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Politica | 19 maggio 2022, 21:01

Giustizia, la Lega spinge sul "suo" referendum: «È uno dei più importanti della storia repubblicana»

Un CSM senza correnti, valutazioni più eque, separazione delle carriere dei magistrati, stop agli abusi cautelari ed abolizione della legge Severino: quesito per quesito la vicepresidente del consiglio regionale (e avvocato) Francesca Brianza ha spiegato oggi la posizione del partito, il primo promotore della consultazione indetta per il 12 giugno

Giustizia, la Lega spinge sul "suo" referendum: «È uno dei più importanti della storia repubblicana»

Un CSM «senza correnti», una valutazione dei magistrati «più equa», carriere separate fra inquirenti e giudicanti, stop «all’abuso» delle misure cautelari e abrogazione della legge Severino, «che oggi come oggi anticipa la pena».

La Lega scende in campo per il referendum sulla Giustizia, il suo referendum, «uno dei più importanti della storia repubblicana». Lo fa con un incontro nella sua sede varesina, presieduto dalla vicepresidente del consiglio regionale, Francesca Brianza, nella doppia vesta di politica e avvocato.

E lo fa denunciando innanzitutto il «silenzio assordante» sulla consultazione: «Nessuno ne parla, nessuno fa cenno al 12 giugno, favorendo così il disinteresse collettivo - esordiscono la stessa Brianza e il commissario varesino Marco Bordonaro - Il nostro obiettivo è allora quello di usare bene i prossimi 20 giorni, con l’obiettivo di far capire a tutti che il referendum andrà a toccare argomenti importanti e di grande necessità, oltre a poter fungere da stimolo anche per l’attività politica».

Sì, perché una riforma della Giustizia in Parlamento c’è già ed è quella promossa dal ministro Marta Cartabia. Il testo ha superato la prova della Camera ed è atteso al Senato per il 14 giugno, proprio due giorni dopo la chiamata referendaria: «La riforma faccia il suo corso, anche se la giudichiamo limitata e non in grado di mettere davvero mano al sistema - dichiara Brianza - Per scardinarlo davvero bisogna iniziare dalle piccole cose. Il 12 giugno avremo una responsabilità enorme: il mal di pancia della magistratura, testimoniato dal recente sciopero, ci fa capire che i nostri quesiti possono davvero colpire nel segno».

La riforma del CSM

L’esponente leghista illustra la posizione dei promotori (tra essi anche i Radicali) su ognuno dei cinque temi che saranno oggetto della consultazione popolare. A cominciare dalla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, organo pre-costituzionale (è nato nel 1907) di governo della magistratura che ha un terzo dei suoi membri (8, quelli non togati) eletti dal Parlamento. In discussione ci sono appunto le modalità di presentazione della candidatura dei membri non togati (ovvero avvocati e professori universitari), modalità che oggi prevedono l’esibizione di un numero variabile (da 25 a 50) di firme di sostegno: «Questa regola porta la necessità - afferma Brianza - di essere vicino alle correnti politiche se si vuole essere eletti e costituisce la base per future ingerenze e quindi per il venir meno dell’indipendenza dei magistrati. Noi vogliamo tornare al vecchio sistema: basta firme, candidatura libera».

Equa valutazione dei magistrati e separazione della carriere

Il secondo quesito riguarderà la valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati, oggi affidata ai consigli giudiziari territoriali, composti sia da magistrati che da membri laici (non togati: avvocati e professori universitari). Alle valutazioni di cui sopra, però, i membri non togati partecipano solo da “spettatori”, non possono cioè prendere parte alla discussioni e soprattutto alle votazioni. In pratica solo i magistrati possono decidere di altri magistrati. Un problema da risolvere per la Lega: «Il 95% della valutazioni è positivo, chiediamoci il perché - arringa Brianza - E le dimensioni della questione si colgono se si pensa che queste valutazioni sono necessarie per gli avanzamenti di carriera. Con evidenti storture, perché anche i magistrati che abbandonano per dedicarsi alla politica vengono giudicati in questo modo: eclatante è il caso di Anna Finocchiaro, entrata in Parlamento nel 1995 eppure sottoposta a tutti gli avanzamenti. Noi allora chiediamo che la componente laica possa esprimere il suo voto in ogni valutazione». Per inciso, anche la riforma Cartabia è in procinto di intervenire sul tema, con la previsione di un “fascicolo delle performance”: «Riteniamo la soluzione troppo mediata», conclude sul tema la vicepresidente del consiglio lombardo.

Annosa la questione della separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti, in discussione ormai da 20 anni (un referendum del 2000 non raggiunse il quorum): «Bisogna porre un freno alla situazione - continua Brianza - Si scelga all’inizio della carriera dove stare e non si cambi più: in America, per esempio, è cosa pacifica. La riforma, nel testo attuale, prevede un solo passaggio nei primi dieci anni: perché non togliere dall’imbarazzo il Parlamento ed eliminare del tutto il conflitto di interessi?».

Custodia cautelare e Legge Severino

Sulla custodia cautelare, Brianza parte da alcuni dati: «La popolazione carceraria italiana è oggi di 4000 unità superiore alla capienza massima degli istituti di pena. E un terzo dei carcerati è ancora in attesa del giudizio definitivo, addirittura 7500 persone sono in attesa di primo giudizio. C’è di più: ogni anno in Italia 1000 persone vengono riconosciute idonee di un risarcimento per ingiusta detenzione, con un costo per lo Stato che si aggira sugli 800 milioni di euro». Da qui la richiesta referendaria di evitare “gli abusi” nell’adozione delle misure cautelari (non solo quella in carcere) destinandola solo ai reati più gravi e togliendo dalle motivazioni per la sua applicazione la possibile “reiterazione del medesimo reato”. «La custodia cautelare spesso anticipa la condanna e devasta la vita di uomini e donne che alla fine vengono riconosciuti innocenti».

Da ultimo la legge Severino, ovvero quella serie di norme che prevedono l’incandidabilità, ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale, basta anche una condanna in primo grado non definitiva per l’attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi. La Lega contesta l’automatismo da essa introdotto: «Anche in questo caso è come se si anticipasse la pena - conclude Brianza - producendo effetti e ingerenze importanti nella vita politica. Con l’abolizione chiediamo che venga restituita ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici».

Fabio Gandini

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