Il sistema socio-sanitario e assistenziale piemontese rischia il collasso. A lanciare l’allarme è Confcooperative Piemonte, insieme a Federsolidarietà, Federsanità e con il sostegno del Sindacato presente nei comitati paritetici del CCNL e la presenza delle numerose realtà del Terzo Settore, che annunciano per martedì 27 maggio una manifestazione pubblica a Torino, davanti al Palazzo della Regione. Una mobilitazione che nasce dalla crescente difficoltà delle cooperative sociali a garantire i servizi, schiacciate tra il mancato adeguamento delle tariffe e l’aumento dei costi, in particolare quelli legati al nuovo contratto collettivo nazionale. Ovviamente anche nelle Langhe e nel Roero la situazione è davvero complicata e dai toni foschi per il futuro.
"Il problema è gravissimo: il contratto ha aumentato del 12% il costo del personale, ma la Regione ha riconosciuto solo un 3,5% per la parte sanitaria. Per il socio-assistenziale, nulla", spiega Gian Piero Porcheddu, direttore della Cooperativa Coesioni Sociali di Alba, una delle principali realtà attive tra Langhe e Roero. "Così, molte piccole cooperative rischiano di chiudere entro l’anno. Quelle più strutturate, come la nostra, potrebbero reggere ancora per il 2025, ma senza adeguamenti si rischia il tracollo nel 2026".
Secondo Confcooperative, il Piemonte conta 55.000 addetti nel settore sanitario pubblico e oltre 50.000 operatori nel comparto socio-assistenziale e socio-sanitario, di cui 30.000 solo nelle cooperative sociali. Numeri enormi, che rappresentano una parte fondamentale del sistema di welfare regionale.
"I nostri operatori hanno gli stessi titoli di studio di quelli del pubblico, spesso lavorano anche di più – 38 ore settimanali contro le 36 della sanità pubblica – ma guadagnano fino al 25% in meno. E adesso, oltre al divario salariale, rischiamo anche un taglio sul contratto. È una situazione insostenibile", aggiunge Porcheddu.
Il punto critico è rappresentato dall’inattuazione del “Patto per un welfare innovativo e sostenibile”, firmato nel maggio 2024 tra Regione e associazioni datoriali: l’accordo prevedeva un adeguamento progressivo fino al 12% delle rette entro il 2026. Ma a oggi, denunciano le cooperative, “nulla è stato applicato se non il 3,5 della parte sanitaria”.
Il nodo è anche strutturale: le rette sono suddivise tra quota sanitaria (Regione) e quota sociale (Comuni tramite i consorzi). A seconda del tipo di utenza – minori, anziani, disabili – la ripartizione varia, ma la mancata integrazione delle risorse rischia di mandare in crisi intere filiere.
"Durante il Covid abbiamo tenuto aperti i nostri servizi, ci hanno applaudito e ringraziato. Ma oggi, mentre chiudiamo i bilanci, ci troviamo con cooperative storiche che non riescono a sopravvivere. Le solite pacche sulle spalle non bastano più", denuncia ancora il direttore di Coesioni Sociali.
La manifestazione di fine maggio, che vedrà la partecipazione di dirigenti, soci e operatori da tutta la regione, vuole riportare al centro dell’agenda politica la sostenibilità del welfare e l’urgenza di scelte concrete. "Il nostro lavoro è fondamentale per la tenuta sociale del territorio. Senza servizi domiciliari e residenziali, il peso ricade sugli ospedali. Ma a queste condizioni, andare avanti è impossibile."
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