«Comune, Regione e Federazione possono mettersi attorno a un tavolo e determinare con certezza che l'ambizione di Varese deve essere quella di diventare il polo d'attrattività degli sport del ghiaccio del nord ovest. Dal lago di Garda in qua, quando pensi al ghiaccio, devi pensare a Varese...»: Matteo Bianchi guarda avanti, al domani e non all'oggi, e indica una strada da percorrere perché la nostra città non sia solo una delle storiche culle del ghiaccio ma anche la capitale del futuro. Sognare non costa nulla e, sicuramente, porta più lontano che accontentarsi di quel che c'è e così, armato di competenza, esperienza, visione e passione per il ghiaccio, l'ex candidato sindaco e deputato varesino ci conduce per mano in un viaggio pieno di illuminazioni, proposte e futuro, dove le polemiche e i rimpianti stanno a zero.
«Primo: decidiamo la vocazione da dare all'area di palaghiaccio e ippodromo. Secondo: sediamoci al tavolo con Comune, Regione e Federazione e chiediamoci: tutti insieme possiamo costruire un'ulteriore attrattività per la città di Varese in vista delle Olimpiadi? Secondo me, sì». Come? Scopriamolo in questa chiacchierata.
Partiamo da lontano e cioè dalla sua vecchia proposta di candidato sindaco sull'area del palaghiaccio. Ce la spiega?
Sapendo le potenzialità e la tradizione di Varese negli sport del ghiaccio, in campagna elettorale avevamo proposto di includere nel progetto anche una parte dell'ex Calimera perché tutti i poli di attrattività di questo genere hanno sempre una seconda pista, totalmente aperta o aperta su due lati, ancor più importante dell'ampiezza delle tribune, un'esigenza che è poi divenuta importante perché la squadra è andata bene e c'è stata grande affluenza. La seconda pista, però, lo è di più.
Perché la seconda pista è determinante più della capienza dell'Acinque Ice Arena?
Perché lo sviluppo di una piazza, come ha detto il presidente della Federghiaccio Gios in un'intervista alla Prealpina, dipende dal numero dei giovani che fanno sport sul ghiaccio e dal vivaio. Ai tempi di Marco Fiori presidente e della ripartenza solo i ragazzi del settore giovanile dell'hockey erano quasi 200: la fame di ore ghiaccio, anche in virtù di nuove discipline e società, alla lunga non permette questo sviluppo. Che poi permette di avere entrate, sponsor, ricambio e futuro assicurati.
Che prospettiva può avere Varese?
Abbiamo le Olimpiadi alle porte e, visto che gli sport del ghiaccio non puoi farli in una palestra e in tutti i paesi come avviene per esempio con la pallacanestro e considerato che nel raggio di 100 chilometri da Milano di impianti dedicati ce ne sono solo a Varese, Como, Chiavenna e Bergamo, è evidente che Varese per storia e dimensioni cittadine può essere il polo di riferimento e attrazione non solo lombardo ma di tutto il nord ovest per gli sport del ghiaccio.
Il primo passaggio perché questo sogno possa essere costruito qual è?
Se fossi il sindaco di Varese, costruirei un rapporto non solo con gli organi federali ma anche con Regione Lombardia perché la Città Giardino diventi la capitale futura del ghiaccio. Questo passaggio va fatto per forza di cose con la Regione perché è l'ente che ha la governance di coordinamento dell'evento olimpico. Per me Galimberti e Fontana, dunque, devono mettersi attorno al tavolo e parlarne, coinvolgendo la Federghiaccio.
Vediamo il secondo passo da compiere.
Fatto sistema, puoi costruire un certo tipo di percorso finanziario e progettuale. A mio avviso non si può più considerare singolarmente l'ex Calimera, il palaghiaccio, l'ippodromo ma va unito tutto il comparto sportivo per arrivare all'obiettivo. Galimberti su questo punto opponeva una critica anche legittima.
Quale?
Che il mio progetto fosse troppo orientato sulla parte ghiaccio, mentre un sindaco deve pensare anche al futuro dell'ippodromo o del tennis, spacchettando le situazioni e venendo incontro anche agli altri. Invece, secondo me, separando le questioni il problema rimane per tutti e tre. Di più: il discorso d'insieme va fatto anche con la Provincia, visto che nella stessa area c'è anche il palazzo dell'Agenzia delle Dogane. Nell'ottica del piano di governo del territorio bisogna avere una visione di ciò che si vuole fare in quel comparto che, dal mio punto di vista, deve puntare sul ghiaccio sfruttando le Olimpiadi del 2026.
Già, Milano-Cortina: Varese avrà ricadute positive?
Nella situazione attuale non lo darei per scontato: serve più dell'attuale palaghiaccio perché andando dieci chilometri a nord del confine quadre come Germania, Stati Uniti e Canada hanno strutture e piste già pronte che sarebbe dedicate solo per loro. La prima considerazione che mi viene da fare è questa: a Varese, con l'attività in corso sulla pista, quando si troverebbero le ore ghiaccio per ospitare per settimane un'eventuale nazionale straniera?
