Si è spento al cospetto del Monte Bianco nella sua casa di legno e pietra che da sempre aveva sognato di avere a La Salle. Ottantatreenne, l’alpinista pinerolese Michele Ghirardi è morto la scorsa settimana nel paese della Valle d’Aosta, dove desiderava da tempo trasferirsi e dove era giunto per lavorare con Toni Gobbi a Coumayeur, negozio di articoli alpini con libreria di montagna che è stato un punto di ritrovo internazionale per gli amanti dell’alta quota. Proprio oggi la sezione pinerolese del Cai ricorda con affetto Ghirardi che qui, attraverso le sue imprese, ha legato il suo nome ad alcune delle salite più impegnative al Monte Cristalliera e ha lasciato molti amici, coi quali condivideva memorabili momenti di festa del dopo salita.
Marco Conti è stato uno dei suoi compagni di avventura di “Miclin” e non dimentica le imprese. Una delle ultime volte che si sono visti è stato poco tempo fa al funerale di Annelise Rochat che, nata a Torre Pellice, è stata un’altra delle stelle dell’alpinismo italiano: la prima donna a entrare nel Gruppo Accademico Occidentale. «Onorificenza assegnata raramente a soci del Cai che si distinguono per almeno cinque anni di attività estrema, Michele aveva ottenuto il titolo di Accademico negli anni Settanta. È stato il secondo pinerolese a riceverla dopo Giorgio Griva» spiega Marco Conti che entrerà a far parte del ristretto Gruppo accademico, assieme a un altro Pinerolese, Umberto Valocchi, più tardi nel 1991.
Se il profilo del Monte Bianco è stato uno degli ultimi su cui ha posato gli occhi Ghirardi, all’esordio della sua avventura alpinistica ha contato molto quello della Cristalliera: nel 1967 aprì la famosa via Ghirardi-Gay, che poi venne affrontata da molti protagonisti della storia dell’alpinismo italiano come Gian Piero Motti, il teorico del “Nuovo Mattino” movimento che rivoluzionò il mondo della scalata. Sempre sulla Cristalliera fu protagonista dell’apertura del diedro Ghirardi-Sessane-Rivoira.
Ghirardi non sapeva solo scalare le montagne, le sapeva anche raccontare, così come ricorda Conti: «Ha lavorato per più di trent’anni in negozi sportivi, dove era sempre generoso di informazioni non solo tecniche sugli strumenti e i materiali ma anche relative alle caratteristiche delle salite e alle condizioni delle pareti. Tutti passavamo da lui desiderosi di sapere, soprattutto negli anni in cui lavorava al mitico Ravelli di Torino». Oltre che nel punto vendita del capoluogo, considerato il negozio-salotto dell’alpinismo, aveva lavorato anche da Bianchi Sport a Pinerolo.
La disponibilità a condividere la sua esperienza l’aveva portato a partecipare alla fondazione nel 1964 della Scuola Guido Bosco di Pinerolo per l’alpinismo e l’arrampicata. «L’esperienza della scuola fu gloriosa – ricorda Conti –. Fu una delle prime a nascere in Italia, subito dopo la Gervasutti di Torino. Lui la diresse per oltre vent’anni». Ghirardi insegnò come conoscere la montagna a molte persone: «Sono tante le “tracce” che ci ha lasciato sulle più disparate cime, salendo non solo con i compagni alla tua altezza, ma soprattutto con quelli più “deboli” che amava sempre coinvolgere».
La brillantezza delle sue battute sempre pronte, la verve speciale, sono le caratteristiche che più affascinavano i suoi compagni di cordata e delle feste dopo salita. «Michele spazzava via lo stereotipo dell’alpinista chiuso, solitario e austero – rivela Conti –. Era portato per il divertimento e per la condivisione con gli amici: memorabili le sue cene condite di aneddoti, con la polenta dai contorni speciali, le preziose insalate e il vino buono. Sono momenti irrinunciabili nella vita così come nell’alpinismo e nell’arrampicata».
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