Il Nazionale

Cronaca | 12 ottobre 2023, 09:30

Accusato di diffamazione e minaccia contro l'allora ministro Brunetta, il giudice lo assolve

Ad essere finito imputato in tribunale a Cuneo per un commento su Instagram un operaio di Busca. Per il giudice "fu uno sfogo educato e una legittima manifestazione del suo diritto di critica"

Accusato di diffamazione e minaccia contro l'allora ministro Brunetta, il giudice lo assolve

Una causa penale conclusasi con un’assoluzione quella iniziata dall’allora Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta contro un operaio di Busca accusato di averlo diffamato e minacciato su instagram.

Oggetto del giudizio erano stati alcuni commenti scritti dall’imputato sotto un post di Brunetta pubblicato nell’agosto 2021 nel quale aveva espresso “solidarietà alle vittime degli attacchi no vax”. “Prima o poi lo andiamo a prendere a casa ed allora sì che finirà la pandemenza”, questa la frase pubblicata e incriminata.

Il giudice cuneese Alberto Boetti, nel redigere le motivazioni che lo hanno portato ad assolvere l’uomo, scrive che quello dell’imputato sarebbe stato solo “uno sfogo educato” anche a fronte “delle affermazioni fatte dal ministro Brunetta che mettevano in dubbio la salute mentale dei soggetti contrari ad un obbligo indiscriminato di vaccinazione, presidiato da sanzioni di diverso genere”.

Una frase, quindi, che per il magistrato non avrebbe nulla di diffamatorio poiché  “mentre alcune persone hanno a loro volta attaccato il Ministro sul piano personale con insulti meschini, l’imputato ha tenuto una condotta che non può assolutamente essere confusa con quelle di tali soggetti”. Altro non sarebbe che “una legittima manifestazione del suo diritto di critica, garantito dalla Costituzione italiana.”

Quanto all’accusa di minaccia, per il giudice non sarebbe ravvisabile alcuna intimidazione: “Nella frase postata dall’imputato né minacce né alcun attacco alla reputazione del Ministro. Da un lato, l’intenzione di andare a prendere a casa un Ministro, quando è manifestata da un innocuo cittadino, non può che riferirsi ad una generica azione di protesta, normale in Democrazia”. Ben diverso, prosegue il magistrato, se la frase fosse stata scritta “da un mafioso o un noto bullo da stadio”.

“Dall’altro, affermare che l’utilizzo dell’espressione ‘pandemenza’ al posto di ‘pandemia’- conclude il giudice - equivalga a dare del ‘demente’ significa saltare a conclusioni illogiche”.    

CharB.

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