(a.c.) Se c'è un giocatore, e una persona, a cui tutti vogliono bene al di là della squadra e perfino del continente in cui gioca è Andrea Scapolo. È la sua principale dote: credere oltre ogni immaginazione e frontiera nel suo sogno, nel futuro, negli altri. Sarà la sua storia fatta di radici, territorio e guantoni, sarà la sua apertura mentale e il coraggio di percorrere strade sempre nuove, sarà la sua capacità di dare tutto se stesso per ciò che fa e per chi lo circonda, sarà tutto o forse niente ma sicuramente vorremmo, e non solo noi, trovarci sempre di fronte a persone come Andrea. Che, quando non sono presenti, mancano davvero.
Dal settore giovanile del Varese al posto da titolare a 16 anni e alla vittoria con i suoi biancorossi nella Coppa Italia d'Eccellenza contro tutti e tutto (Scapolo e compagni non vedevano stipendi da tempo, con una società, l'ennesima, in fase di dissoluzione), dall'esperienza siciliana di Acireale alla parentesi del Rapid Lugano e ai sogni che per qualcuno - ma non per lui - potevano essere infranti, Andrea ha saputo aprirsi una porta negli Usa dove frequenta un master e gioca, alla grande, nella squadra dell'University of Illinois Springfield.
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Andrea, raccontaci la tua esperienza negli Stati Uniti.
Molto bella e piena di soddisfazioni. Ho cambiato due squadre universitarie prima di arrivare a quella attuale, con cui abbiamo vinto sul campo la regular season oltre a diversi premi. Con lo studio sta andando molto bene: a maggio terminerò il master in business administration. Il bilancio di questa stagione è molto positivo, ho avuto importanti riconoscimenti e sono stato nominato per il prestigioso riconoscimento "All-America first team".
In cosa consiste questa nomination?
Sono stato selezionato dalla commissione CAA come miglior portiere americano nel settore universitario tra gli 800 portieri che hanno partecipato a questo torneo. Questo riconoscimento, di cui vado fiero, lo condivido con i miei compagni di squadra perché siamo risultati la migliore difesa di tutti i campionati universitari incassando 4 reti in 19 partite.
Come giudichi il calcio americano?
In continua evoluzione. In vista del Mondiali 2026 in Usa, Canada e Messico si stanno organizzando con strutture importanti: i campi di gioco sono eccellenti, la passione calcistica degli americani sta crescendo grazie anche a grandi investimenti di marketing. Poi la presenza di campioni che fanno da testimonial come Messi, Higuain e Busquets fa da traino, tanto che c’è un numero sempre crescente di giovani che si avvicina al calcio.
Ricordi della tua esperienza biancorossa?
A parte i momenti che ho vissuto molto male legati a fallimenti vari, conservo ricordi belli. Ho avuto modo di fare esperienza e la fortuna di condividere bei momenti con un gruppo di compagni molto bravi. Ancora oggi sono legato ad alcuni di loro come Lercara, Simonetto, Palazzolo, Travaglini, Marrazzo. Grazie al Varese ho avuto buoni preparatori che mi hanno aiutato a crescere sia come uomo che come portiere: uno tra tutti è Ermes Berton, che sarà per sempre nel mio cuore.
Raccontaci il tuo Ermes Berton?
Con lui a vent'anni ho fatto il mio primo ritiro in Toscana. Tra fallimenti societari e difficoltà personali attraversavo un momento difficile: Ermes è riuscito a ridarmi fiducia, motivazioni, autostima. Per tutti noi Berton è stato un grande e un punto di riferimento: vorrei abbracciarlo forte e dirgli di starmi vicino da lassù, insieme a mio papà e mio nonno.
Programmi futuri.
A gennaio ritorno in America dove avrò provini importanti per alcune squadre professionistiche: terrò aggiornati i lettori di VareseNoi e Andrea Confalonieri degli sviluppi. Sinceramente, sia per motivi calcistici che di lavoro mi pacerebbe rimanere negli States, dove ci sono tante opportunità, anche se con l’Italia ho ancora legami importanti... Spero che mia mamma Sabrina, leggendo questo, non se ne dispiaccia. Anche se non si sa mai: sono giovane e con voglia di fare nuove esperienze. Del futuro, quel che sarà sarà...















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