L’AISLA – organizzazione senza senza scopo di lucro nata nel 1983 per diventare il punto di riferimento nazionale per la tutela, l'assistenza e la cura delle persone con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) – si appresta a festeggiare i 40 anni di attività volta a promuovere la conoscenza della malattia e incoraggiare le strutture competenti a fornire un'assistenza adeguata ai pazienti.
Ad oggi l’AISLA conta 64 sedi territoriali, dislocate il 19 regioni – cui danno man forte 300 volontari, 10 dipendenti e 95 collaboratori, tra cui personale medico, psicologi, fisiatri e consulenti che lavorano con la Sede Nazionale e le sedi territoriali – e 2.175 soci.
E’ pertanto una realtà imprescindibile per la conoscenza di questa malattia e il supporto tanto alle persone malate quanto ai loro famigliari. A pochi giorni dall'assemblea nazionale dell'associazione, in programma venerdì e sabato nel novarese (CLICCA QUI per ulteriori dettagli), abbiamo chiesto maggiori delucidazioni alla presidente nazionale AISLA Fulvia Massimelli.
Festeggiamo i 40 anni di AISLA... quali sono stati i cambiamenti più significativi in questi anni per la vs associazione?
Un traguardo importante che celebriamo in un momento storico di profondi cambiamenti e che oggi più che mai ci pone davanti alla necessità di saper guardare al futuro insieme. La nostra storia ha radici profonde e, ancora oggi, lo Statuto riporta la stessa missione e visione, a testimonianza del legame con quei valori che tuttora animano la nostra attività: costruire un futuro del quale tutte le persone con SLA ed i loro familiari possano sentirsi parte della società e protagonisti delle proprie esistenze.
Ciò che abbiamo costruito in questi anni sono risposte concrete, in cui ogni persona possa avere accesso alle stesse opportunità e dove le fragilità possano essere accolte, senza lasciare indietro nessuno. Oggi possiamo contare su un Centro di Ascolto Nazionale che risponde, grazie a 21 specialisti multidisciplinari, ad oltre 10.000 chiamate l’anno e sulla capillare presenza di 64 sezioni animate da oltre 300 volontari attivi che ogni giorno si mettono al servizio delle famiglie per ogni necessità.
Ma non solo, siamo stati capaci di metterci in rete con altri Entri del Terzo Settore – perché è proprio vero che l’unione fa la forza – ed oggi possiamo contare su ben 7 Centri Clinici NeMO presenti sul territorio Nazionale. Sosteniamo concretamente lidi attrezzati per permettere la balneazione assistita, quindi la possibilità di poter andare in vacanza. Può sembrare una banalità, ma pensaci: è vita. Abbiamo una flotta di mezzi attrezzati che mettiamo a disposizione per i trasporti: da quelli clinici alla possibilità di partecipare al matrimonio della propria figlia.
Abbiamo un patrimonio di professionalità dato dai nostri dipendenti e collaboratori, che prima di tutto sono volontari e credono in questa associazione. Nel corso di questi anni, abbiamo garantito servizi indispensabili, con umanità siamo entrati quasi in ogni casa, senza eroismo ma sempre con rispetto e discrezione. Abbiamo toccato con mano il disagio e la solitudine, la paura affrontata con dignità. Ci siamo stati anche senza esserci, lavorando in sordina per risolvere i problemi senza apparire.
Nel campo della ricerca il 2022 è stato un anno importante, grazie alla scoperta dell'efficacia del Tofersen nel trattamento della SLA...che ruolo ha la ricerca nella vs associazione?
Un primo straordinario traguardo (CLICCA QUI per approfondire). L’annuncio di Biogen del 2021 ha cambiato il passo della storia della nostra malattia. Siamo in attesa che si pronunci l’ente regolatorio americano, FDA, e poi quello europeo, l’EMA, certo è che l’accesso anticipato resta, ad oggi, a tutte le persone con SLA con mutazione SOD1, un grande successo. L’Italia, e qui mi preme sottolineare il lavoro straordinario dei Centri Clinici NeMO, sono incoraggianti e credo di poter dire che siamo il primo paese al mondo con il maggior numero di somministrazioni.
Il progetto My voice, un aiuto concreto alle persone con SLA che perdono la voce: da cosa nasce questa iniziativa?
La perdita della capacità di parlare con la propria voce costituisce uno dei motivi di maggiore sofferenza per le persone con la SLA. Vedi, la nostra è una malattia inguaribile, eppure siamo persone con non vogliono abbassare lo sguardo alla malattia, perché la Vita è meravigliosa. La domanda è come sia possibile convivere con questa nostra malattia? Addirittura, arrivare ad accettarla, per permetterne il termine, con serenità.
Serenità non significa assenza di sofferenza, di rabbia, tristezza, sconforto e paura, reazioni certamente costanti e inevitabili; significa invece conservare la voglia di vivere e di fare tutto ciò che è possibile realizzare, riscoprire il proprio valore in ciò che si fa e in ciò che si è, nella propria forza affettiva, nelle proprie capacità decisionali e organizzative, nell’essere punto di riferimento per gli altri, nella propria dolcezza e comprensione, nella propria tenacia e intraprendenza, nella propria vivacità intellettiva, nella personale creatività e nella propria spiritualità.
Questo è il significato più profondo del progetto My Voice (https://www.aisla.it/progetto-my-voice/). Quando un cittadino comune decide di donare la voce non è solo un gesto solidale, ma anche un atto di fede, è credere nella possibilità che la ricerca e la scienza possano contribuire a migliorare oggi la qualità della vita della comunità di persone con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e pensare domani ad una risposta di cura per questa malattia.
È solo quando si fondono le competenze scientifiche alle necessità e aspettative delle persine più fragili che si possono raggiungere grandi risultati. Ecco perché la tecnologia dev’essere capace di porsi al servizio del Bene Comune, partendo dall’ascolto del bisogno e condividendo il desiderio di vita di ciascuno, andando oltre il limite della malattia. Qui è racchiuso tutto il senso di questa nostra iniziativa, con la quale abbiamo voluto raccontare quanto sia fondamentale garantire il diritto di tutti a far sentire la propria voce.
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