Una lunga tavolata che attraversa il centro storico, come un filo che unisce i sestieri di Prè, Molo e Maddalena e che distrugge i cliché che troppo spesso accompagnano i caruggi.
Migliaia di persone di ogni provenienza, età, sedute le une vicino alle altre, condividendo piatti di ogni parte del mondo per lanciare un messaggio di inclusione e incontro, tornando a vivere la strada non solo come luogo di passaggio.
Con questo spirito, sabato 24 maggio torna la Cena Condivisa, giunta alla sua terza edizione.
“È un appuntamento che nasce per caso, come molte cose belle - racconta Christian Spadarotto, portavoce dell’iniziativa -. La prima volta fu un esperimento in via del Campo, poi l’anno scorso abbiamo collegato la Commenda di Prè a piazza San Giorgio. Quest’anno torniamo con più tavoli, più persone a cena e più volontari”.
Un successo che si conferma anche nei numeri con cinquanta grandi tavoli in più rispetto al 2024 e duecento volontari e volontarie a dare una mano agli attesi quattromila partecipanti che non arriveranno solo da Genova e dintorni ma anche da altre regioni come Toscana ed Emilia Romagna.
Alcuni vengono per aiutare, altri per studiare questo modello di “urbanità condivisa” che, senza proclami, sta dando un nuovo senso all’abitare e vivere il centro storico.
A proposito, Spadarotto prosegue: “Abbiamo partecipanti dalla Lombardia, dalla Toscana, dalla Campania. Alcuni sono tornati dopo l’edizione dell’anno scorso, altri verranno per la prima volta. Alcuni addirittura per darci una mano: c’è una comitiva da Reggio Emilia che verrà a studiare il fenomeno. Vogliono capire perché, in così poco tempo, questa iniziativa abbia raggiunto un consenso così partecipato”.
Così, cous cous e focaccia, involtini vietnamiti e farinata, the alla menta e vini locali imbandiranno questa tavolata di oltre un chilometro, raccontando la volontà di rimpossessassi degli spazi e di abbattere i pregiudizi.
“Il nostro non è un evento come tanti, è un atto civico - continua Spadarotto -. È la risposta di una città viva a un clima sociale difficile. È una festa, sì, ma con un significato profondo: stare insieme, senza paura, senza barriere. Riscoprire la strada come spazio comune”.
Ma qual è il segreto di questo successo? Probabilmente la grande accoglienza e il fatto che chiunque si sieda ai tavoli, accanto a sconosciuti o meno, non si sente fuori posto ma si ritrova a vivere l’esperienza con la stessa spontaneità di una cena tra amici.
“Non è una formula nuova - dice Spadarotto -. È una forma antica di comunità, che in città non si vedeva da tempo. E funziona, perché è autentica. È tutto organizzato dal basso. Senza bandiere, senza padroni. Solo cittadini, comitati, civ, associazioni. Tutti fanno quello che possono”.
Anche le istituzioni hanno appoggiato l’iniziativa con la massima disponibilità: Comune, Questura, Prefettura, AMIU, Aster. “Ci hanno dato una mano tutti. E questo conta tantissimo”.
Quest’anno, poi, c’è anche un progetto nuovo che mira a sensibilizzare sulle tematiche ambientali: “In collaborazione con AMIU, testeremo due aree per vedere che impatto ha, dal punto di vista ambientale, usare stoviglie riciclabili. Faremo una prima analisi della produzione dei rifiuti durante un evento così grande. Un’idea nata per rendere la Cena non solo inclusiva, ma anche sostenibile”.
E ancora, novità come la tavolata dedicata ai giochi di ruolo, nata dalla fantasia di alcuni volontari e volontarie: “Le idee si moltiplicano con la partecipazione. È questo che tiene viva la cena”.
Oltre duecento volontari, identificabili con pettorine, aiuteranno a gestire la logistica, l’accoglienza, l’allestimento. “Il numero è cresciuto tantissimo. Ed è bellissimo vedere quanto entusiasmo ci sia anche da parte di chi non siede, ma lavora per far sedere gli altri”.
Ma la vera bellezza, dice Spadarotto, sta nell’emozione collettiva: “Gli anziani erano tutti felici, ci hanno detto che non vedevano una cosa del genere da tempo. C’era un’aria di convivialità pura, senza filtri. In quella tavolata si sono riconosciuti tutti: giovani, famiglie, persone di ogni etnia e quartiere. E non perché abbiamo inventato qualcosa di nuovo, ma perché abbiamo riscoperto qualcosa di universale: il piacere di stare insieme, di condividere in armonia”.
C’è un passaggio, nelle parole di Spadarotto, che riassume tutto: “Non è facile raccontarla, questa cena. È come quando vai a un concerto: le foto non bastano. Devi esserci. E se ci sei, ti rendi conto che questo è un altro modo di vivere la città. Un modo più umano. Più giusto”.
Ed è forse proprio qui, in mezzo ai tavoli e alle forchette, che cade il muro dei pregiudizi. Perché il Centro Storico non è solo cronaca nera e diffidenza. È vita vera, è resistenza gentile, è una grande tavolata che accoglie.
Per chi ci sarà, la Cena Condivisa diventerà un ricordo da custodire, per tutte e tutti sarà un invito a sedersi, a conoscere e a scoprire che, a volte, il modo più semplice per cambiare le cose è iniziare da una tavola apparecchiata in mezzo alla strada.
Commenti