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Sport | 19 febbraio 2022, 19:08

Dal “professorino” Cadeo all’oro del Re Mida olandese: quando Varese si mette in striscia...

Che negli ultimi tempi stia succedendo qualcosa di clamoroso lo dice anche l’almanacco: solo 9 volte nelle ultime 23 stagioni una versione biancorossa è stata capace di infilare una quantità di sorrisi in serie (o intervallati da una sola sconfitta) lunga quanto o più lunga di quella attuale, facendosi notare da tutta l’Italia del basket. Ecco quando

Dal “professorino” Cadeo all’oro del Re Mida olandese: quando Varese si mette in striscia...

A volte sono state prove di forza ab origine, baldanzose e inequivocabili manifestazioni di tracotanza sul resto delle contendenti. E o son diventati scudetti stellari, o stagioni “Indimenticabili”.

Più spesso, in questo lungo Medioevo, sono risultate invece resurrezioni al limite del metafisico: cammini disgraziati e pericolanti, impastati dalla paura, trasformatisi in cavalcate semi-trionfali.

Di certo quando Varese si mette in striscia c’è sempre qualcosa da ricordare.

Il prodotto della rivoluzione improntata dal Re Mida olandese Johan Roijakkers, una svolta da 5 scalpi su 6 incontri (due volte ko Venezia e Trento, mentre ieri è toccato alla Reggio Emilia di Attilio Caja) è qualcosa di più unico che raro non solo per le modalità con cui si sta materializzando, ma soprattutto perché sotto alle Prealpi del basket accade assai raramente di assistere a così tante vittorie racchiuse in un ristretto ambito temporale. 

Quanto raramente? Precisamente solo 9 volte nelle ultime 23 stagioni una Varese è stata capace di infilare una quantità di sorrisi in serie (o intervallati da una sola sconfitta) lunga quanto o più lunga di quella attuale, peraltro ancora aperta (si accettano scongiuri).

Siamo andati a controllare. E ci abbiamo trovato (ovviamente) l’impresa dei Roosters e quella del 2012/2013, ma anche i piccoli miracoli di Dodo Rusconi, Giulio Cadeo, Ruben Magnano e del Carlo Recalcati bis, fino alle cavalcate firmate da “Artiglio” Caja. Un minimo comun denominatore? La passione travolgente che esplode nel cuore dei tifosi, la febbre che sale, quel delirio di onnipotenza - vero o presunto - che talvolta arriva a guarire ogni ferita.

Ecco quando e come, in questo secolo (e poco prima...), Varese è stata capace di catturare l’attenzione del basket italiano con i suoi risultati.

1998/1999

Gli uomini di Carlo Recalcati infilano una striscia da 15 vittorie su 16 partite a inizio stagione, dalla prima giornata di andata (contro Gorizia) fino alla 2°di ritorno (vittoria contro Pistoia), lasciando i due punti nel mentre solo alla Mash Verona, a Masnago, e mettendo subito in chiaro di voler scrivere una storia memorabile sul campo. Il girone di ritorno pur rimanendo estremamente positivo fa segnare qualche capitombolo in più, prima di un’altra scarica di vittorie proprio in concomitanza dell’assegnazione del titolo: 7/8, dai quarti di finale contro Rimini fino al fatidico 3-0 sulla Benetton Treviso, con l’unica sconfitta inflitta da un canestro di Alessandro Abbio allo scadere sul parquet del Lino Oldrini in gara 3 di semifinale.

2002/2003

Salto in avanti di quattro stagioni. In panchina c’è una delle colonne portanti dell’epopea locale, Dodo Rusconi, arrivato a sostituire il francese Gregor Beugnot. In campo c’è tanta, altra “storia”, in alcuni casi sulla via del tramonto: da Andrea Meneghin a Cecco Vescovi ad Alessandro De Pol a Cristiano Zanus Fortes, oltre al bomber sloveno Boris Gorenc. Non basta, però, a entusiasmare: prima dell’avvento del Dodo la Metis è quattordicesima. Con lui, sei hurrà nelle ultime otto occasioni, partecipazione in extremis ai playoff e scalpo della Pippo Milano agli ottavi di finale, con il celebre canestro di Rusty La Rue in gara 3 che espugna il PalaLido.

