La cena con la Lega e la sua storia, l'incontro con Bossi al Castello di Giovenzano. Con il senatur che ha guardato Antonio Raimondi, quando è andato a salutarlo e gli ha detto: «Ma tu sei di Busto?».
«Due giorni intensissimi, pieni di grandi emozioni e di vecchi amici, tanti ricordi, ma idee e progetti ancora validi su cui si deve assolutamente ripartire, grande Umberto dopo tanto tempo si è ricordato ancora di me» ha commentato Antonio sui social. Un pensiero che attinge appunto a queste giornate cariche di significato per il movimento di ieri e oggi.
Raimondi, bustocco appunto, titolare di una gelateria ed ex consigliere comunale, è stato un militante della prima ora. Una delle voci schiette che sono risuonate con semplicità e all'occasione fermezza, nel movimento in città. Non sempre allineato, insomma, se credeva di fare bene così: «Ho fatto politica per l'ideale, per arrivare a qualcosa di meglio per tutti. Ci ho sempre creduto, la vita è bella anche per sognare».
La tessera rinnovata, in questi ultimi anni in sezione magari non ci è andato, ma da segnarsi la data in cui ha ripreso: «Dopo le elezioni». Sì, dopo, non prima. Perché è quando le cose vanno male, che bisogna aiutare e lui ci ha provato. «Ho iniziato nel '92, allora da militante mettevo i manifesti...». Nei giorni scorsi ha anche partecipato alla cena della Lega per i 35 anni: «Quante persone ho ritrovato, magari non avevamo sempre avuto le stesse idee, potevano esserci divisioni ma c'è sempre l'affetto. Io sono diventato grande con questo movimento». Non a caso, ha chiamato suo figlio Alberto: in onore di Alberto da Giussano.
Sì, una settimana intensa, in cui guardarsi dentro, ripercorrere con gli amici di un tempo e di oggi quanto era stato fatto, con le luci e le ombre delle delusioni. Settimana anche tosta, che ha compreso andare al funerale di Roberto Maroni.
«Mi sono commosso per la perdita di Bobo - racconta - e poi in queste rimpatriate l'abbiamo ricordato, assieme a Pavan, a Marco Sartori...».
Poi al Castello di Giovenzano da Bossi. Il saluto con l'onorevole Stefano Candiani, altre persone che non vedeva da un po'. Fino al momento in cui é stato possibile entrare in numeri limitati, con la mascherina, da Umberto Bossi. Un minuto scarso, che attraversa una vita.
Lì, la sorpresa; lui, tra l'altro, il senatur non lo vedeva da diversi anni. Eppure Bossi l'ha indicato con sicurezza: «Ma tu sei di Busto?».
La risposta: «Sì, sono Raimondi...». Un militante, uno che ha lavorato assieme agli altri, che non è mai finito sotto i riflettori, ma il fondatore della Lega l'ha riconosciuto. Antonio, il piccolo imprenditore, che ha sempre detto quello che pensava - anni fa, dopo un consiglio vibrante ricordiamo un articolo del nostro collega Andrea Confalonieri, "Io sto con il gelataio" - ma come dice, è «sempre rimasto lì». E se non ha avuto tempo e modo di frequentare in via Culin, ha deciso di riprendere a farlo quando le cose si mettevano male e bisognava rimboccarsi le maniche.
Forse Bossi ha riconosciuto Antonio, ma in lui anche tanti altri volti, tanti nomi, che in questi giorni si sono ritrovati a ricordare le origini, a piangere da Bobo Maroni e che continueranno o riprenderanno a lavorare silenziosamente.
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