"Non siamo noi ad essere cambiati, ma il M5S di Torino e nazionale". E’ questo il giudizio unanime, alla fine del mandato di Chiara Appendino, dei quattro consiglieri che in questi anni hanno lasciato la maggioranza pentastellata.
Montalbano: "Minestra riscaldata: non sono più credibili"
La prima in ordine di tempo è stata Deborah Montalbano, che dopo essere stata seduta tra i banchi della minoranza con il gruppo “Uscita di Sicurezza”, ha aderito al movimento politico del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, Dem.A. E il suo commento è duro ora, come all’epoca: ”La minestra a forza di riscaldarla e ricucinarla, diventa indigesta. Non sono più credibili, Conte o Non Conte”.
Pollicino: "Ci siamo ritrovati ad agire come le amministrazioni precedenti, da Iren a Cavallerizza"
Seconda a passare nei banchi della minoranza, nel luglio 2019, Marina Pollicino. Etichettata come “dissidente” – insieme ai colleghi Daniela Albano, Damiano Carretto, Viviana Ferrero e Maura Paoli – per aver tenuto fede al no originario del M5S alle Olimpiadi invernali bis, lascia la maggioranza dopo le dimissioni forzate dell’ex vicesindaco Guido Montanari per le frasi sul Salone dell’auto. “Non mi aspettavo -spiega - che Appendino riproponesse le Olimpiadi. Ci fu una contrapposizione fortissima fra i consiglieri della maggioranza e da lì le prime forti lacerazioni interne. Fino al coup de theatre della telefonata di Grillo durante l’assemblea attivisti, fatta con lo scopo di piegare la resistenza dei disallineati: per me, moralmente, fu ceffone in pieno viso”.
E nella corsa ai Cinque Cerchi all’epoca la prima cittadina incassò anche la blindatura di Luigi Di Maio, che attaccò duramente Pollicino e gli altri, definendoli “i “nemici della contentezza”, che volevano trasformare "l’Appendino nella Sindaca del No”. “Per come la vedo io, - replica Pollicino - non sarebbe stato complicato ribaltare la comunicazione mediatica, rivendicando coraggiosamente quei no e trasformandoli nella qualità caratterizzante il suo mandato, in nome del cambiamento che avevamo promesso in campagna elettorale. In fondo, se penso a come poi sia stato liquidato il ministro allo sport Spadafora, già allora era palese che, al di là degli annunci, il progetto olimpico sarebbe stato trattato e finanziato esattamente come in passato".
“Invece – spiega la consigliera di minoranza - ci siamo ritrovati a dover agire nel solco delle amministrazioni precedenti, dalla vendita delle azioni Iren alla svendita della Cavallerizza. Malgrado tutto ho avuto la soddisfazione di aver visto approvato un atto a difesa dell’unitarietà del sistema di istruzione nazionale contro le richieste di autonomia differenziata, il cosiddetto federalismo scolastico, legato alle risorse dei territori e in grado di disarticolare i CCN”.
Curatella: "Mancata visione strategica per Torino, utilizzato le periferie solo a livello di slogan elettorale"
Terzo in ordine di tempo a lasciare il M5S Torino Aldo Curatella che, passato ad “Azione” di Carlo Calenda, sarà l’unico del gruppo che dovrebbe ricandidarsi alle Comunali 2021. “Sin dai primi mesi di questa amministrazione – spiega - è stato chiaro che ci fosse una profonda differenza con gli intenti dichiarati in campagna elettorale: non era più possibile, e spesso neanche ammesso, discutere nel merito delle problematiche dei cittadini, soprattutto se questo voleva dire mettere in evidenza i problemi generati dalle azioni, o più spesso delle mancate azioni”.
Per Curatella, tra gli esempi di una gestione fallimentare dell’amministrazione Appendino, la questione dell’anagrafe e dei senza fissa dimora. “E’ mancata una visione strategica di Torino, agendo spesso pensando solo all’ordinaria amministrazione e utilizzando le periferie solo a livello di slogan elettorale”, conclude.
Carretto: "M5S ricorda tanto la DC"
Ultimo ad abbandonare i pentastellati è stato Damiano Carretto che, alla luce delle posizioni assunte in questi anni, è spesso stato etichettato come “minoranza in maggioranza”. “Il mio percorso politico -spiega - e quello del M5S si sono allontanati, sia a livello nazionale che locale, fino a diventare in larga parte incompatibili: non rinnego nulla però di quanto fatto”.
Per Carretto, il Movimento, una volta arrivato al governo, ha abdicato a molte battaglie storiche come Tav e Tap, “sacrificandole sull'altare dei compromessi di governo. A livello locale, come non ricordare la fesseria delle Olimpiadi, la prosecuzione dei progetti Westinghouse e Palazzo del Lavoro e, per finire, la scandalosa gestione della vicenda Cavallerizza”. “Posso serenamente affermare di non essere io quello che è cambiato, ma è il Movimento che ha, ormai, snaturato se stesso trasformandosi in un partito di centro moderato che ricorda tanto la DC, senza avere lontanamente le capacità politiche dei democristiani storici”, conclude.
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