Il Nazionale

Cronaca | 06 novembre 2025, 06:55

Beinette, uccise la moglie malata di Alzheimer. In aula il racconto del figlio: "Mi disse: «Sono l'assassino di tua madre»"

Il dramma della famiglia Bellino: il figlio si costituisce parte civile contro il genitore, ma continua a fargli visita. “È pur sempre mio padre”

Beinette, uccise la moglie malata di Alzheimer. In aula il racconto del figlio: "Mi disse: «Sono l'assassino di tua madre»"

Giovedì 27 giugno 2024. È stata quella l’ultima volta che Antonio Bellino – figlio di Ernesto Bellino, il 76enne accusato di aver ucciso la moglie a Beinette – ha visto la propria madre. La donna, Maria Concetta Orlando, il giorno dopo non c’era più. 

A raccontarlo nell’aula D del tribunale di Cuneo, di fronte ai giudici della Corte d’Assise, è proprio il figlio, costituitosi parte civile contro il genitore superstite. Quest'ultimo attualmente in è detenzione domiciliare presso una Rsa di Peveragno. 

Il lungo interrogatorio condotto dal pubblico ministero, che sostiene l’accusa di omicidio e per cui l’uomo, assistito dall'avvocato Fabizio Di Vito, rischia l’ergastolo, ha cercato di ricostruire quello che era il rapporto tra Bellino e la moglie. Un rapporti fatto di litigi, gelosie e, come si apprende, forse logorato. "Sembrava che non sapessero stare senza litigare", ha detto il figlio. 

La donna era malata di Alzheimer e nonostante fisicamente fosse autonoma, nell’ultimo periodo "aveva bisogno di essere assistita in tutto". A pensarci era suo marito e Antonio, ogni volta che poteva, cercava di "alleggerire il padre". Per i pasti si affidavano ai servizi sociali e da circa due mesi, nella vita della donna, era entrata una badante, che “per lei era come una figlia". "La portava in giro e si è prestata molto - ha ricordato il figlio -, spesso andavano al bar insieme a prendersi un gelato". Ed era per questo che i familiari erano titubanti per il ricovero della donna in una struttura.

Quel giovedì 27 giugno dell’anno scorso Antonio era appena tornato da Vicoforte dopo un colloquio con la direttrice di una casa di riposo che potesse accogliere la madre che, ancora, non sapeva nulla. "Quella sera avevo chiamato papà per dirgli che sarei passato a portar loro due pizze - ha ricordato il figlio -. Ma lui mi ha detto di non preoccuparmi, di andare a casa dalla mia famiglia e che ne avremo parlato". Ma quel giovedì, Antonio racconta di aver visto suo padre "psicologicamente non forte". "Mi ha detto che non ce la faceva, che dovevano trovare una soluzione. C’erano richieste di aiuto da parte sua". 

Il giorno dopo, venerdì 28 giugno, il figlio telefonò a entrambi i genitori. Ma non ottenne alcuna risposta. Il silenzio. "Ho pensato che dormissero, erano circa le 8.30 - ha continuato il figlio -. Ho anche mandato un messaggio a mio padre ma nulla. Ho chiesto a mia moglie di andare a casa dei miei per vedere se fosse tutto a posto". Dopo dieci minuti, la chiamata della donna. "Mi disse solo di raggiungerla subito che era successo un casino".

Antonio rivide il padre un mese dopo l’omicidio. "Mi disse: 'Eccomi qua, sono l’assassino di tua mamma'". Ma non è chiaro che cosa sia scattato nella mente di Ernesto Bellino: "Mi ha detto che non era riuscito a gestire lo stress legato alla malattia di mia mamma - ha spiegato il figlio -.  Io non ho avuto mai sentore che potesse succedere una cosa del genere". 

Lui costituito parte civile contro il genitore con l'avvocato Enrico Gaveglio, ancora oggi lo va a trovare. "Mi sono costituito contro mio padre perché sento che lo devo fare. Lo vado a trovare perchè è pur sempre mio padre".

C’erano i litigi e poi le conflittualità. "Discutevano un po’ la gelosia di mamma, un po’ la pignoleria di papà - ha detto- e un po’ anche perché i miei figli non frequentavano più i nonni: io venivo ripreso per non essere un bravo genitore, ma c’erano dei motivi per cui i ragazzi non volevano più andare. Non era un ambiente sereno".  

Ma poi c’era altro. Oltre all’Alzheimer di lei, diagnosticatole tre anni prima e non ancora in fase avanzata, c’era la depressione del marito che, ricoverato più volte in psichiatria, aveva anche tentato di togliersi la vita ingenerando della candeggina. Un contrasto di caratteri, di idee, spiega Antonio, perché entrambi "avevano le loro fisse". "C'erano momenti burrascosi ma c’erano anche momenti di calma, gesti di affetto. Ma settimanalmente, accadeva sempre qualcosa. Loro senza un litigio non sapevano vivere". 

CharB.

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