Il Nazionale

Sport | 10 gennaio 2023, 14:02

«Restituisco la tessera dopo una vita di abbonamenti al Varese. Tanta arroganza mi ha tolto l'attesa e il piacere della partita»

Con questa lettera Cesare Montorfano, storico tifoso biancorosso, restituisce l'abbonamento al presidente Amirante: «Da sempre su tutti i campi, da Calloni e Libera a Pavoletti e all'ultima stagione di duelli con Novara e Sanremese, ma questo Varese non mi appartiene più. Mai ammessi gli errori sotto gli occhi di tutti, anzi sono stati scaricati sugli elementi di maggior carisma e talento. Lo sconforto attuale è superiore alla tenerezza che provavo davanti a giocatori che dovevano scavare per garantire la regolarità delle porte a Viggiù o quando il contatore del Franco Ossola fu staccato e il Milan concesse il suo generatore per fare luce...»

«Restituisco la tessera dopo una vita di abbonamenti al Varese. Tanta arroganza mi ha tolto l'attesa e il piacere della partita»

Egr. Presidente del Città di Varese
Stefano Amirante 

Sono un tifoso che ha imparato ad amare il calcio della nostra città quando da bambino partecipavo con mio padre alle attività di sostegno del Club Giovani Biancorossi di Gazzada del mitico Diego Cendaroni. Ho ancora vivi tanti ricordi come gli incontri col Novara a partire dalla partecipazione, quando ero ancora liceale, alla storica trasferta col treno speciale che portò il Varese di allora di Calloni e Libera a riconquistare la serie A, a quella dei playout con gli splendidi gol di Pavoletti, a quelle che portarono le due sconfitte immeritate dello scorso anno.

Serbo con me fieramente almeno una quarantina di abbonamenti sottoscritti, di cui alcuni con firme prestigiose di presidenti come quelle di Giuseppe Marotta.

Questo per sottolineare che non mi considero un tifoso “banale” o uno che sale sul carro quando le cose vanno bene.

Però quello che sto provando ultimamente è una sensazione di assoluto sconforto anche superiore a quella che avevo vissuto assistendo ai momenti più bui della gloriosa storia biancorossa, come quando vidi il contatore del Franco Ossola attaccato ai cavi del generatore di tensione, gentilmente concesso da AC Milan, per poter garantire l’illuminazione dello stadio o quando assistetti all’intervento con pala degli stessi giocatori per potere garantire la regolarità dell’altezza delle porte a Viggiù. Queste cose più che arrabbiare mi facevano tanta tenerezza e mi facevano stare ancora più vicino alla squadra perché capivo le difficoltà oggettive che stava attraversando.

La sensazione attuale invece l’ho percepita quando ho capito che il solo recarmi sugli spalti del Franco Ossola non mi dava più quel vibrante entusiasmo dell’attesa della partita così come l’attesa all’autogrill di Castronno che il pullman con gli amici di Passione Biancorossa mi passasse a prendere per trascorrere assieme una sana giornata di tifo ed allegria.

Sento che questo Varese non mi appartiene più. Non mi appartiene il fatto che una cavalcata vittoriosa come quella dei play off della scorsa stagione che aveva rinsaldato l’entusiasmo ed il tifo attorno ad una squadra ed al suo allenatore che finalmente lottavano per un obiettivo, sia così mestamente finita.

Finita dietro alla lunga diatriba con l’amministrazione comunale (al di là dei suoi demeriti per una manutenzione a dir poco carente dello stadio) per una garanzia di partecipazione al campionato di serie C che forse si sapeva già che non sarebbe comunque mai avvenuta. Questa perdita di tempo ha impedito di accorgersi che nel frattempo i giocatori migliori potessero, giustamente, trovarsi una sistemazione più remunerativa e consona al loro valore.

Ci sono poi i proclami molto pretenziosi, salvo poi essere rivisti in corso d’opera, che con arroganza e senso di superiorità hanno illuso tifosi e creato false aspettative attorno ad una squadra evidentemente non all’altezza. Sono state scaricate le responsabilità sulla conduzione tecnica, e questo ci potrebbe anche stare, ma con il cambio in panchina si è assistito a un susseguirsi di eventi mai visti, a mia memoria, nella storia del calcio. Quando mai un allenatore che subentra in corso d’opera non lavora con il materiale umano che ha cercando di motivarlo psicologicamente e di valorizzarlo tecnicamente e tatticamente, anziché attribuirgli colpe sfociate con una purga che ha coinvolto i giocatori di miglior talento e carisma (forse appunto questa era la colpa).

Non mi appartiene anche il modo irriverente con cui non si sono ammessi gli errori che sono sotto gli occhi di tutti a partire dai risultati deludenti, come gli 11 punti in 13 partite, e il gioco discutibile che ha portato anche all’involuzione di un talento come Ferrario (costantemente con una media del 5 nelle ultime esibizioni) che era stato invece riconosciuto come l’acquisto più azzeccato e l'arma in più in attacco.

La svolta viene sempre procrastinata dietro dichiarazioni irriverenti come quelle sul fatto che saremmo sulla strada giusta, o sulla positività dei nuovi arrivati e sul gruppo unito ecc. mentre si è sprofondati in piena zona play out in un clima di rassegnazione che ha coinvolto anche molti tifosi (ci si chiede poi perché sempre meno gente va allo stadio mentre assistiamo al sold out per il basket ed ora anche per l’hockey sintomo della varesina sportività).

Francamente questa squadra (escludo dal giudizio i giocatori che danno per quello che sono e per come sono messi in campo e motivati) non la sento più mia e mi sento di fare un gesto semplice ma significativo come quello di rimettere alla società l’abbonamento che ho sottoscritto per la stagione corrente. Auguro a me ma soprattutto alla società che accada qualcosa se non un miracolo e che le sorti dell’amato Città di Varese possano cambiare e che si possa tornare al più presto con l’entusiasmo di sempre a tifare e fremere per i nostri colori. 

In fede
Cesare Montorfano

Redazione

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