Salendo verso Grimentz, incantevole paesino del Vallese che è ormai diventato la mia seconda casa, l’occhio mi è caduto su un campetto illuminato e incastrato tra i boschi a bordo strada. Una pista da hockey dove si stava giocando una partita: un po’ di pubblico attorno, l’immancabile baracchino che vende raclette e birra, quell’atmosfera che soltanto questo sport – i colpi del disco che sbatte sulla balaustra, i sibili delle lame dei pattini, il fischio dell’arbitro – sa regalare. Ed è un attimo accostare per fermarsi un po’, chi se ne importa se si arriverà su a casa un po’ più tardi: è una cosa che attira, che fa sorridere i bambini, che fa venire fuori la nostra varesinità.
E allora è naturale iniziare così gli auguri per il 2023 allo sport di casa nostra, con quel fuoco giallonero che sta tornando a bruciare con prepotenza ed è splendido farsi scottare da una fiamma mai spenta. L’hockey qui in Svizzera è quasi una religione, da noi è “soltanto” (e le odiatissime virgolette stavolta ci stanno parecchio) una storia che come tutte le storie inizia con “C’era una volta” e che non è ancora finita perché nonostante tutto ha davanti tante pagine ancora da scrivere.
E allora, auguri.
Auguri ai Mastini, di restare sempre questi qui: quelli degli ultimi mesi, quelli capaci di riempire l’Acinque Ice Arena ma anche i pullman che partono per le trasferte lunghissime e scomode tipiche di questo sport. Restate sempre questi anche quando diventerete più grandi, anche quando la tentazione di sentirsi arrivati sarà forte, anche quando sarà facile pensare che le persone vengano prima dei colori. Restate sempre questi, anche quando sarete diversi: non rinunciate ai bambini che riempiono la pista subito dopo la partita e alle cene su al bar, ai giocatori che bevono una birra con i tifosi e in fondo si sentono come loro perché queste sono le basi su cui si appoggia tutto. Qualche anno fa, ma sembra passata una vita, a meno di due chilometri in linea d’aria dal palaghiaccio si raccontava una storia simile: poi si è pensato di poter fare a meno di quelle cose, e com’è andata a finire è lì davanti a tutti.
Auguri alla Pallacanestro Varese, perché è inutile negarlo: il cuore batte lì. Stanno succedendo cose belle, sotto le volte del Lino Oldrini: cose molto belle. Aspettando di capire cosa succederà con gli australiani, teniamoci stretto il sistema messo in piedi da Luis Scola è la managerialità stile USA con cui ha deciso di gestire la sua (la nostra) creatura. Auguri di non fermare questo percorso, di non voltarsi indietro, di non perdere tempo a cercare nemici inesistenti ma di impiegarlo invece a cercare amici leali, di meritarsi ogni volta Masnago tutto esaurito e i tifosi senza voce alla fine della partita. Auguri di saper dare segnali di continuità: confermare Caruso, conquistare la Final Eight di Coppa Italia per andare a Torino a divertirsi, scrollarsi via quella sensazione di precarietà che si è trascinata per troppi anni. Auguri di non sentire più un tuo dirigente reagire a una mezza critica con la solita, stucchevole frase: “Dovreste ringraziarci, che se non ci fossimo noi la Pallacanestro Varese sarebbe già morta”.
Auguri al Varese (perché io non riesco a chiamarlo in un altro modo), di ritrovare almeno un po’ di quello che ha perduto o ha gettato via. Auguri di capire che a far male non sono le sconfitte in campo ma quei seggiolini vuoti in tribuna che vuoti non erano mai stati, e che papà Gibe per pensare alla sua Erika sorridendo e per ritrovare quel sorriso ora va al palaghiaccio anche se lo stadio era ed è la sua vita. Auguri di riuscire a rileggere un po’ di storia, per comprendere che chiunque abbia pensato di mettersi davanti al Varese e al suo modo di essere ne è uscito con le ossa rotte e si è lasciato dietro una scia di macerie.
E auguri alla Varese più bella, quella dello sport. Da Martinenghi alla Eolo-Kometa passando per la PolHa e quelli della Freerider, da chi rema sul nostro lago e tutti quelli che sotto l’ombra del Sacro Monte vivono la loro passione e tengono alto il nome della città. Non stancatevi mai, cercate ogni giorno da qualche parte un motivo per fare fatica allenarvi, non dimenticatevi di alzare gli occhi ogni tanto per rendervi conto di quanto siete fortunati a vivere qui. Varese è bellissima, e per rendersene conto basta davvero poco: allacciatevi le scarpe, parcheggiate su al Poggio di Luvinate, e fatevi qualche chilometro (di corsa, camminando, come volete) sul sentiero 10.
Auguri, a tutti: di non dimenticarci mai che farsi circondare di bellezza è il modo migliore per vivere pienamente ogni giorno dell’anno appena iniziato.
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