Calci, pugni, la clavicola fratturata, un trauma cranico e una prognosi di 87 giorni. Questo quanto patito da Luca (nome di fantasia), il giovane cuneese che, in una serata di maggio 2023, fu vittima di un’aggressione omofoba in Piazza Boves.
Il responsabile, A.D., ventisettenne di origini albanesi e domiciliato a Fossano, è stato condannato stamane (lunedì 14 luglio) in tribunale a Cuneo a tre anni e otto mesi di carcere oltre al pagamento di una provvisionale di 5mila euro. Il risarcimento alla vittima, costituitosi parte vivile con l’avvocato Antonio Dell’Aversana, è stato demandato in sede civile.
Quella sera, la vittima camminava con un amico quando ci fu l’incontro con l’aggressore, mai visto né conosciuto prima. A raccontarlo in aula, è stato l’amico: “Stavamo festeggiando il mio compleanno. Mentre eravamo a braccetto, Luca si è girato per darmi un bacio sulla guancia in segno di affetto. Poi, si è avvicinato A.D. pensando che quel gesto fosse rivolto a lui, e da lì è iniziata la colluttazione”. Oltre alle mani, gli insulti: “Gridava ‘frocio di merda, che cazzo mi mandi un bacio’ - ha continuato l’amico della vittima-. Gli ha tirato un pugno alla spalla l’ha buttato per terra, poi ha continuato a picchiarlo.
Ed è proprio sulla frase urlata verso l’imputato che si è concentrata la discussione della Procura che, oggi, rivedendo il capo di imputazione, ha chiesto al giudice di riconoscere all’aggressione l’aggravante della discriminazione sessuale. “C’è un’esternazione evidente di una discriminazione - ha affermato il pubblico ministero Mario Pesucci - non solo come monito alla persona offesa, ma a chiunque si trovasse là”.
Il giudice non ha riconosciuto l’aggravate richiesto dal pubblico ministero, ma quella per ‘abietti e futili motivi’.
“È stato detto che ‘non aveva un comportamento omosessuale’: esiste un comportamento omosessuale riconoscibile? - ha detto l’avvocato Dell’Aversana- Ritengo di no, a prescindere dall’orientamento sessuale del ragazzo, che lo ha confermato nel corso dell’istruttoria”.
Per l’avvocato Enrico Gallo, invece, difensore dell’imputato, tutto sarebbe riconducibile ad “un litigio fuori da un bar. Si pretende di decontestualizzare il fatto - ha motivato- la questione della riconoscibilità o meno di una diversità è importantissima. Il semplice insulto, comunissimo, non ha le caratteristiche per configurare un’aggravante del genere: lo ha detto persino il papa”.
Commenti