Un detenuto ammesso al lavoro all’esterno, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere notificatagli dai Carabinieri, è riuscito a evadere dal reparto semiliberi approfittando dell’apertura del cancello per l’uscita di un altro detenuto. Poi ha presumibilmente scavalcato l’intercinta e, una volta raggiunta la propria autovettura nel parcheggio, si è dileguato”.
Così venerdì scorso, 7 luglio, il sindacato di polizia penitenziaria Sappe denunciava la singolare fuga registrata in quel pomeriggio dal carcere "Giuseppe Montalto" di Alba. A quattro giorni dal fatto, del fuggitivo non si hanno notizie, ma intanto sono divenute note le sue generalità, che rimandano al profilo di un pluripregiudicato ben conosciuto dalle forze dell’ordine non soltanto piemontesi, ma di diverse province della vicina Lombardia. Un nome che ricorre infatti lungo quasi un decennio di cronache giudiziarie da territori che vanno dall’Alessandrino alla Bergamasca, passando per il Pavese e pure per la provincia di Cuneo.
L’evaso si chiama Giastin Stentardo, nato a Nizza Monferrato il 16 giugno 1985 e residente ad Asti. Nomade sinti, nella struttura albese, divenuta recentemente "casa lavoro", Stendardo era detenuto in forza di una condanna definitiva per furto e rapina aggravata. Fine pena fissato al 2028, da tempo godeva di permessi di lavoro presso un’azienda del Roero. Anche per questo aveva a disposizione l’automobile con la quale si recava quotidianamente a lavorare e con la quale ha fatto perdere le proprie tracce dopo aver guadagnato l’uscita dalla struttura di località Toppino secondo modalità ora oggetto di accertamento da parte degli inquirenti.
La fuga non è avvenuta approfittando di una delle uscite cui aveva accesso in ragione del suo regime di semi-libero, ma mentre si trovava all’interno della casa circondariale, probabilmente perché fresco destinatario di un nuovo ordine di carcerazione che avrebbe comportato la fine di tali benefici e il trasferimento ad altra struttura del Nord Italia. Anche da qui l’ipotesi che possa essersi allontanato non escludendo di costituirsi a breve altrove, scegliendo in qualche modo una residenza carceraria a lui maggiormente "gradita" per scontare il prosieguo della pena.
Il suo nome, si diceva, ricorre nelle cronache relative a diverse passate operazioni delle forze dell’ordine, arrivate negli anni a sventare altrettante organizzazioni criminali che in quei territori a cavallo tra Piemonte e Lombardia si erano rese protagoniste di furti e rapine in serie presso ville e abitazioni private. Colpi accomunati da un modus operandi sempre identico, coi banditi che si presentavano alle loro ignare vittime travestiti da Carabinieri o da altre forze dell’ordine, con tanto di distintivi, targhe, lampeggianti sulle auto: un modo per guadagnarsi l’accesso alle abitazioni in presenza dei loro proprietari, per poi palesare solo in un secondo momento i propri intenti criminali.
Vezzo del nostro, in tali situazioni, quello di farsi chiamare dai complici "il maresciallo Rocca", con richiamo al popolare personaggio televisivo interpretato da Gigi Proietti. A darne conto gli inquirenti che nel gennaio 2019 ne annunciarono la cattura – in un bar di Cesano Boscone, nel Milanese – ad opera dei Carabinieri del Comando di Alessandria e degli agenti delle squadre mobili di Alessandria e Asti. A disporlo la Procura della Repubblica del capoluogo mandrogno, che stava indagando per una serie di furti e rapine compiute tra la primavera e l’estate del 2018.
Almeno sei di quei colpi avvennero in provincia di Alessandria: il 26 maggio a Castelletto Monferrato, il 29 maggio a Valenza, il 7 agosto a Quattordio (nella villa dell’ex parlamentare Franco Stradella), il 23 agosto a Serravalle e a Valenza.
Almeno altrettanti – si segnalò allora – gli episodi nell’Astigiano, mentre il nome del 38enne nomade è stato successivamente collegato dagli inquirenti anche alla rapina che l’11 ottobre 2018 venne commessa presso la villa dell’industriale dello spumante di Santo Stefano Belbo Gianfranco Santero, presa d’assalto da cinque persone.
Il travestimento da carabiniere non era una novità, ma una delle cifre che avrebbe informato l’agire di Stentardo e degli altri sei complici – di cui quattro astigiani – finiti con lui in manette alcuni anni prima, nel giugno 2016, nell’ambito di un’operazione questa volta coordinata dalla Procura della Repubblica di Pavia e battezzata “Fake Police”.
In quel caso gli inquirenti documentarono "l’esistenza di un’associazione criminale di soggetti di nazionalità italiana di etnia sinti e albanese dedita alla commissione sul territorio nazionale, in particolare nelle province di Pavia, Cremona, Lodi, Piacenza, Milano, Bergamo e Brescia, di furti e rapine in ville, soprattutto ai danni di persone anziane facilmente soggiogabili". Ben 82, in quel caso, i colpi attribuiti alla banda.
Venerdì scorso il nome del 38enne astigiano – cui nel gennaio 2021 venne sequestrata una villa completamente abusiva ad Asti – è ricomparso nuovamente sulle cronache dei giornali, questa volta tra quelli dei soggetti destinatari delle 13 misure cautelari (8 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) emesse dal Gip presso il Tribunale di Asti su richiesta della locale Procura della Repubblica e notificate nei confronti di altrettanti soggetti residenti nelle province di Asti, Cuneo, Palermo, Rovigo e Pisa, ritenuti responsabili a vario titolo di tentato omicidio aggravato ai danni di un cittadino albanese, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione e rapina in abitazione.
Da qui, probabilmente, la scelta della fuga, messa poi in atto nello stesso pomeriggio.
Commenti