto, firmato ‘redazione’, era stato pubblicato il 18 aprile 2018 sul sito web www.mercatoalimentare.net (pagina non più attiva, con dominio intestato a soggetto defunto e pagato con carta di credito lussemburghese), col sottotitolato "È la domanda che si stanno ponendo i buyer della Gdo da alcune settimane, ed in questo articolo cercheremo di fare chiarezza".
Per la Procura, rappresentata dal pubblico ministero Carla Longo, dietro alla pubblicazione dello scritto, c’erano proprio i vertici della società di Vinadio che, oltre che di diffamazione aggravata, dovevano rispondere anche di turbata libertà in industria e commercio.
Nell’articolo si affermava che Fonti Alta Valle Po, titolare del marchio, sarebbe stata controllata dalla catena di supermercati tedeschi Lidl, comportando così un grande danno di immagine ed economico alla società di Paesana: contratti interrotti, altri non andati a buon fine e bottiglie non più presenti sugli scaffali dei supermercati.
Dietro alla stesura dello scritto c’era Davide Moscato (che ha già definito la sua posizione processuale), ex dipendente della Mia Beverage, società controllata dell’Acqua Sant’Anna, che nel corso dell’istruttoria ha puntato il dito contro i vertici della società di Vinadio ora a processo.
Danni, quelli subiti da Acqua Eva, che erano stati quantificati dall’avvocato Nicola Menardo in 11.024.800 euro. Nella sua requisitoria il pubblico ministero aveva escluso dubbi circa la volontà di diffamare la società concorrente da parte dello stabilimento di Vinadio. Accusa che aveva trovato riscontro nelle richieste di condanna avanzate nei confronti di Luca Chieri: cinque mesi di reclusione oltre a 750 euro di multa.
Una ricostruzione, quella dell’accusa, a cui si sono associati gli avvocati di Gualtiero Rivoira, patron di Acqua Eva, chiedendo, oltre 10 milioni di euro come provvisionale esecutiva, 2 milioni di euro come risarcimento a ciascun socio.
Ma per l’avvocato Salvatore Crimi, legale di Mia Beverage, nessun danno sarebbe stato provato. Quell’articolo, infatti, non sarebbe stato creato “con intento diffamatorio, ma solo per dare fastidio e creare imbarazzo”. Un imbarazzo che, sostengono i legali Crimi e Galasso, sarebbe durato poco tempo. “Cos’ha mantenuto alto questo gossip? - ha ridetto nella sua arringa il legale Michele Galasso -. Il fatturato. Quello che è accaduto dopo la pubblicazione conferma ex post del fatto che l’intenzione era creare imbarazzo e fastidio e non di certo danni economici”.
Il giudice al rientro della camera di consiglio ha pronunciato il non luogo a procedere nei confronti di Alberto Bertone per intervenuta morte. Ha poi assolto Luca Chieri "perché il fatto non sussiste".














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