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Sport | 05 ottobre 2022, 16:47

“I ciclisti sono sognatori e gli ultraciclisti sognano davvero in grande”

Il pomarino Michele Verdoja racconta la sua passione che l’ha portato a vincere, in coppia con Tommaso Bovi, la ‘Bikingman Euskadi Pyrenées’

“I ciclisti sono sognatori e gli ultraciclisti sognano davvero in grande”

Il sogno, la fatica e i piccoli paradisi del viaggio sono le componenti principali dell’ultraciclismo, disciplina di gare su lunghe distanze. Michele Verdoja, quarantaduenne di Pomaretto, racconta la sua passione che l’ha portato alla vittoria di coppia nella ‘Bikingman Euskadi Pyrenées’, gara ciclistica di 1000 km di lunghezza e 24mila metri di dislivello positivo.

Verdoja comincia a pedalare a tredici anni, spinto dal padre appassionato di ciclismo, e a quindici partecipa alle prime competizioni. “Ero un buon corridore, ma non ho mai eccelso: al momento di passare alla categoria Under 23 ho abbandonato l’agonismo per concentrarmi sull’università, e ho poi ripreso come amatore” racconta. La svolta arriva nel 2016 con la partecipazione alle Haute Route, corse a tappe sui rilievi alpini organizzate per ciclisti amatoriali. “Lì ho avuto modo di confrontarmi con ciclisti di livello superiore, non come fisico o risultati, ma come visione dello sport: mi hanno introdotto all’amore per il ciclismo a tutto tondo, comprendendo le gare di endurance, ovvero di lunghezza superiore ai 300 km” spiega. La prima competizione di questo tipo a cui partecipa è il Tour du Mont Blanc, lungo 330 km e con dislivello di 8.000 m, a cui fa seguito il circuito italiano dell’Ultracycling Dolomitica. “Negli anni ho collezionato risultati molto diversi, da podi a ritiri, ma è normale in questo tipo di sport: sono gare che hanno un forte impatto non solo sul corpo, ma soprattutto sulla mente. Per quanto ci si possa allenare, non si sarà mai pronti a quello che può capitare durante la gara, o anche durante gli stessi allenamenti, perché ci si trova in situazioni totalmente estranee dalla vita quotidiana, di fatica fisica e mentale inimmaginabile e imprevedibile”.

La passata stagione comincia nel peggiore dei modi, con un infortunio durante un allenamento che gli provoca l’incrinamento di una costola, e alla Ultracycling Dolomitica è costretto al ritiro. “Volevo almeno provare a concludere la stagione in positivo, e per questo ho deciso di iscrivermi alla Bikingman Euskadi Pyrenées, tenutasi dal cinque all’otto settembre” racconta. Il percorso si snoda sulle salite dei Pirenei occidentali tra Francia e Spagna, tra cui quelle di Tourmalet, Peyresourde e Aubisque, e ha la durata di tre giorni. Verdoja partecipa alla competizione a coppie insieme a Tommaso Bovi, neurologo di Verona vincitore del campionato italiano di ultraciclismo del 2021. “Abbiamo entrambi avuto momenti di difficoltà estrema, specialmente durante il primo giorno, e abbiamo temuto di non riuscire ad arrivare nemmeno al primo checkpoint e punto di ristoro. Ma sono bastati un piatto di pasta calda, la gentilezza dei volontari e uno straordinario tramonto limpido a darci la forza di proseguire e il seguito della competizione è stata una cavalcata esaltante verso l’arrivo”. Verdoja e Bovi sono la prima coppia a tagliare il traguardo: “Si potrebbe pensare che in coppia sia più facile e che si arrivi prima dei singoli, ma non è necessariamente così: se è vero che possiamo darci forza l’un l’altro, è anche vero che dobbiamo coordinarci e rispettare i ritmi e i bisogni del nostro compagno”.

Ogni gara e ogni allenamento cominciano con una domanda: “Perché lo sto facendo?”. Verdoja trova la risposta in quella che considera l’essenza del ciclismo, ovvero il sogno. “I ciclisti sono sognatori, e gli ultraciclisti sognano davvero in grande, coltivando per mesi il loro obiettivo. Quello che si passa correndo è un vero inferno, fisico e soprattutto interiore, ma la sofferenza è ciò che ti fa apprezzare i piccoli paradisi del percorso: i meravigliosi paesaggi, illuminati dalle luci dell’alba e del tramonto, o la soddisfazione dell’arrivare in cima alle salite e di raggiungere il traguardo. La soddisfazione arriva a prescindere dalla vittoria, si festeggia in ogni caso all’arrivo, e coloro che arrivano dopo non sono veramente avversari, ma compagni di avventura”.

Finita la gara, arriva il momento di tornare a casa. “Non si parla mai della difficoltà del rientro: io dovevo tornare al lavoro il giorno seguente al termine della gara, con tutta la fatica accumulata nei giorni precedenti. Da direttore di un supermercato, sono fortunato nel potermi gestire in autonomia le ore di lavoro, ma sono comunque molte: spesso cerco di gareggiare durante le ferie, nelle vacanze che organizzo con la mia famiglia, prendendomi qualche giorno per le competizioni. È difficile coordinare lo sport che pratico con il lavoro e la vita privata, ma con i miei sforzi spero di poter comunicare a mio figlio, che ora ha quattro anni, che è sempre possibile seguire i propri sogni e le proprie passioni” conclude.

Rosa Mosso

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