La luce, nel buio.
L’hanno cercata in tanti oggi pomeriggio nella chiesa parrocchiale di Masnago, in quello che è stato l’ultimo saluto a Pietro Balzarini, il 53enne varesino morto sabato mattina al casello di Gallarate in uno schianto con la sua auto devastante, drammatico, inesorabile.
E no, non si tratta della luce accecante di un caldo pomeriggio di luglio, che invade il sagrato e punge la folla che lo attraversa, un fiume di persone che le panche e le sedie della chiesa nemmeno bastano a ospitare, prova estrema della scia di amore che Pietro ha lasciato dietro di sé.
Serve un’altra luce a illuminare chi oggi sente di aver perso tutto, Paola e Andrea in testa, una moglie e un figlio di appena 12 anni rimasti inermi davanti a un destino terribile: è, per chi crede, la luce della fede.
Don Giampietro Corbetta, dall’altare, prova a donarla con le sue parole, accorate e delicate, arrivate dopo la lettura del sacrificio di Isacco e del vangelo secondo Luca, che ha portato i presenti sul Getsemani a fianco di un Cristo pregante in attesa della sua ora: «Una prova per Abramo, una prova per Gesù, una prova per voi - ha detto il parroco rivolgendosi più volte direttamente ai due - La prova è non poter disporre più del proprio domani, è non capire dove Dio ci sta portando, è cercare di comprendere qualcosa che sembra incomprensibile, è trovare appigli quando la vita si fa spietata».
E allora vincere il dolore significa restare: «Come fa Gesù, sul monte degli ulivi. Invece di ritirarsi resta. Perché Dio ha delle risorse per tutti anche quando esse sembrano impensabili».
«Paola - ha continuato e concluso don Corbetta - apriti alla Pasqua, mentre ancora ci sono le tenebre, in un cammino impossibile che rinforza la fede e dalla fine crea un nuovo inizio. No… non è stata sufficiente la barriera di un’autostrada per porre fine a quello che è stato Pietro».
Commenti