C'è ancora tempo per sedersi al famoso tavolo?
Sì, e deve essere il preludio per costruire un percorso di medio periodo dal punto di vista infrastrutturale e sportivo, ma anche dei trasporti e ambientale.
Mobilità sostenibile legata all'area del palaghiaccio: questa ce la spiega.
Vi porto l'esempio di Tampere, in Finlandia, dove sono stato per una riunione fuori sede della commissione del Comitato delle Regioni. Anche se non c'è paragone per tradizione e dimensione degli impianti, con un'arena di 13 mila posti finanziata dalla Nokia dove gioca la squadra che ha vinto la Champions nella nazione che ha vinto i Mondiali di hockey, possiamo prendere spunto da tutto ciò di bello che hanno fatto. Quello è l'esempio europeo principale degli sport del ghiaccio.
In cosa possiamo imitare i maestri finlandesi?
Nella visione d'insieme. La pista di Tampere è stata una "scusa" per riqualificare un comparto dove ora c'è attrattività commerciale con negozi, alberghi e molteplici attività. Quella zona di città è stata riqualificata anche grazie al tema della mobilità sostenibile: la pista si trova qualche centinaio di prima della stazione e, sotto il ghiaccio, passano i binari del treno. Stiamo parlando di un investimento da 170 milioni di euro, è vero, però è qualcosa che può essere d'esempio dal punto di vista del principio, come le attività commerciali da inserire all'interno dei poli sportivi. Collegare l'infrastruttura sportiva ai principali poli della mobilità cittadina, anche per bypassare o alleggerire il problema parcheggi, è un altro tema. (Anche se io, a dire la verità, a Tampere di parcheggi non ne ho visti perché tutti vanno all'arena in treno, pullman e soprattutto tram).
Parcheggi, mobilità sostenibile e trasporti verso un polo del ghiaccio attrattivo e moderno: come li leghiamo a Varese?
Dalla stazione all'ippodromo, tagli la città: la nostra sarebbe una bellissima "scusa" per ragionare su come farlo. Il Comune sta facendo investimenti interessanti sui pullman elettrici e a Varese nel corso dei decenni passati si è abbandonato il trasporto su rotaia: io mi chiedo e vi chiedo perché la nostra città dovrebbe ragionare solo di trasporto su gomma.
Il tram a Varese... sembra di tornare ai tempi di Fassa.
Ragioniamo in grande senza farci condizionare dal nostro - non lo dico in termini volgari - provincialismo. Ci sono tante altre esperienze nel mondo a cui guardare, dai trasporti sospesi proprio a quelli con il tram che stanno tornando ovunque per sgravare il traffico su gomma. La tramvia di Rabat, in Marocco, taglia la città ed è un esempio di sostenibilità. Non è un'eresia riflettere sulla rotaia anche a Varese, e c'è l'opportunità del piano di governo del territorio in discussione per traguardare la città al 2.050. Pensare solo al trasporto su gomma significherebbe ripetere l'errore degli anni Cinquanta e Sessanta che stiamo paghiamo oggi. Le scelte di oggi verranno giudicate nel 2.100 così come vediamo l'effetto odierno, non proprio positivo, di quelle prese settant'anni fa: dobbiamo essere in grado di immaginare uno scenario.
Il suo è un sogno molto ambizioso...
Più che altro è una visione su un comparto della città da inserire nel piano di governo del territorio che permetterebbe di costruire un percorso. Prendiamo la "disgrazia" della pallacanestro che, nel dramma, ha paradossalmente unito la città in maniera trasversale, per costruire invece a bocce ferme, assieme e senza nessuna spada di Damocle sulla testa, un progetto orientato al ghiaccio. Così daremmo una prospettiva al movimento e alla squadra di hockey, attraendo potenziali investitori perché oggi i Mastini non possono, e in realtà non devono, pensare di andare a fare l'Alps.
Niente Alps: perché?
Perché faremmo il passo più lungo della gamba e rischieremmo di diventare una meteora, facendo la stessa fine dello stesso Milano. Capita dove non c'è una prospettiva di impiantistica sportiva: se, invece, c'è è proprio quella ad attirare giovani e, poi, sponsor. L'amministrazione Galimberti in questo può dare una prospettiva di lungo periodo perché, se è criticabile su tanti aspetti, non lo è su quello degli investimenti e dell'utilizzo dei fondi del Pnrr, dove sta facendo discretamente bene. La mia critica deriva dal fatto che questi progetti siano slegati. Su quel comparto, invece, si può costruire una visione d'insieme orientando le scelte future.
Tribune e capienza troppo piccole: è d'accordo?
La tribuna e, ancor prima, la creazione di una foresteria sono problemi successivi alla visione d'insieme. Parlo della foresteria perché è assolutamente necessaria se un giorno vorremo ospitare a Varese le scuole hockey e di pattinaggio anche di altre città e squadre del nord ovest tutto l'anno, a parte magari i due soli mesi di chiusura della pista durante l'estate.
