Il Nazionale

Cronaca | 20 febbraio 2024, 19:48

Crollo del viadotto di Fossano: in tribunale consulenti a confronto sulle possibili cause del cedimento

Dodici gli imputati che, a vario titolo, devono rispondere di ciò che avvenne sulla tangenziale fossanese il 18 aprile 2017. Le condizioni esterne del ponte potevano far prevedere lo schianto?

Crollo del viadotto di Fossano: in tribunale consulenti a confronto sulle possibili cause del cedimento

Nuova udienza in tribunale a Cuneo, di fronte al giudice Giovanni Mocci, nel processo volto a far luce sulle cause che portarono al collasso del ponte di Fossano avvenuto il 18 aprile 2017. Dodici le persone imputate: si tratta di sei tra tecnici e operai delle imprese appaltanti e di altrettanti funzionari Anas che eseguirono i lavori di costruzione, nonché riparazioni straordinarie del viadotto.  

L’attività istruttoria, che entra nel merito della vicenda, era iniziata nell’ottobre 2023 dopo due cambi di altrettanti giudici. Punto di partenza era stato l’esame delle consulenze tecniche offerte dalla pubblica accusa, rappresentata dal sostituito procuratore Mario Pesucci. Al centro delle relazioni presentate in aula dai consulenti della Procura, delle difese di parti civili, Anas e Provincia di Cuneo, e degli imputati, le varie tesi circa la presenza delle infiorescenze e colature sulla struttura esterna del ponte e la corrosione dei cavi di acciaio che tenevano insieme le sei campate dovuta alla mancanza di boiacca, cioè una miscela di cemento, acqua e additivi.      

I CONSULENTI DELLA PROCURA

L’ingegnere Luca Giordano e il professore Roberto Doglione del Politecnico di Torino, entrambi nominati dal pubblico ministero, sono stati concordi sul fatto che le campate esterne del viadotto non presentavano elementi che potessero farne prevedere una caduta, in quanto la corrosione sarebbe avvenuta all’interno della struttura per l’assenza di boiacca: “Le fioriture c’erano dove era stata iniettata, ma paradossalmente erano assenti dove la boiacca non era stata iniettata e dove poi avvenne il crollo”. Sostanzialmente, hanno concluso i consulenti, la boiacca avrebbe dovuto ‘proteggere’ i cavi all’interno delle guaine che li contenevano fino a riempirle del tutto. Di contro, il professore Gianpaolo Rosati, anch’egli consulente della Procura, ha ritenuto che le colature biancastre visibili all’esterno fossero una chiara ‘spia’ di ciò che stesse succedendo all’interno della struttura.  

I CONSULENTI DELLE PARTI CIVILI - ANAS E PROVINCIA DI CUNEO

A smentire quest'ultimo, il professore Giuseppe Andrea Ferro, consulente dell’Anas, che ha sostenuto che anche se fossero stati eseguiti carotaggi nei punti del viadotto che presentavano colature sarebbero state trovate armature perfette, poiché in quei punti la boiacca era stata iniettata. Secondo il professor Francesco Biasoli, consulente della Provincia, quelle colature sarebbero invece state il sintomo di “un malessere della boiacca, che col tempo sarebbero potute diventare una patologia. Dunque, sarebbe stato opportuno estendere i controlli a tutta quella campata”.  

I CONSULENTI DEGLI IMPUTATI

Il procedimento è una riunione di tre fascicoli che cerca di fare chiarezza su chi avrebbe dovuto segnalare il potenziale crollo e quando. Nel corso dell’ultima udienza sono stati infatti ascoltati i consulenti dei difensori dei 12 imputati che, seguendo il filone della presenza di infiorescenze e della boiacca, hanno esposto le risultanze delle loro relazioni.

Il primo fascicolo, che si snoda su un impianto accusatorio di disastro colposo, vede imputati i tecnici Anas A.A. e M.S., il geometra R.R. e l’ingegnere M.A.F. per la Franco&C Spa, il geometra M.T. e il capocantiere M.C. per le Imprese Grassetto. Queste ultime sono ditte appaltatrici che si sono occupate rispettivamente della costruzione dei prefabbricati in cemento armato e della fornitura dei conci.

Per la Franco&C Spa è stata nominata come consulente l’ingegnere Laura Piccineli che ha sostenuto che il problema che portò al crollo non sarebbe stata la mancata iniezione della boiacca, ma bensì la troppa quantità d’acqua presente nella malta: “A causa della pendenza longitudinale della trave – ha spiegato -, la parte di cemento, per sedimentazione, si è concentrata verso i conci più bassi rimanendo più ricca di acqua nel concio più in alto, dove si è verificata la corrosione”. Dunque, per l’ingegnere, se l’impermeabilizzazione fosse stata efficace e i tubi fossero stati aperti l’acqua non sarebbe entrata. Ciò significa che il cemento sarebbe scivolato verso il basso lasciando i cavi scoperti. Quanto alle colature biancastre la loro presenza era sul lato in cui i cavi erano intatti e non dove si stavano sfaldando.

Il secondo fascicolo, invece, vede sotto accusa per omesso controllo tre addetti Anas: il geometra V.P., il capocantiere B.C. e il capo sorvegliante D.C.C. Per la Procura i tre non avrebbero rilevato e annotato nelle schede la presenza delle infiorescenze, delle macchie e delle colature violando così una circolare ministeriale del 1991.

Sul punto, è stato chiamato a deporre l’ingegnere Maurizio Grassi. Il consulente ha spiegato che le macchie, le colature e le infiorescenze non sono considerate dalla circolare elementi che portino a uno stato di segnalazione tale da espletare una verifica di secondo livello: “Qualora anche un ingegnere – ha spiegato –, per scrupolo, avesse voluto adire alle verifiche, avrebbe avuto un responso che nulla di più avrebbe detto: anche se si fossero effettuate corature in corrispondenza delle macchie, le guaine sarebbero risultate integre”. Per il consulente, dunque, non si possono attribuire colpe al geometra.

Il terzo procedimento, infine, si riferisce ai lavori eseguiti sulla circonvallazione nel 2006, quando venne scarificato il manto stradale. A dover rispondere è un ingegnere Anas, G.A., e i due responsabili della ditta appaltante Pel.Car che si occupò dei lavori, M.G. e M.R.V.

I consulenti verranno ascoltati alla prossime udienza già calendarizzata il 19 marzo.

CharB.

Commenti