È struggente tutto questo, non bello.
Anche se la bellezza a volte si nasconde dove meno te l’aspetti: nel dolore.
Descrivere quanto stiamo vedendo forse ci aiuterà a trovare le parole. Mentre ci accingiamo a scrivere queste righe, davanti a noi c’è Luis Scola, che salta sotto la Curva Nord. Con lui Matt Brase: pare sia nato per questo.
Ci sono Michael Arcieri e Matteo Jemoli, un varesino di nascita e uno che lo è diventato in nemmeno un anno, che guardano in faccia la loro gente con le mani alzate e gli occhi lucidi.
C’è una squadra che non riesce a uscire dal campo: ci prova, ma non ci riesce. Stavolta nessuna corsa a tuffarsi sotto la doccia dopo tanta fatica: i giri del campo si ripetono, i cori per questo o quell’altro si confondono. E nemmeno i tifosi si precipitano verso la loro auto, cercando di non rimanere imbottigliati nel traffico. Chissenefrega.
Tutto può aspettare, oggi.
Perché ci sono attimi che non vuoi e non puoi lasciare andare, cui resti attaccato come se fossero l’ultimo scampolo di una gioia che hai paura non tornerà mai più uguale.
A Masnago oggi è così.
E noi ci sentiamo come 10 anni fa, ragazzi cresciuti ma non ancora giornalisti, sotto quel balcone di piazza Monte Grappa. Meno chili, più capelli, stesso amore, stessa tristezza a scavare dentro
Anche allora un sogno spezzato, solo più lungo. Anche allora qualcosa di più grande contro cui combattere.
Anche allora un grido confinato nel cuore, straripante nel desiderio ma sommesso dalla logica, aizzato da ricordi sovrapposti ma soffocato dalle lacrime.
Restate qui. Tutti. Riproviamoci.
Questo è il tuffo che ci buca l’anima, questo è l’amaro che si confonde con il dolce del senso di appartenenza e di un altro spettacolo sportivo senza pari.
Il problema è che è stato l’ultimo: per questo fa male.
L’ultima notte di Varese. Questa Varese. La più bella mai creata dal destino, di cui è stata persino più forte.
Commenti