Bocciata dal Consiglio nazionale l’iniziativa anti dumping “Prima i nostri” che dichiarava illegittimi i licenziamenti seguiti da assunzioni a retribuzioni più basse, approvata dal 58 per cento degli elettori ticinesi.
Essendo la materia di competenza federale, il Gran Consiglio, aveva inoltrato al Consiglio nazionale una richiesta di modifica al Codice delle obbligazioni che consentisse di recepire la richiesta popolare. L’articolo 336 del codice, questa la proposta del parlamento cantonale, avrebbe dovuto essere riformato stabilendo che la disdetta del datore di lavoro sarebbe stata abusiva se ha “l’obiettivo di sostituire il dipendente licenziato con un altro lavoratore che, a parità di qualifiche, percepisce un salario inferiore”. Oppure dopo il “rifiuto del dipendente di accettare sensibili riduzioni di salario a causa di un forte afflusso di mano d’opera sul mercato del lavoro (dumping salariale)”. Una norma che favorisce oggettivamente i residenti nelle province italiane di confine dove il costo della vita è inferiore a quello del Canton Ticino.
Pur riconoscendo la situazione particolare del Ticino, la presidente della competente commissione parlamentare Judith Bellaiche, ha sostenuto, motivando la bocciatura, come non sia giustificato modificare il diritto del lavoro a livello nazionale per rispondere alle esigenze di una sola regione. In determinati casi, ha aggiunto, le disdette motivate da modifiche di contratto possono svolgere un ruolo importante per conservare il posto di lavoro.
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