Il Nazionale

Sport | 09 maggio 2023, 14:04

Gianfelice Facchetti ricorda papà Giacinto: «Attaccarono mio padre dopo la morte e Gigi Riva lo difese. Non lo dimenticherò mai»

Attore, scrittore e giornalista, il figlio del grande capitano della nazionale ripercorre la vita di Giacinto Facchetti: «Mi ha trasmesso valori forti e saldi e la perseveranza nell'inseguire i propri sogni. L'attacco bieco e ingiustificato dopo la sua morte mi ha ferito». La stessa rabbia che provò Rombo di Tuono che definì senza mezzi termini Giacinto "l'angelo degli azzurri, persona onesta, straordinaria e pulita"

Gianfelice Facchetti ricorda papà Giacinto: «Attaccarono mio padre dopo la morte e Gigi Riva lo difese. Non lo dimenticherò mai»

Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto grande terzino sinistro dell’Inter e della nazionale italiana, venuto a mancare nel 2006, è un attore, scrittore e giornalista conosciuto dal pubblico sportivo televisivo per la sua partecipazione alla trasmissione “Il Circolo dei Mondiali" condotto da Alessandra De Stefano, oltre che per aver collaborato con la Domenica Sportiva.

Dopo una breve carriera calcistica giovanile, il figlio del grande capitano della Nazionale ha intrapreso la carriera teatrale portando in scena diversi spettacoli di successo, dove lo sport fa quasi sempre capolino. Tra i tanti ricordiamo "Icaro & Dedalo", "La Tribù del calcio" ed "Eravamo quasi in cielo". Come attore ha partecipato alle fiction televisive "Il Pirata – Marco Pantani", "I colori della gioventù", "Anita Garibaldi", "Il grande Torino", mentre  come giornalista vanta diverse collaborazioni, con il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport e SportWeek.

Anche tra i successi della sua carriera di scrittore, un riferimento allo sport c'è quasi sempre: ‘"C’era una volta San Siro" o "Se no che gente saremmo", vincitore del premio Bancarella Sport.

Abbiamo chiesto a Gianfelice Facchetti di racconta suo padre, il "gigante buono" del calcio italiano.

Chi era Giacinto Facchetti?
Mio padre è stato un calciatore, ruolo terzino sinistro. Ha legato il suo nome alla maglia nerazzurra dell'Inter con cui ha giocato dal 1960 al 1978. Dopo la carriera ne è diventato dirigente per molti anni e anche presidente dal 2004 al 2006. Ha giocato in Nazionale dove ha ricoperto il ruolo di capitano per molti anni disputando 94 partite, vincendo un Europeo nel 1968 e giocando tre campionati del mondo (Inghilterra 1966, Messico 1970, Germania Ovest 1974). Nel 2018 la rivista France Football lo ha inserito nella lista dei 100 calciatori più importanti nella storia dei Mondiali, ricordando la memorabile partita contro la Germania, in semifinale a Messico '70, finita 4 a 3 per l'Italia.

Che ricordo personale ha di suo padre?
Non ho un ricordo particolare, ma tanti e tutti molto presenti nel mio cuore. Ho perso papà a 32 anni e il nostro è stato un rapporto intenso fatto di momenti unici. Mi ha trasmesso valori etici forti e saldi. Per papà il valore della riconoscenza verso le persone era fondamentale, così come aveva una grande capacità di indignarsi davanti alle cose ingiuste cercando una maniera per cambiarle. Oltre a questi valori, da lui ho appreso anche la perseveranza nell'inseguire i propri sogni. 

Che tipo di educazione ha ricevuto?
Io, le mie sorelle Vera e Barbara e mio fratello abbiamo avuto un'educazione normale, improntata sulle cose semplici, poche regole ma chiare e da rispettare. Molto importante è stata per la nostra formazione anche nostra madre Giovanna sempre presente, considerato che nostro padre per lavoro era spesso via. Cassano d’Adda, dove vivevano, era un posto tranquillo dove poter diventare grandi senza particolari pressioni.

Che ricordo ha di suo padre calciatore?
Purtroppo ho ricordi sbiaditi perché ero piccolo. Ricordo bene però quando mi portava con lui per seguire i suoi allenamenti e giocava con me. Ho incominciato a realizzare quanto fosse amato dalla gente quando ha smesso di giocare e andavo in giro insieme a lui. Ricordo la  stima, l'affetto e la riconoscenza dei tifosi ma anche degli sportivi in generale. A volte rileggo ancora le numerose lettere e i telegrammi che riceveva: una cosa stupenda e d'altri tempi. In quei messaggi papà era identificato dagli italiani che gli scrivevano come il grande capitano, un ambasciatore sportivo del nostro Paese nel mondo.

Capitava spesso di rivedere insieme le partite insieme?
È capitato ed è stato piacevole, per esempio con la grande sfida Italia-Germania in Messico o con la finale dell’Europeo del 1968, tappe di una vita ma anche qualcosa di più a volte. Per esempio, dopo la vittoria nel '68, per la prima volta a Roma gli italiani scesero per le strade a festeggiare, un fatto insolito.

C'è un episodio che ti ha ferito nella storia di tuo padre?
Qualche attacco ingiustificato e bieco alla sua memoria dopo la sua morte. Tutto è stato rispedito al mittente. Non dimenticherò mai la difesa senza mezzi termini di Gigi Riva in nome di Giacinto: lo definì "l’angelo della formazione azzurra, un esempio per tutti noi compagni come persona onesta, straordinaria e pulita, persona che merita rispetto. Giacinto era una persona che ha dedicato una vita allo sport e sentire certe cose mi fa davvero rabbia".

Oltre a quelle di Gianfelice non potremmo trovare parole migliori di quelle di Rombo di Tuono per ricordare lo spessore di un uomo e di uno sportivo del calibro di Giacinto Facchetti. 

Claudio Ferretti

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