Non si cambia. Ancora no.
È molto probabile che chi si aspetta un imminente intervento di qualche tipo sulla Varese che contro Venezia, questa sera, ha perso la sua sesta partita stagionale (su otto giocate) possa rimanere deluso.
Non si cambia, non ora: questo l’intendimento pre-Taliercio e post coppa emerso dalle stanze dei bottoni, da verificare nei giorni che seguiranno.
Non si cambia per ragioni economiche in primis, ovvero per motivi ammantati da un’oggettività in grado potenzialmente di spegnere ulteriori discussioni nel merito: le casse della Pallacanestro Varese, come tante volte accaduto in passato, non consentono ulteriori uscite di denaro in questo frangente della stagione, cioè alle prime - seppur ormai in alcuni casi codificate e difficilmente confuntabili - avvisaglie di male.
Ma non si cambia anche perché chi ha costruito la squadra, e tutto comanda, nutre ancora una certa fiducia nel prodotto assemblato. Magari non nella sua interezza, perché - va bene tutto - ma Luis Scola non è mica un fesso e riteniamo che certi grattacapi tecnici e certe mancanze li colga molto meglio di noi che non valiamo un’unghia della sua conoscenza cestistica: ma nel suo complesso sì. E allora un tempo ulteriore di attesa e di riflessione potrebbe portare consiglio e aiutare a capire dove puntare il mirino. Per non sprecare proiettili che non possono essere sprecati.
Niente e nessuno, tuttavia, può essere immune a troppe sconfitte nello sport professionistico. Lo insegna la storia: il peso di un ambiente scontento sa diventare impossibile da sostenere. E allora in pericolo, oggi come oggi, non c’è nessuno ma in realtà lo sono tutti a Masnago: dall’allenatore all’ultimo dei giocatori. E lo è il gradimento verso la società stessa, se non prenderà le giuste decisioni.
La Varese che si è esibita in Laguna è stata così piccola e fragile al cospetto degli orogranata locali da non meritare accanimenti di giudizio. Ovvio il passo indietro nell’efficacia rispetto agli impegni contro Tortona e Trento: la Reyer è una corazzata tale dal punto di vista fisico-atletico che con la Openjobmetis attuale non dovrebbe spartire nemmeno lo stesso universo competitivo.
Chi vorrà vedere il bicchiere ancora una volta mezzo pieno si attaccherà ai 15 minuti tra il secondo e il terzo quarto in cui Hanlan e soci sono riusciti a rimanere attaccati nel punteggio, sorretti da un’intensità nettamente migliore rispetto al mercoledì di coppa, dal tiro da tre punti e dalle giocate dei singoli, Hanlan e Moretti in primis.
Le macchine non affidabili, tuttavia, prima o poi si fermano. O vengono superate. Al Taliercio è successo e non era nemmeno quotato che accadesse.
Accendiamo la fotocopiatrice? Non vorremmo, ma toccherebbe. Cauley-Stein peggiore rispetto alla gara contro Gottingen? Ma anche no, perché chi prova (prova eh) a capire qualcosa di basket, sa che l’essenza di questo sport non si consuma solo nelle cifre, che anzi sono talvolta un oppio stordente: WCS è stato purtroppo ininfluente mercoledì, nonostante i numeri stratosferici, e ininfluente oggi senza di essi. Questa è la verità: scomoda, ahinoi, ma senza alcun accanimento personale. Con l’aggravante che nella contesa odierna, a causa dei falli, ha lasciato dopo pochi minuti la sua squadra in “quattro”. Lì coach Bialaszewski ha deciso di non decidere: nessun aiuto sotto canestro, nessun raddoppio. Venezia allora ha strabordato all’ombra delle plance, con Wiltjer a divorarsi opposizioni che non avevano alcun elemento costitutivo per essere definite tali. È la seconda fotocopia di serata: dov’è la mano dell’allenatore su questa squadra?
Altre carte-carbone assortite: si gioca solo a tirare da 3 e 1vs1 e non c’è panchina a sorreggere gli sforzi del quintetto, all’ennesimo crollo nel terzo quarto nonostante alcuni apprezzabili tentativi di Woldetensae, Librizzi e persino di Shahid. In compenso è McDermott ad apparire in grande difficoltà ora: 15 punti e nemmeno un guizzo quando sarebbe servito, giusto per fare un altro esempio di quello che negli Stati Uniti d’America, la patria di questo sport, sanno alla perfezione e con grande finezza sono riusciti a riassumere in un brillante brocardo: there are lies, big lies and statistics…
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