Passavano da Saluzzo, dalle conversazioni che un esponente di vertice della cosca 'ndranghetista dei Bellocco recluso presso in quel penitenziario teneva con vari affiliati per mezzo di un telefonino detenuto in violazione delle norme, parte delle conversazioni alla base dell’inchiesta che, alle prime luci dell’alba di oggi (martedì 13 dicembre), ha visto i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro dare esecuzione in 16 province del territorio nazionale a ordinanze di custodia emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 65 soggetti (47 in carcere, 16 agli arresti domiciliari e due sottoposti all’obbligo di dimora) ritenuti responsabili - in particolare - di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
L’operazione, denominata "Blu Notte", arriva a conclusione di indagini coordinate dalla Procura di Reggio Calabria–Direzione Distrettuale Antimafia, sotto l’egida della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
Contestualmente, nell'ambito di una parallela operazione battezzata "Ritorno", il Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri unitamente al Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata e al Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Brescia stanno eseguendo un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dall’Ufficio GIP del Tribunale di Brescia a carico di altri 13 soggetti, indagati a vario titolo per i delitti, tra gli altri, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro (imputazione riguardante 6 soggetti).
Inoltre, è stata data esecuzione a un provvedimento di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie dell’importo di oltre 4 milioni di euro, quale profitto dei predetti delitti in materia di imposte sui redditi e Iva.
L’indagine ha consentito alle due Procure, ciascuna per gli ambiti di propria competenza, di verificare, allo stato degli atti e fatte salve le future valutazioni di merito, i nuovi equilibri della cosca Bellocco e le proiezioni di questa cosca di ‘ndrangheta nel Nord Italia.
In particolare per quanto riguarda l’indagine reggina i Carabinieri di Gioia Tauro hanno ricostruito gli interessi della "cosca Bellocco" di Rosarno, una delle realtà più note della ‘ndrangheta, attiva nel narcotraffico, nel traffico delle armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali della Piana di Gioia Tauro, con interessi in molte zone del Paese e che può contare su importanti ramificazioni all’estero.
Una indagine che, nel proprio sviluppo, ha permesso in primo luogo di individuare il cambio al vertice della cosca. Per quasi 50 anni, infatti, la leadership della «cosca Bellocco» era stata riconosciuta al vecchio patriarca Umberto Bellocco, classe ‘37, alias «Assi I Mazzi», deceduto il 22 ottobre scorso, al quale viene ricondotta anche la nascita della Sacra Corona Unita pugliese - fatta risalire alla notte di Natale del 1981 all’interno del carcere di Bari.
Nelle intercettazioni captate dai Carabinieri rientrano anche quelle ascritte a Francesco Nocera, nato a Cinquefrondi (Reggio Calabria), classe 1982, ritenuto un elemento di spicco della cosca calabrese, detenuto presso il carcere saluzzese. Anche tramite le conversazioni che l’uomo intratteneva dal penitenziario cuneese viene registrato il “passaggio di mano” all’omonimo nipote Umberto Bellocco, classe ‘83, alias "Chiacchera", figlio di Giuseppe Bellocco, classe ‘48, che ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio e il conseguente controllo di tutti i consociati.
"Lo stato di reclusione – si legge in una nota diffusa dal Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria – non ha impedito, infatti, a Umberto Bellocco di partecipare attivamente alle dinamiche criminali che hanno riguardato il sodalizio. Un aspetto reso possibile dalla detenzione illecita di telefoni cellulari, il cui approvvigionamento era favorito dal supporto di altri detenuti e dai familiari di questi, perlopiù semiliberi e/o ammessi ai colloqui. Con questi espedienti il detenuto, dal carcere abruzzese, ha potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute in ragione del ruolo di capocosca. In tale modo le conversazioni con i soggetti ammessi a confrontarsi con il boss sono state utilizzate come strumento di persuasione, anche nei confronti di altri soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta. Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare, tra le altre cose, anche le responsabilità dei pregiudicati che hanno costituito la filiera necessaria a rifornire il Bellocco dei microtelefoni cellulari, delle Sim-card e delle relative ricariche, strumenti indispensabili per la direzione 'da remoto' della 'cosca Bellocco'".
Tra le alleanze maturate nel circuito penitenziario – si dà anche conto nella comunicazione dell’Arma – spicca la stretta collaborazione tra gli esponenti della cosca Bellocco e quelli del clan Spada di Ostia (Roma), alcuni dei quali destinatari delle misure cautelari. "In particolare – si legge ancora –, l’accordo stretto tra gli esponenti dei due clan, oltre a scandire le gerarchie criminali all’interno del penitenziario, ha riguardato i traffici di cocaina effettuati dalla Calabria verso il litorale romano e la risoluzione di situazioni conflittuali tra gli Spada e alcuni calabresi titolari di attività commerciali nelle aree urbane di Ostia ed Anzio".
Commenti