Sanremo si prepara ad accogliere Simone Cristicchi in una veste inedita e potente. Domani sera, per la prima volta, il cantautore e attore romano sarà protagonista di un intero concerto nella città dei fiori, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica e dal coro. Un incontro tra musica d’autore e arrangiamenti sinfonici che promette di trasformare il palco in un luogo sospeso, dove parole, note e storie si fondono in un’unica emozione.
L’appuntamento arriva al culmine di un tour estivo che ha raccolto entusiasmo e partecipazione in ogni tappa. Cristicchi porterà con sé vent’anni di carriera, intrecciando i brani che lo hanno reso amato dal grande pubblico alle canzoni del nuovo album “Dalle tenebre alla luce”, un viaggio tra ferite e rinascite, radici e visioni, capace di parlare al cuore e alla mente di chi ascolta.
Simone, domani torni a Sanremo con l’Orchestra Sinfonica, dopo essere stato protagonista sia al Tenco che al Festival: cosa ti emoziona di più di questa tappa e cosa il pubblico deve aspettarsi da questo appuntamento?
"Innanzitutto ho fatto diverse presenze a Sanremo negli anni, soprattutto al Premio Tenco, però non ricordo di aver mai fatto un intero concerto, quindi è una prima volta. E questa prima volta è arricchita dal fatto che i miei brani saranno riarrangiati tutti in versione sinfonica e con il coro, quindi è anche un esperimento particolare che facciamo. A me è capitato tante volte, per fortuna, di suonare con l’orchestra, sempre avendo a fianco il maestro Sivilotti, ed è sempre stata una grande emozione, un grande riflesso. Tutti questi musicisti si prestano a farsi contaminare, diciamo così, da un genere che non è propriamente quello della musica classica".
In questo live ripercorri vent’anni di musica e teatro. Guardandoti indietro, c’è un momento che senti come la svolta della tua carriera?
"Potrei dirti il 2007, con la vittoria del Festival, anche se avevo debuttato da due anni nel mondo della musica e della discografia. Il 2007 è stato un anno importante per me. Io, all'epoca, avevo esordito con una specie di tormentone, “Vorrei cantare come Biagio”, ma due anni dopo, al Festival, è emersa la mia vena del narratore, del cantautore che mette al centro anche riflessioni sulla nostra società e sulla nostra comunità, in quel caso il tabù della malattia mentale. Contro ogni pronostico, quella canzone è riuscita a vincere.
Da lì in poi ci sono stati tanti cambiamenti, tante sfide. Non ultima, quella del teatro, dal 2010 in poi, che per me è stata una svolta importantissima perché mi ha permesso di avere una grande libertà di espressione al di fuori della canzone".
Il nuovo album si chiama “Dalle tenebre alla luce”. Il titolo ha un forte impatto simbolico. Cosa rappresenta per te questo viaggio e perché hai sentito il bisogno di raccontarlo proprio adesso?
"Ho dedicato uno spettacolo alla figura di Dante, sul tema del Paradiso, e credo che lui ci abbia voluto indicare, con le tre tappe Inferno, Purgatorio e Paradiso, le tre fasi principali della vita dell’essere umano. Almeno io le ho interpretate così. Si parte dalla sofferenza – noi nasciamo piangendo – e nella vita affrontiamo dolori, vuoti, ferite. L’osservazione del nostro inferno personale ci permette poi di passare alla seconda fase, quella della catarsi, della purificazione, togliendo ciò che ci appesantisce e riuscendo a trasformare, come dico nella mia canzone, una ferita in una feritoia. Da quella feritoia si arriva alla luce, al Paradiso, auspicando che ci sia qualcosa al di sopra del mondo materiale: un’altra dimensione dove la vita è eterna e tutto continua, anche se si trasforma.
Questo viaggio è nella spiritualità e nella filosofia, e negli ultimi anni mi ha interessato particolarmente. L’ultimo spettacolo è dedicato a San Francesco d’Assisi, quello prima al Paradiso di Dante, e “HappyNext” al tema della felicità. Il mio percorso è scattato da una ferita profonda: la perdita di mio padre quando avevo dieci anni. Guardando indietro, riesco a vedere un viaggio partito dalle tenebre e da un grande vuoto che, attraverso l’arte – vero nutrimento dell’anima – mi ha permesso di curare quella ferita".
L’“Occhio di Dio” e il cielo del 10 agosto. La Helix Nebula sulla cover di “Dalle tenebre alla luce” richiama il tema cosmico e spirituale. Durante la notte di San Lorenzo molti hanno guardato il cielo: tu cosa vedi in quell’“occhio” e come si collega al senso dell’album?
"Ho voluto fortemente questa immagine, che è reale: è stata scattata da un fotografo astronomico, che mi raccontava come, nel momento esatto in cui esplode una stella, questa lasci un acquarello di colori meravigliosi sulla tela oscura dell’universo. Il senso è che anche quando una vita finisce, lascia comunque una traccia nella memoria. Se penso alla mia famiglia, ai miei parenti, c’è qualcosa che è rimasto, se non altro il mio DNA. Ogni nostra azione può lasciare una traccia, ogni pensiero può influenzare la realtà che ci circonda. Dal feedback infinitamente piccolo si può influenzare l’infinitamente grande. Questo, per me, è un motivo per continuare a credere nella vita".
In più occasioni hai usato la musica e il teatro per affrontare temi storici e civili, da “Magazzino 18” a “Il clandestino”. Pensi che l’arte possa ancora cambiare il modo in cui guardiamo la realtà?
"Credo che l’artista non sia un semplice intrattenitore, ma abbia un ruolo importante nella comunità: è uno specchio. Se pensiamo alle tragedie greche, il popolo di Atene andava a teatro per farsi raccontare ciò che stava accadendo in forma artistica, e lì avveniva la catarsi, che è una cura per l’anima. Una canzone, uno spettacolo, un dipinto o una scultura possono farci vedere la realtà da un’altra prospettiva. È importantissimo, anche nel senso del sacro. La musica, poi, nasce proprio per elevare lo spirito. Quello che cerco di fare nei miei concerti e spettacoli è mettermi in discussione, creare un dialogo con il pubblico, condividere una ricerca. Non c’è l’artista e il pubblico che ascolta: c’è un viaggio fatto insieme per un paio d’ore, con l’umiltà di chi si mette a nudo di fronte ad altre persone che vibrano alla stessa frequenza".
C’è un tema che oggi ti sta particolarmente a cuore e vorresti affrontare in futuro?
"Ci sono diversi personaggi che mi affascinano. L’ultimo che ho studiato è San Francesco, una figura imponente, monumentale, con cui ho voluto confrontarmi per dare la mia chiave a una figura così universale. Uno dei personaggi che mi attrae in questo momento, anche se non è detto che ne nascerà uno spettacolo, è Giordano Bruno: la sua libertà di pensiero e la sua visione magica del mondo sono di grande ispirazione".
Grazie mille, Simone.
"Grazie a voi"
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