Il Nazionale

Sport | 12 maggio 2023, 08:09

Disabato e un posto per due in Paradiso: «Domenica sera vorrei festeggiare la mia quinta promozione insieme alla salvezza del Varese. Che ha l'uomo in più: i tifosi»

Destini incrociati: al capitano basta un pari per conquistare il quinto campionato con la maglia dei ticinesi dell'FC Paradiso guidati da Beppe Sannino proprio mentre i suoi biancorossi si giocano la salvezza a Carate. «Qui ho trovato umanità e spirito familiare: capita di fare una grigliata con i compagni dopo l'allenamento. Il mister è un uomo vero e umile, ci fa sentire giocatori. Ho vinto uno spareggio playout e so che sono importanti approccio, intensità, cattiveria e capacità di soffrire, senza voler per forza vincere subito. Ci sono 120 minuti per essere più squadra degli avversari»

Disabato e un posto per due in Paradiso: «Domenica sera vorrei festeggiare la mia quinta promozione insieme alla salvezza del Varese. Che ha l'uomo in più: i tifosi»

Sarebbe la sua quinta promozione in carriera e, è bene sottolinearlo, senza la macchia di alcuna retrocessione visto che ha vinto pure un playout.
 
Dalle lacrime di sofferenza alle lacrime di gioia: potrebbe accadere domenica a Donato Disabato, che avevamo visto piangere lo scorso dicembre nel momento in cui l'avevano costretto ad andarsene dal suo Varese - la squadra del cuore, un cuore grande, tant'è che domenica scorsa è tornato da tifoso a sostenere i suoi compagni al Franco Ossola - per costruirsi una nuova avventura al di là del confine grazie alla chiamata di Gianpiero Stagno, ds del Paradiso che lo rincorreva da anni. A Pian Scairolo, comune di Paradiso, Donato ha trovato il piacere di una squadra che è una famiglia, una società modello molto ambiziosa che il patron Caggiano vuole portare ai vertici del calcio svizzero, un allenatore come Beppe Sannino che non concede nulla, pur con il piglio del padre di famiglia (dovreste leggere i messaggi tra i due...) e, anzi, pretende il massimo, Prima Lega svizzera o serie A italiana poco importa. 

Basterà un punto contro gli zurighesi di Wettswill per approdare nella terza categoria del calcio svizzero, quella Promotion League vinta un anno fa dal Bellinzona, mentre per un incredibile incrocio del destino il "suo" Varese (quelli biancorossi sono ancora i suoi compagni, il suo allenatore, i suoi tifosi), alla stessa ora - le 16 - si giocherà la salvezza a Carate Brianza. «Spero domenica sera di poter festeggiare insieme» dice Donato. «Domenica scorsa sono tornato al Franco Ossola da tifoso e, risultato a parte, è stato bellissimo, ho parlato un po' con il mister e ho potuto perfino fermarmi a bere una birretta con gli amici - aggiunge - tra l'altro ero presente anche l'ultima volta in cui una squadra avversaria festeggiò la promozione a Masnago prima del Lumezzane, finale con la Sampdoria a parte: accadde con il Legnano e io facevo il raccattapalle».

Ma parliamo del Paradiso pronto a fare un salto... in Paradiso e di tutto ciò di bello ha trovato o ritrovato Donato oltre confine. «Calcio diverso, più fisico e intenso e meno tattico del nostro ma non con un mister come Sannino che punta su solidità e compattezza. La cosa spettacolare è il rapporto con i compagni: a fine allenamento capita anche di fermarci al campo per fare una grigliata o andare a fare una pizzata. Ho trovato un gruppo con un'unità d'intenti eccezionale. Il ds Stagno, che ci aiuta in qualsiasi cosa ed è sempre al campo, sul pezzo, da tre anni mi chiamava a ogni sessione di mercato e io gli rispondevo sempre: "Per me Varese è Varese e il Varese è il Varese". Quando a fine anno mi hanno messo fuori rosa è tornato all'assalto: ho firmato un contratto anche per la prossima stagione, pur se avevo qualche offerta nella serie D italiana. Le strutture, pur in quarta serie, sono bellissime con campi da biliardo in sintetico anche nella Svizzera interna: certo, da noi ci sono piazze come Varese dove ti seguono sempre centinaia di tifosi e, se va bene, migliaia. In Ticino l'ambiente è più familiare».

