Curva nord esaurita e “disponibilità in esaurimento” in 20 dei 25 settori del Lino Oldrini. In soldoni significa almeno (avverbio da sottolineare) 4500 tifosi presenti, aspettando la raccolta delle biglietterie subito prima della palla a due.
Soffia un vento che riporta a un entusiasmo passato, sopito ma non morto, nel ragionare sulla folla che ha deciso di assistere a Varese-Venezia (oggi, palla a due ore 19) settima giornata di campionato. Ragionamento che peraltro non è granché difficile: per riaccendere il fuoco, per attizzare l’imperitura brace, la Città Giardino del basket deve fare due cose, convincere e - possibilmente - vincere.
Quella di Matt Brase, Paolo Galbiati, Luis Scola e Michael Arcieri sta rispondendo presente e per tal ragione riscuote il credito di chi la osserva. Stasera un passo in più, stasera arriva un’avversaria che non è una big - perché oggi come oggi le big della Serie A sono solo due - ma risponde a un livello di difficoltà nettamente superiore rispetto a tutte le altre contendenti incontrate finora dai biancorossi.
Ah la Reyer… Considerate le differenze economiche in campo, si fa fatica a credere che varie forme di Varese l’abbiamo battuta sei volte su nove negli ultimi 5 anni. Ci riusciva, spesso e volentieri, la Openjobmetis di Attilio Caja, la cui difesa è sempre stata un mal di pancia che non conosce Buscopan per Walter De Raffaele. E ci è riuscita pure quella di Roijakkers, a inizio 2022, due volte in pochi giorni, inebriata di follia olandese, di Librizzi titolare, gegenpressing e altre - temporanee - magie.
Ci riuscirà quella più attesa e forse anche più attrezzata? È un interrogativo carico di speranza e timore perfettamente in equilibrio, che si allarga se si considera che la Venezia corrente potrebbe anche non essere la “solita” Venezia. Del gruppo che ha fatto la storia sono rimasti il centro Mitchell Watt, ancora la guida (13,5 punti di media), Andrea De Nicolao (importante ma non come prima) e Michael Bramos (sempre pericoloso con il suo 40% da oltre l’arco).
Il resto è un roster ancora una volta molto lungo, sempre talentuoso (il play Jayson Granger ha già fatto vedere discreti numeri), italiano (nel parco “panda” ecco la realtà di uno dei più forti giocatori nostrani, Marco Spissu, del redivivo Riccardo Moraschini e di Amedeo Tessitori) e solido (Derek Willis, lo ha già fatto vedere a Brindisi, è un gran bell’americano di sostanza). Da citare anche Allerik Freeman, secondo marcatore di squadra dietro Watt.
Ce la farà Varese a contenere lunghi fisici, esperti, produttivi? E a difendere contro guardie piene di punti nelle mani? La vera novità, la vera speranza, la follia di questa fine 2022, sta nel ribaltare per una volta il discorso: come si comporterà la Reyer davanti al primo attacco del campionato (la formazione di De Raffaele è invece la quinta difesa), alla squadra leader negli assist e nel tiro da due punti, seconda nella valutazione e nelle stoppate?
Torna Justin Reyes, un’arma in più, la cui assenza - però, va detto con onestà - tra le fila varesine è passata in cavalleria. E non perché l’ispanico non sia una pedina importante, tutt’altro: è perché la squadra di Brase pare avere una struttura in grado di assorbire i contraccolpi.
In palio c’è il terzo posto: la cosa fa già paura così.
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