La rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica con 759 voti avrà come conseguenza, sul piano politico, la disarticolazione delle coalizioni, almeno così come eravamo abituati a concepirle.
Il centrodestra destra nell’accezione convenzionale Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia non esiste più.
I tre partiti avevano la possibilità di essere determinanti nell’elezione del Capo dello Stato, ma chi si è posto come king maker dell’operazione, Matteo Salvini, segretario della Lega, non ha saputo svolgere quel ruolo di mediazione richiesto: la coalizione è andata in ordine sparso col risultato che si è visto ieri sera.
Nella Lega da domani voleranno gli stracci e non è escluso che, ancora una volta, si possa profilare una resa dei conti interna col cambio della leadership.
Forza Italia, essendo Silvio Berlusconi limitato nell’iniziative da acciacchi di salute e dall’anagrafe, appare allo sbando e in cerca (non da oggi) di una nuova identità che tarda però a manifestarsi.
Il numero due del partito, Antonio Tajani, ha parlato di un rafforzamento dell’area che fa riferimento alla grande famiglia europea del Ppe (Partito Popolare), con ciò lasciando intendere di voler sempre più prendere le distanze dal percorso sovranista di Lega e Fratelli d’Italia.
L’unico partito del centrodestra a risultare in condizioni migliori è Fratelli d’Italia, che sposterà però ulteriormente il suo baricentro verso destra, lasciando libera l’area centrista nella quale vi sono oggi molti colonelli che sognano di diventare generali, ma senza truppe.
Non che sul fronte del centrosinistra le cose siano messe meglio.
Il Pd è stato ancora una volta dilaniato dalle lotte correntizie, che il segretario Enrico Letta ha faticato non poco a tenere a bada.
La vicenda del Quirinale ha inoltre certificato che appare impossibile un’alleanza organica tra Pd e Movimento 5 Stelle, essendo quest’ultimo in fase di inarrestabile sbando, in balìa degli istinti di sopravvivenza dei suoi esponenti parlamentari, e privo di qualsivoglia linea politica unitaria.
Ci sono eventi di portata tale – e questa elezione è uno di quelli - che inevitabilmente si riverberano sul piano locale.
E allora è lecito chiedersi, quando mancano pochi mesi alle elezioni amministrative, che succederà?
Quale ruolo avranno ancora i partiti quando già gran parte delle alleanze amministrative si affidavano a rassemblement civici?
E ancora: che ne sarà di due partiti, Lega e Movimento 5 Stelle, che nel Cuneese nelle scorse tornate elettorale avevano raccolto percentuali bulgare?
Ma lo stesso interrogativo vale per Forza Italia e per il Partito Democratico perché se Atene piange, Sparta di certo non ride.
Gli unici, oggi, ad essere messi (elettoralmente) meglio sembrano essere i Fratelli d’Italia perché lo stare all’opposizione in questo momento paga.
Ma – per restare in ambito locale -, oltre a Guido Crosetto, divenuto quasi un’icona dopo i consensi ricevuti per il Quirinale, qual è la classe dirigente che FdI può mandare in campo a Cuneo, piuttosto che a Mondovì o a Savigliano?
Sono dunque tanti gli interrogativi aperti, a Roma come nella Granda, dopo quel che è successo ieri in Parlamento.
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