Dal punto di vista tecnico e progettuale non so dare una risposta sulla tribuna, ma prima serve la visione. E allora mettiamo Federazione, Comune e Regione attorno a un tavolo per determinare con certezza che l'ambizione di Varese è quella di diventare il polo d'attrattività degli sport del ghiaccio del nord ovest. Dal lago di Garda in qua, quando pensi al ghiaccio, devi pensare a Varese...
Anche sfruttando i ritardi olimpici di Milano...
Non i ritardi ma gli errori visto che ha già accumulato un handicap che non si potrà superare nel medio periodo. Questo: se la piazza di Milano non ha una squadra di hockey importante, e per averla serve l'impianto importante, viene condizionato tutto il movimento italiano. Perché l'hockey esca di nuovo dalle valli, non può bastare Varese. Senza Milano non potrà mai esserci un campionato italiano come negli anni Novanta.
Il sindaco Sala è convinto di ospitare le Olimpiadi al PalaItalia di Santa Giulia da 15 mila posti e, il giorno dopo la chiusura, di togliere il ghiacchio per ospitare concerti... Ma se volevi il palaconcerti, bastava candidarsi all'Eurovision.
Tutt'altra cosa rispetto all'Expo...
Esattamente: credo che, come l'Expo ha cambiato il volto di Milano dal punto di vista dell'attrattività urbanistica e quant'altro, le Olimpiandi debbano avere lo stesso effetto per gli sport del ghiaccio. La Valtellina lo sta facendo con lo sci, Milano per ora è un'enorme delusione.
Milano oggi è indifferente alle Olimpiadi?
No: non ci crede. Sembra che si ragioni così: piuttosto di mantenere impianti che poi sono zavorre sulle spalle dei cittadini, li riconverto in palaconcerti dove ho introiti. Dal punto di vista manageriale magari ha un senso, ma quando fai il sindaco non puoi ragionare esclusivamente come se avessi di fronte il bilancio di un'azienda. Ogni tanto devi lanciare il cuore oltre l'ostacolo, pur con parsimonia e meticolosità. Ma, per farlo, devi crederci.
A Varese l'hockey c'è e ha riacceso l'entusiasmo: che idea si è fatto dei "suoi" Mastini e della risposta del pubblico?
È bastato l'entusiasmo per i risultati e una buona attività di comunicazione e la città ha risposto. Mille spettatori è un bello zoccolo duro da cui partire perché si arrivi a tremila, cioè le persone che sarebbero tranquillamente arrivate a Varese a vedere la finale di IHL. Mediamente il Lugano, che quest'anno è andato male, ne ha fatte 4.500... anche se lì il livello è altissimo, parliamo di professionismo da primi posti del ranking mondiale dell'hockey.
Qual è stato il vero miracolo dei Mastini?
Questi ragazzi e il management del club quest'anno hanno reso attrattivo il livello dell'hockey dell'IHL. Non oso pensare dove possano arrivare i Mastini nel momento in cui ci fosse dietro una strategia più strutturata a medio-lungo termine. Ma passa tutto dall'impiantistica sportiva.
Quando parla al sindaco Galimberti di queste cose, lui come reagisce?
Con la massima disponibilità e questo mi fa credere che tutto ciò che è stato fatto possa davvero essere implementato. Penso al percorso comune fatto con Camera di Commercio e amministrazione che dovrebbe dare alla luce un comitato dedicato. I tempi sono maturi per costruire qualcosa di positivo. Anche perché abbiamo un presidente della Regione che è un presidente amico di Varese.
Con Maroni prima e con Fontana poi ho visto che laddove ci sono le idee, poi i soldi arrivano. L'importante è mettere sul tavolo le prime.
Cosa vede nel futuro dei Mastini?
Bisogna dare un respiro di medio periodo a una progettualità sportiva e nemmeno le Olimpiadi bastano per farlo. I Giochi, però, possono permettere di superare la struttura attuale dei campionati in Italia divisa tra Ice, Alps e IHL: adesso la cosa funziona perché non può essere altrimenti. Ma devo aggiungere una cosa sulla Federghiaccio...
Prego.
In Federazione ci sono professionalità e bravi professionisti tutt'altro che scarsi e banali. Io, che ho anche il termine di paragone con la Svizzera dove arbitro, dico che la Federghiaccio possiede professionalità importanti. Il vero abisso è quello tra indotto e risorse dei club oltre confine e in Italia. Per forza di cose la Federazione ora è obbligata a spacchettare i campionati in base al livello del budget delle società ma, perché il movimento compia davvero un salto di qualità, bisognerà andare oltre. E per far sì che le società non facciano resistenza agli stimoli della Federazione, bisogna far sì che le stesse abbiano gli impianti e siano attrattive dal punto di vista commerciale, di sponsorizzazione e pubblico.
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