Visti da fuori, non solo da un eventuale alieno appena sbarcato da Arcturus, ma anche da tanti umani agnostici, ovvero la maggioranza dei terrestri, questi 300 nostalgici del Miv avrebbero potuto fare la figura degli svalvolati, di quelli che non sono mica tutti in asse.
Vestiti delle canotte più disparate (da Meneghin a Pozzecco, passando per Mrsic), agghindati di sciarpe e cappellini, a guardare, inebetiti di passione e con le lacrime del ricordo a gonfiare gli occhi, una partita giocata 25 anni fa e a tifare come se fosse in corso di svolgimento nel qui e ora… Ma si può?
No, ma davvero: a tifare. I cori, anche quelli più irripetibili, gli applausi ai canestri di De Pol e Galanda, la lunga ovazione finale su parole ancora dolcissime da leggere in sovraimpressione: «Varese è campione d’Italia».
Pazzi, sì.
Pazzi di una fede e devoti a una delle sue apparizioni mistiche più potenti.
Solo qui, solo a Varese si poteva festeggiare in questo modo il quarto di secolo dallo Scudetto della Stella, per due generazioni di tifosi anche l’ultimo. Unico, bellissimo.
Sala piena, non solo di adepti. Chiamata dai sacerdoti de Il Basket Siamo Noi, all’ennesima iniziativa da 10 e lode, si è riunita l’intera famiglia biancorossa: chi aveva vinto prima (Marino Zanatta e Massimo Lucarelli), chi aveva vinto allora (Toto e Edo Bulgheroni, coach Charlie Recalcati, il vice Cedro Galli, il mitico Sandro Galleani, Gianni Chiapparo, Armando Crugnola e tutti i ragazzi e le ragazze, oggi signori e signore, che giostravano dietro le quinte) e chi non ha ancora vinto nulla ma fa parte del presente (i due gm di Pallacanestro Varese Maksim Horowitz e Zach Sogolow e tutto il personale degli uffici biancorossi). Sul palco i bravi colleghi Antonio Franzi e Flavio Vanetti, cantori allora, cantori ora.
Una messa laica cui sono mancati - a parte Marco Van Velsen - solo i giocatori di quell’impareggiabile 1999: ognuno con un impegno e una scusa, ma c’erano con il cuore. Come c’era il Poz, che ha voluto anche mandare un video, ricordando chiunque, commuovendosi comunque.
Fa tutto parte della liturgia di un popolo che ha deciso di fare una pernacchia al tempo che passa e che potrebbe ancora passare prima di vivere un’altra gioia... E sapete perché? Perché la Stella non ce la toglierà mai nessuno.
P.S.: un avviso ai naviganti attuali dopo aver riammirato i 40 minuti di quell’incredibile gara 3 che mise definitivamente ko Treviso… Il Moreyball non lo avete mica inventato voi: c’era già 25 anni fa, si chiamava spettacolo e volava sulle ali di un playmaker che il campo se lo divorava più veloce di Ross e Mannion messi insieme. Secondo: né ieri, né oggi, né domani si è mai vinto, si vince e si vincerà qualcosa - nemmeno la Coppa del Nonno - senza difesa… Citofonare Andrea Meneghin (ma non solo…) per referenze…
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