“Ci ha dato le sue generalità, consegnandoci anche una tessera sanitaria”. Così Alberto Scagni, trovato dalla pattuglia della squadra Volante, si è consegnato con calma serafica agli agenti, l'assistente Flavia Mantovani e l'agente Pietro Letizia, che seguendo le indicazioni della sala operativa si erano diretti in via Fabrizi, dove pochi minuti prima Scagni aveva appena straziato la sorella Alice con venti coltellate.
Si è aperto con l'escussione dei testimoni della pm Paola Crispo il processo in corte d'Assise che vede Scagni imputato di omicidio aggravato e porto abusivo di armi. Scagni, assistito dall'avvocato Mirko Bettoli, era in aula ad ascoltare la ricostruzione della notte del primo maggio 2022. I genitori Graziano Scagni e Antonella Zarri, assistiti dall'avvocato Fabio Anselmo e il marito di Alice, Gianluca Calzona, assistito dall'avvocato Andrea Vernazza, sono usciti dall'aula perché saranno sentiti come testimoni. Il presidente del collegio è Massimo Cusatti.
I testi sentiti questa mattina in aula fanno tutti parte della questura, tra chi è intervenuto per catturare Scagni, chi si trovava ad ascoltare i testimoni sul luogo in cui i sanitari provavano disperatamente a rianimare Alice, e chi ha effettuato la prima perquisizione nell'appartamento di Alberto Scagni.
Assistente Flavia Mantovani: “Ero in questura, ho sentito la nota radio con la segnalazione di una donna ferita in strada a Quinto. Ero su un altro intervento, ma c'era carenza di volanti, così con il mio collega siamo partiti. Seguivamo le comunicazioni via radio della sala operativa che diramava informazioni e descrizioni su come era vestito l'autore del fatto. Ci era stato indicato di cercare un uomo rasato con una felpa con cappuccio grigia e pantalone scuro. Ci avevano detto che era fuggito direzione mare. Ci siamo così diretti verso la zona indicata, in via Fabrizi passando da via dei Mille. Arrivati sul posto abbiamo spento lampeggianti e sirena e in prossimità del posto, procedendo lentamente lo abbiamo incrociato. Lo abbiamo fermato, gli abbiamo chiesto le generalità, ci ha detto il suo nome e ci ha consegnato la tessera sanitaria. Via radio ci avevano detto che il cognato aveva detto chi fosse, si è fermato subito. Era buio, ma ricordo di aver visto le nocche delle mani graffiate, poi ho notato qualche goccia di sangue vicino ai pantaloni. È salito in macchina senza resistenza, per tutto il tempo è rimasto in silenzio. Prima di farlo salire in macchina lo abbiamo perquisito trovando in tasca un piccolo cacciavite. Una volta in questura gli sono stati letti i diritti, sono stati fatti i rilievi agli indumenti. In seguito è arrivata la Scientifica. Ricordo che abbiamo chiesto l'intervento della guardia medica perché ci ha detto che assumeva delle pastiglie, e ci ha chiesto se potesse assumerle”.
Agente Pietro Letizia, squadra volante: “Alle 20.45 eravamo in questura, dalla sala operativa, tramite la nota radio abbiamo appreso di un'aggressione ai danni di una donna. Al 113 il marito aveva dato le generalità del responsabile, aggiungendo che si trattava del fratello della vittima, ci hanno indicato come era vestito e una possibile direzione di fuga. In via Quinto abbiamo visto un soggetto che corrispondeva alla descrizione. Camminava sul ciglio della carreggiata. Ci siamo fermati, siamo scesi dall'aula e lo abbiamo messo in sicurezza. Gli abbiamo chiesto di svuotare le tasche, lui ha messo gli oggetti personali sul tetto della volante, tra questi c'era una tessera sanitaria. Ricordo le nocche graffiate e una macchia di sangue sul polsino destro della felpa In questura ci indicò l'avvocato di fiducia, ci disse che assumeva farmaci, per questo abbiamo chiamato la guardia medica".
45 MINUTI DI MASSAGGIO CARDIACO PER SALVARE LA VITA DI ALICE
Sul posto, subito dopo l'atroce delitto, l'agente Andrea Genovese dell'Upg.
“Sono giunto sul posto, la mia era la prima pattuglia, ho visto subito il sangue e attorno alcune persone attirate dalle urla. Appena arrivati col capo pattuglia Salvatore Garofalo ho cercato di capire dove fosse l'autore del gesto. Noi abbiamo identificato i testimoni, abbiamo svolto le operazioni di rito, poi la Scientifica ha effettuato i rilievi. Una donna e un uomo stavano effettuando il massaggio cardiaco. Mi sono avvicinato, c'era la donna esanime sull'asfalto priva di sensi, ricordo una grande traccia di sangue sotto la schiena, il viso era verso l'alto, poi dopo 45 minuti di massaggio cardiaco è stato constatato il decesso".
Ispettore Massimo Fallone pg
"Mi trovavo in questura per altri accertamenti. Dalla centrale operativa è arrivata la nota radio su una donna esanime accoltellata in via Fabrizi. Nel contempo ho ricevuto altri elementi sull'aggressore e mi è stato detto che era una parente. A quel punto mi sono recato sul posto in via Fabrizi e nel frattempo ho saputo che la Volante aveva fermato Scagni. C'erano gli operatori del 118, i testimoni e il mio coordinatore, l'ispettore Martusciello. C'erano le informazioni dei testimoni da raccogliere".
LA PERQUISIZIONE IN CASA DI ALBERTO SCAGNI
Fallone, una volta entrato in possesso delle chiavi di casa di Alberto Scagni, si è recato, insieme a un collega, nell'abitazione. Questa è la descrizione del ritrovamento.
“C'era la porta chiusa con dello scotch tra i due pomelli, credo perché così poteva capire se qualcuno fosse entrato. Non avendo nessun testimone abbiamo fermato le persone che stavano rientrando e chiesto loro se volevano presenziare. Cercavamo qualcosa di attinente all'arma utilizzata o dei messaggi che poteva aver lasciato Scagni prima di compier il gesto. All'interno della casa c'erano delle scritte sui muri (Hai superato qualunque cosa e sotto la firma Alberto Scagni e poi un'altra parzialmente cancellata di cui si leggevano le parole 'va' e vita', ndr), vestiti, un cumulo di bottiglie di vino e due cassetti rovesciati sul divano. Abbiamo rinvenuto un biglietto con scritto una frase a penna e il fodero di un coltello. Nei cassetti sul divano abbiamo trovato altri due cellulari e un altro coltello con fodero e in cucina un PC portatile con mouse, un proiettile calibro 7.65 e due pezzi di una sostanza che dall'analisi non è risultato fosse stupefacente. Sulla mensola della cucina una cassaforte, nel mazzo c'era la chiave, così l'abbiamo aperta. Dentro c'erano un bilancino e un altro telefono. Poi in camera un altro PC e una memoria esterna”. Un altro sopralluogo lo ha effettuato la Scientifica il giorno dopo.
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