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Sport | 11 maggio 2020, 16:20

VARESE CAMPIONE D'ITALIA. 11/05/1999-11/05/2020: ventuno anni e ventun motivi per non dimenticare la nostra Stella

Un'ora e mezza per entrare in curva. Il "concerto" assordante di seimila trombette. La canotta insanguinata del Poz. I 21 punti, gli 11 rimbalzi, le 6 palle recuperate di Sandrino De Pol. L'urlo dello speaker e quello di Franco Ferraro. Il sorriso di Cecco. I led alle fermate del pullman: "Varese campione d'Italia". Il saluto preferito da Charlie: "Buon 11 maggio, coach"

VARESE CAMPIONE D'ITALIA. 11/05/1999-11/05/2020: ventuno anni e ventun motivi per non dimenticare la nostra Stella

11 maggio 1999-11 maggio 2020: sono passati ventuno anni. E allora ventuno sono anche i (nostri) motivi per ricordare quel giorno indimenticabile. Eccoli.

1) GARA 2
Ogni inizio ha una fine che lo ha preceduto, ne ha determinato il senso e lo ha reso possibile. L’11 maggio 1999 è passato soprattutto dal 9 maggio 1999, gara 2, il “ratto” di Treviso, l’impresa (in stagione regolare fu -50…) diventata realtà, il riassunto di un’intera stagione da “atipici” al potere: vedere Jack Galanda battere in palleggio (o dardeggiare da sette metri) Rebraca, Marconato e compagnia giocante (ovvero i migliori lunghi del campionato) per credere.

2) LA CODA
Un’ora e mezza per entrare in curva, poco di meno in Galleria, serpentoni segnalati anche ai varchi dei settori meno popolari. E, 60 minuti prima dell’inizio del match, PalaIgnis già esaurito in ogni ordine di posto. Che dite, lo aspettavamo un poco quel giorno?

3) LE TROMBETTE
Raramente avevano fatto la loro comparsa al Lino Oldrini prima, raramente si sarebbero ripetute dopo. Prima di loro solo i cori della curva e i rumori della gente, dopo di loro - nell’età “moderna” - sarebbe arrivata la musica. Quella sera, però, fu uno “scornacchiante” concerto lungo 3 ore: se chiudi gli occhi, ti pare ancora di sentirlo quel rumore così stonato e indistinto. Estenuante. Entusiasmante.

4) IL MILAN
Oggi come oggi diventa fatto degno di finire nelle cronache di contorno dei match la presenza, nel parterre dell’Enerxenia Arena, di una influencer di Instagram o di qualche altra sgallettata (o sgallettato). A quell’epoca, per quelle finali, a Masnago si presentava - così, tanto per dire - il Milan: Costacurta (e gentil consorte Colombari), Ambrosini, Albertini, Zaccheroni. E, attenzione, l’annotazione e il relativo vanto non trovano genesi in qualsivoglia fede calcistica: ci fosse stata la Juve o l’Inter, uguale sarebbe stato. È giusto per ricordarsi cosa eravamo diventati quell’anno…

5) PALLA AL POZ
Prime sei o sette azioni: Gianmarco Pozzecco non molla la palla nemmeno se gliela chiedono con protocollo ministeriale. Egoista? Quel giusto. Campione? Sicuro. I suoi compagni? Un’orchestra in cui tre, quattro altri potenziali solisti - che nulla avrebbero da invidiare all’ometto con i capelli rossi - proteggono il loro piccolo genio, rendono esponenziali le sue giocate, le correggono quando necessario e aspettano pazientemente il loro momento per colpire. In una frase - e in un allenatore che rendeva possibile tutto questo - uno dei segreti di quell’incredibile cammino. 

6) DADO, OH DADO…
«Treviso sta giocando davvero bene…», «Treviso questa sera può mettere in difficoltà Varese», «Non date per morta Treviso, è superiore…» (Dado Lombardi ai microfoni Rai durante la telecronaca di Gara 3). Nulla contro il mitico Dadone eh, ma le sue parole, ripetute finché l’evidenza non lo ha costretto al silenzio sull’argomento, simboleggiavano quella parte (non trascurabile) del basket italiano che non credeva possibile la vittoria di quello Scudetto e ha provato a sostenere la razionalità fino all’ultimo secondo, invece di lasciarsi travolgere dal colorato vortice della fantasia…

7) IL SANGUE DEI VINCITORI 
Marcelo Nicola rompe il naso a Pozzecco, la canotta di quest’ultimo si lorda di sangue. Ma qualcuno ha poi mai detto al buon Nicolone che ci ha fatto un gran favore con quella gomitata? Il suo gesto ha izzato la revanche del Poz, ha messo in partita i suoi compagni e ha corroborato la fame di un’intera arena: ci fosse stato anche un solo, ultimo dubbio su chi avrebbe vinto il tricolore, a quel punto è svanito per sempre.

8) BULLETTO PERDENTE
Peraltro, nella memoria di molti è rimasta anche l’immagine del volto dello stesso Nicola dopo il fattaccio e durante tutto il resto della partita (ci fu anche un’altra gomitata, stavolta ai danni di Galanda): un bulletto in stile Bronx anni ’70 che nascondeva con l’aitanza della mascella tutto lo spaesamento del momento, oltre a una ben chiara consapevolezza: avere già perso. 

9) HO VISTO SANDRINO
21 punti, 11 rimbalzi, 6 palle recuperate (sei eh), 1 assist, 36 di valutazione… E poi c’era lui, tale Sandro De Pol, mix di sostanza e intraprendenza che in quell’undici maggio ha voluto mettere i puntini sulle “i” di una crescita spaventosa. Arrivato brutto anatroccolo, ripartito cigno (e uomo mercato più desiderato dell’estate 1999… ahinoi..): in mezzo, uno scudetto.

