Si è chiuso con una sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Cuneo in composizione collegiale il processo per bancorotta fraudolenta contro gli vertici del pastificio Monte Regale srl di Mondovì, dichiarato fallito nel 2012.
Gli imputati, tutti assolti, erano G.A. e R.A., marchigiani, ex membri del consiglio di amministrazione della “Monte Regale”, accusati di bancarotta fraudolenta documentale. Con loro anche S.F. e M.C., ex membri del collegio sindacale, perché non avrebbero vigilato sulla corretta gestione della società; R.M., titolare di altra scoietà, fornitore e socio della Monte Regale per concorso in bancarotta preferenziale, e P.C.R, commercialista.
Durante la requisitoria, il pubblico ministero ha chiesto al Collegio il proscioglimento di tutti gli imputati. Una richiesta, questa, derivata da alcuni elementi emersi a seguito della relazione redatta dal consulente tecnico d'ufficio (Ctu) nominato dal Tribunale come terzo fra le consulenze di accusa e difesa.
Come esposto il curatore fallimentare, a cavallo tra il 2006 e il 2008 Monte Regale aveva cambiato due volte i criteri di valutazione del magazzino a fronte di un’ondata speculativa sui prezzi del grano. Scelta che doveva essere strutturale e invece l’anno successivo fu revocata. Operazioni, queste, che il Ctu ha sostenuto essere fondate. Nel 2008 la contaminazione della farina di semola fornita dalla ditta della “A. snc” comportò una grave crisi finanziaria perché alcuni dei principali clienti rimandarono indietro il prodotto.
Due anni dopo, la contestata distrazione di oltre 5mila tonnellate di pasta vendute ad una azienda agricola di mangimi per animali per un decimo del prezzo precedente, e che portò alla perdita di oltre 7 milioni di euro. A quel punto la “Monte Regale” non era più in grado di continuare.
Nel 2012 fu presentata la domanda di concordato preventivo e fu stipulato un contratto di affitto con altra società “svantaggioso” per la “Monte Regale”. La perizia redatta dal consulente aveva contestato due passaggi che avevano giustificato l’ipotesi di bancarotta fraudolenta per un’operazione di milioni di euro. La Monte Regale stava collassando. Per correre ai ripari aveva iscritto un credito sopravvenuto per 6,4 milioni di euro. Per il curatore, questa, era un’operazione che valeva zero. Il concordato preventivo si chiuse dunque per fusione, perché il pastificio monregalese aveva incorporato un altro pastificio. Dunque, era stata portata avanti un’iniziativa deficitaria ereditata. Per i sindaci S.F. e M.C.e gli amministratori G.A. e R.A. il pubblico ministero ha chiesto su questa imputazione l’assoluzione con formula piena.
Lo smaltimento delle 5mila tonnellate di pasta contaminata Barilla c’è stato, ma in sede: i fratelli G.A. e R.A. erano di Macerata ed erano presenti solo ogni tanto. Anche la variazione dei criteri di ammortamento rientrava nelle possibilità tecniche, secondo il Ctu.
La posizione di R.M. doveva rientrare di liquidità, non era però un’operazione ordinaria perché solitamente il fornitore non ha titolo per controllare cosa fa il cliente, né per farsi dare a incasso i crediti. I giudici hanno stabilito l’insussistenza del fatto per la posizione di P.C.R., commercialista, che il 22 giugno 2012 aveva attestato la proposta di concordato preventivo avanzata da Monte Regale.
Nel 2008 il Governo Berlusconi aveva previsto che nella gestione della crisi d’impresa le spese effettuate per operazioni di salvataggio fossero in “prededuzione”, cioè venissero pagate prima di qualsiasi altro creditore; nel 2012, con Monti, quella norma cambiò. Non si poteva applicare retroattivamente, però, da codice, c’è una norma (art 481 cp) che prevede il falso ideologico per queste fattispecie. La mancata menzione nel piano di un’ipoteca da 5 milioni per crediti erariali di per sé non incideva sulla fattibilità, non essendo un’ipoteca di primo grado (c’erano prima gli altri creditori: i crediti erariali sono privilegiati ma non in prededuzione).
Nell’imminenza della dichiarazione di fallimento si era stipulato un affitto da 5+5 anni ad altra società: un complesso stimato non meno di 25 milioni di euro viene dato per 80mila euro l’anno. Per cinque anni il curatore ha trovato questa situazione in corso, per questo a P.C.R. è stato contestato che non fosse praticabile il concordato preventivo, essendo l’azienda vincolata da un contratto di locazione. Il Ctu però ha sostenuto che l’operazione non fosse dissipativa, facendo così cadere l’accusa di bancarotta fraudolenta.
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