2003/2004

Chi la fa l’aspetti, potrebbe pensare qualcuno. E infatti stavolta è Rusconi a far saltare i nervi al patron Gianfranco Castiglioni e consiglieri vari: dopo 2 vittorie su 7 incontri, la bandiera viene ammainata a favore di Giulio Cadeo, fino quel momento distintosi solo nelle giovanili della società. È un miracolo tra i meno attesi di sempre: la mano del “professorino” riesce a cambiare la testa della squadra, guidata in campo dallo Sceriffo Jerry McCullough, producendo tra l’ottava e la penultima giornata di andata la bellezza di 9 successi consecutivi. Scontati i playoff a fine anno, ma contro una Siena già molto forte (0-3).

2005/2006

La prima del Tango ballato da Ruben Magnano sul soglio prealpino non è memorabile: niente post-season. Un peccato, perché alla seconda di ritorno Varese è ottava, ma a soli 4 punti dalla coppia di testa formata da Napoli e Montepaschi Siena. Merito di 5 vittorie su 6 partite a cavallo tra tredicesima di andata e seconda di ritorno e di un girone di andata in generale molto positivo. I vari Collins, Hafnar e Garnett (per lui più bassi che alti) alla lunga tuttavia non si dimostrano all’altezza delle primissime posizioni di un campionato difficile: la Whirlpool finisce decima.

2006/2007

L’anno dopo il Ruben olimpico si prende ciò che gli spetta: Varese finisce settima e dà filo da torcere a Milano nei quarti di finale (1-3). A viaggiare sui parquet italiani una delle formazioni più interessanti di quell'epoca: dietro al bomber Delonte Holland, ci sono la sagacia in regia di Keys, l’intelligenza di Carter, la classe di Jack Galanda, i salti di Rolando Howell e i muscoli di Gabi Fernandez, con De Pol, Hafnar e Capin a fare da utile contorno. Qui la striscia è un 6/7, dalla quarta fino alla decima giornata.

2010/2011

In questo caso è Carlo Recalcati a lasciare le ultime pennellate varesine della sua arte. I vari Goss, Slay, Kangur (prima versione) e Galanda (ultima versione) ci mettono un po’ a ingranare: alla terza di ritorno Varese è terzultima. Arriva Rok Stipcevic e cambia tutto: 7 vittorie su 9 gare e playoff in carrozza (poi 0-3 senza appello da Cantù).

2012/2013

Cosa c’è di più “Indimenticabile” di nove vittorie consecutive (giornate 1-9) seguite da altri 5 successi su sei gare? La prima parte di annata disegnata dalla truppa di Frank Vitucci è un capolavoro (e zero sono anche le sconfitte nelle amichevoli estive…), la seconda è una conferma. La sfortuna, gli arbitri, il marcio toscano: solo fattori esterni hanno potuto qualcosa quell’anno nel fermare il destino…

2016/2017

Epoca “moderna” e la firma non può che essere di Attilio Caja. Quando rileva la squadra da Paolo Moretti, l’Artiglio la trova terzultima, con 4 vittorie su 12. Poi lui stesso ci mette un po’ a ingranare: alla 5° di ritorno la Openjobmetis ha toccato il fondo (ultima con Cremona a quota 12). Da lì però il crescendo è rossiniano: il ruolino dice 7/8, trascinati dalla difesa, dalle bombe di Dominique Johnson e dalla regia di un Eric Maynor ritrovato. Playoff sfiorati….

2017/2018

… e colti l’anno dopo, a sintesi di uno dei più clamorosi “come back” della storia del basket italiano. Cain e soci a fine andata sono di nuovo ultimi, a sintesi di un girone in cui la squadra di Caja semina tanto ma raccoglie poco. Qualche aggiustamento (Vene, Larson) e qualche esplosione (Avramovic) e l’ultima piazza quindici giornate dopo è diventa la sesta, con qualificazione playoff inclusa. La striscia più lunga è di 8 vittorie consecutive, il girone di ritorno è in generale una sinfonia da 12 w su 15 gare.

Fabio Gandini

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