10) IT’S RAINING TRIPLE
Saranno sicuramente diversi e variegati i ricordi tecnici di quella gara 3, ma scommettiamo che un po’ tutti rammentano la gragnuola di triple che si è abbattuta sulla Benetton nel secondo tempo, a spaccare la contesa: Vescovi, De Pol, Mrsic (che in fin lì era restato all’asciutto), Pozzecco… Consiglio: andatevi a rivedere il filmato su Youtube e ascoltate il boato del palazzetto dopo ogni tripla. È una valida medicina per tante patologie, ve lo assicuriamo. 

11) 6000 ANIME
«Aprite le porte del palazzetto per favore, aprite le porte del palazzetto…». A un certo punto, sempre durante la ripresa, l’indimenticabile speaker Massimo Miccoli è costretto a un’accorata comunicazione di servizio: fa troppo caldo, i giocatori non respirano più, il parquet è diventato un lago di sudore e condensa… Ecco, non l’ha mai accertato nessuno, ma siamo fermamente conviti che le presenze in piazzale Gramsci quella sera abbiano abbondantemente superato le 6000 anime. Altro che 5107 posti a sedere e misure di sicurezza varie… 

12) FRANCO E LA REGINA D’INGHILTERRA
«E ora mi rivolgo a tutti i soloni… Dio vi perdoni, io non posso farlo» (Franco Ferraro, Rete 55, più o meno un minuto prima della sirena finale). Caro Franco, non sappiamo con chi ce l’avessi in quel momento (o forse sì…), ma sappi che ti abbiamo adorato… 

13) LA GIOIA
C’è chi è sceso in campo, invadendolo con un’euforia ebbra e incontrollata, tagliando retine o ballando al ritmo di una musica che sentiva solo nel cuore. C’è chi invece è rimasto sulle tribune, a godersi lo spettacolo, gli occhi lucidi e quella solitudine che rende ancora più rumoroso ciò che hai dentro, bello o brutto che sia. C’è chi è scappato verso il centro di Varese, per essere il primo a buttarsi nella fontana. È c’è chi si è commosso davanti a uno schermo, magari perché non aveva trovato un biglietto per la cattedrale. Tutti insieme, nel penultimo grande momento di gioia sportiva popolare vissuto da questa città (poi venne il ritorno in serie B del Varese). 

14) ABBIAMO VINTO
«Sono contento perché finalmente il mio presidente (Edo Bulgheroni ndr) non si sentirà più dire da sua madre che lui non vince mai» (Carlo Recalcati e le prime parole dopo la vittoria). Beh, non solo lui, caro coach… Non solo lui… Azzarderemmo un’intera generazione di tifosi… 

15) IL SORRISO DEL CECCO
Tra i tanti volti della felicità, tra tutte le manifestazioni di euforia dei 12 Galletti protagonisti dell’impresa, noi ci prendiamo e teniamo il candido sorriso stampato sugli occhi e sulla bocca di Francesco “Cecco” Vescovi: un uomo e un atleta che prima, durante e dopo ha fatto parecchio per la sua Varese e non sempre gli è stato riconosciuto, come invece auspicabile per uno dei pilastri della nostra storia cestistica. Grazie, non solo per quel giorno, Cecco. 

16) RITORNO AL FUTURO
Ma vi ricordate i led delle fermate del pullman che recavano la scritta “Varese campione d’Italia, grazie ragazzi”»? Oggi una cosa del genere farebbe sorridere, all’epoca parve che anche la più sofisticata tecnologia avesse abbracciato il catartico momento. 

17) LA PRIMA VOLTA
Quella sera fu la prima volta (almeno per tantissime persone) che la gente di Varese si riversò a festeggiare per piazze e strade un successo sportivo locale. Va bene gli scudetti dei vari Milan, Inter e Juve, va bene il Mundial 82 (e poi quello 2006), ma non c’è e non ci sarà mai paragone… 

18) IN PRIMA PAGINA
Il nome di Varese sulla prima pagina del Corriere della Sera, gli articoli che si “sprecavano” su ogni quotidiano sportivo o politico nazionale, la prima pagina della Prealpina sottratta alla nonna prima di consegnarle, come ogni giorno, il giornale (con quell’ingegno e quella prontezza che solo la necessità sa aguzzare) e conservata per sempre in un cassetto: beh, anche il 12 maggio 1999 è stato un bel giorno… 

19) «BUON 11 MAGGIO, COACH!»
Telefonare dopo anni a Carlo Recalcati per un’intervista, esordire così, sentire prima il suo silenzio, poi la sua risata di cuore e sapere di aver colto nel segno… «Grazie e altrettanto».

20) A OGNUNO SUO
Grazie di essere arrivati fin qui: qualcosa di queste righe apparterà anche a voi, ne siamo certi, così come siamo sicuri che ognuno custodirà dentro il proprio scrigno un’immagine, un suono, un sapore, un rumore di quel giorno che ad altri è invece sfuggito. Una cosa solo sua, un piccolo tesoro da aprire e ammirare nei momenti bui. 

21) 21 ANNI
Sono passati ventuno anni da quel magico successo, come ventuno anni erano passati l’11maggio 1999 dallo scudetto precedente. Sembra ieri l’ultima volta che il nostro cuore sportivo ha pianto di felicità, eppure l’acqua passata sotto i ponti è diventata troppa. E qui, sulle rive, il mondo è completamente cambiato, tanto da farci credere che ripetersi sia praticamente e perennemente impossibile. Invece, secondo noi, onorare l’11 maggio significa e significherà sempre anche questo: continuare a sperare che arrivi un altro giorno in cui l’impossibile si trasformerà in possibile. 

Buon 11 maggio!

Fabio Gandini

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