Il Nazionale

Cronaca | 01 agosto 2024, 17:33

VIDEO - Il gran finale di Mattia, indimenticabile e immortale tra il rombo delle sue moto

La chiesa di Santa Maria e le parole di don Garavaglia, piazza Spozio e la corona di moto: ci sono due funzioni a San Fermo, sotto il sole crudele del giorno più caldo dell’estate. Entrambe tendono a Mattia Vitali in modo viscerale, combattono per tenerne accesa la luce, per colmare il vuoto sceso all’improvviso, per dare tridimensionalità a un’assenza facendola diventare presenza. Sacro e laico allora si mischiano insieme, nel nome di una passione così forte da essere diventata destino

VIDEO - Il gran finale di Mattia, indimenticabile e immortale tra il rombo delle sue moto

Ci sono due funzioni a San Fermo, sotto il sole crudele del giorno più caldo dell’estate. Entrambe tendono a Mattia in modo viscerale, combattono per tenerne accesa la luce, per colmare il vuoto sceso all’improvviso e dare tridimensionalità a un’assenza facendola diventare presenza.

Non si può scegliere, oggi a San Fermo. Se sei qui per lui, allora sei dentro - dentro la chiesa di Santa Maria, su quelle panche dove si agitano i ventagli, dove lo sguardo rimane basso e fisso, dove il cuore cerca un appiglio nelle parole di fede - ma anche, contemporaneamente, fuori. Fuori, in quella corona di moto e motori e caschi e tute e occhiali scuri e marmitte sbuffanti che è diventata piazzale Spozio: fuori, dove respira la stessa passione di Mattia, talmente forte da diventare anche destino, pronta a dirgli addio.

Qui a San Fermo sacro e laico sono allora parti essenziali dello stesso dolore, sono esteriorizzazioni altrettanto irrinunciabili di un bisogno irrefrenabile di vita che copra la morte, di rumore che scorra sul silenzio, di passato e di futuro che diano un prima e un dopo a un inaccettabile presente.

E no, non c’è profano: nell’ultimo saluto a Mattia Vitali l’invocazione di una preghiera e il rombo di una 4 cilindri giungono entrambe al cielo, lì dove è scappato con una sgasata delle sue questo ragazzo «buono, pieno di attenzione verso gli altri e di amicizia. Il Signore lo ringrazierà quando lo accoglierà in Paradiso… Gli dirà "grazie per quello che hai fatto ai tuoi cari e ai tuoi amici, è come se lo avessi fatto a me"».

Ci prova, don Carlo Garavaglia, nel compito più difficile che tocchi a un uomo di Chiesa, spiegare il senso - che non c’è, non ci sarà mai -  di una vista spezzata a 34 anni, di una giovane moglie rimasta sola, di una bambina che non avrà più il suo rifugio ultimo, la sua montagna troppo alta da scalare, l’albero sotto il quale crescere protetta dalle intemperie dell’esistenza. L'unica uscita è quella di separare il corpo dall'anima, quella di lasciare il primo per permettere alla seconda di diventare importale: «Non si è concluso tutto su quella strada - dice il sacerdote - Mattia lì ha trovato Dio, che lo accolto e accompagnato dove continuerà a guardare i suoi cari e a proteggerli».

«Aiutaci signore a vivere ogni giorno le nostre passioni» continua don Carlo, sapendo che a qualche metro di distanza c’è chi non è nemmeno entrato in chiesa ma sta facendo proprio questo con tutto se stesso. E che dentro e fuori, sacro e laico, lentamente si stanno avvicinando, pronti per un unisono finale che lascerà senza fiato.

A messa finita le spoglie del centauro, portate a braccia da alcuni amici, ritrovano l’esterno, dove ad attenderle non c’è solo il bagliore delle 4 del pomeriggio o il gelo che normalmente accompagna dei metri così disperati e definitivi, perché quel silenzio e quella mancanza di calore non rispecchierebbero Mattia e i chilometri (altro che metri...) che ha percorso in mezzo a noi. 

Serve un gran finale e ci sono decine di persone che sono qui per metterlo in scena: i motori delle loro moto si accendono e iniziano a tuonare nell’aria spessa, seguiti dal fumo bianco e denso degli scarichi e dall’odore acre della combustione.

Ogni smanettata è una lacrima, ma lassù qualcuno sta sorridendo, mentre si allunga a prendere uno di quei palloncini bianchi e blu - sì, come la carena di una Yamaha da urlo - che stanno salendo in cielo.

Sipario.

F. Gan.

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