Sannino è un martello. «Ti sta sempre addosso - dice Donato - e riesce a tirare fuori da tutti qualcosa in più: è la sua forza. Ha guidato squadre in serie A ma ci allena con un'umiltà eccezionale, come se lo fossimo anche noi. Ho trovato un uomo vero che sa di calcio: quando mi prende di mira in maniera diciamo colorita, lo fa per il mio bene e per quello della squadra. A Varese giocavo davanti alla difesa, lui mi impiega mezzala ma devo correre perché se non lo faccio sto fuori... e avanti un altro. Beppe ci fa sentire giocatori ma anche lo staff è vero importante, dal mister in seconda Giovanni Rosamilia a quello dei portieri che conoscete benissimo visto che è Oscar Verderame e all'assistente tecnico Francesco Bolzoni».  

Capitolo società. «Il Paradiso vuole fare le cose bene e non lascia nulla al caso. Il presidente Antonio Caggiano è vicino alla squadra e ci tiene tantissimo. Sta lottando per la nuova tribuna e vuole fare grandi cose: ha preso da zero una squadra di paese e la sta per portare in Prima Lega. Ultimamente ha rinforzato la società anche con il dg Grigoletto».

La tua famiglia. «Sapete che è abbastanza grande e numerosa, visto che ci inserisco anche i miei amici di sempre. Papà Michele, mamma Nunzia e mio cuginetto Luigi mi hanno seguito anche nell'ultima trasferta facendosi tre ore d'auto. E poi ci sono Gae, Vito, Stefania, Gigi, Antonio, Alberto, Matteo, mia sorella Alessandra e Simone, la nipotina Aurora, Patrick e la mia ragazza Selene».

Il Varese riabbracciato domenica scorsa e la finale playout. «I tifosi sono il valore aggiunto. Se sta unita insieme a loro, la squadra domenica può farcela. Il pubblico biancorosso sarà fondamentale, soprattutto contro un avversario più giovane».

Hai affrontato tante "finali" e le hai vinte: cosa serve? «Ho giocato anche un playout con il Prato, contro il Sorrento, ed è stata una partita più complicata e dura di altre che mettevano in palio la promozione. Perché se retrocedi magari ti resta anche quella "macchiolina" sulla tua carriera che non vorresti mai. La cosa più difficile da gestire è la tensione prima della gara, spesso più pesante di un playoff. Arrivare bene a una finale come questa è fondamentale. Poi l'arbitro fischia l'inizio e devi solo essere cattivo e intenso. Soprattutto credo che il Varese non debba partire pensando di dover per forza vincere subito a tutti i costi, sbilanciandosi e rischiando: ci sono 120 minuti e tutto può succedere in ogni momento, anche nei supplementari o all'ultimo secondo».

Un po' come a Casale e Sanremo nei playoff... «Esatto. Noi sapevamo di dover vincere ma siamo rimasti compatti, concedendo poco. Poi, magari, arriva un tiro che finisce sotto l'incrocio (Donato sorride pensando all'eurogol di Casale), sbagli un rigore (qui ride un po' meno) ma fa gol Minaj in contropiede... Devi saper soffrire, come a Sanremo: rigore contro parato e mentre subisci, quasi alla fine, fa gol ancora Minaj e ancora in contropiede. Mister Porro sa meglio di me e di chiunque queste cose e come essere "più squadra" degli avversari». 

Buona fortuna, Donato: come dice Sannino, è tutto scritto. Soprattutto domenica.

Andrea Confalonieri

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