Udienza dedicata ai testi della difesa, stamattina in Corte d’Assise a Imperia per l’omicidio del migrante 23enne, avvenuto sotto il cavalcavia di Roverino a Ventimiglia il 26 novembre del 2021. Alla sbarra c’è Mohammed Aldel, 36 anni, del Sudan accusato di omicidio aggravato. Il giovane ha confessato il delitto.
L’escussione dei testimoni è gravitata sulla richiesta da parte della difesa, rappresentata dall’avvocato Stefania Abbagnano, di reperire per essere ascoltato un testimone che sarebbe in grado di riferire su presunti rapporti tesi precedenti al delitto tra l’imputato e la vittima, sulla quale la Corte, col parere contrario del pm Luca Scorza Azzarà, si è riservata di decidere. Si tratterebbe dell’unica persona con la quale l’imputato nel periodo trascorso a Ventimiglia avrebbe intrattenuto rapporti.
Inoltre, è stata oggetto di discussione l’importanza dei telefoni cellulari per i migranti, essendo stata, secondo la difesa, la causa scatenante dell’omicidio il furto del telefonino. Sono state, poi, prese in considerazione le condizioni psicologiche del presunto omicida nei giorni che hanno preceduto i fatti. Secondo la ricostruzione dell’Arma, l’imputato avrebbe colpito la vittima con sette coltellate, procurandogli, in particolare: 'due ferite al torace, una all’addome, tre in sede dorsale e una in regione sovraglutea' con l’aggravante di ‘aver commesso il fatto per futili motivi legati alla presunta sottrazione del proprio cellulare ad opera della vittima’.
Dinanzi alla Corte d’Assise di Imperia, Carlo Indellicati presidente con a latere Antonio Romano, è comparso Ismail Abdul, sudanese mediatore culturale Caritas, e tra i primi a essere intervenuto sotto il ponte di Roverino e ad avvertire i carabinieri. “Conoscevo l'imputato da almeno 6 mesi, ha dichiarato in aula, per le pratiche relative al rilascio del permesso di soggiorno. Con noi non ha mai avuto comportamenti aggressivi, era tranquillo, ma sempre da solo, aveva un solo amico. Gli abbiamo chiesto se aveva bisogno di un supporto psicologico perché lo abbiamo visto stanco. Abbiamo notato che non stava bene che era preoccupato. Non mi risulta ci fossero stati segnalati problemi con altri migranti. La vittima era lì da un mese e mi hanno riferito che c'erano stati problemi con altri ragazzi ma non ne ho conoscenza diretta. Per noi il telefonino è importantissimo per parlare con la nostra famiglia e per contenere i documenti”.
"L’imputato aveva già fatto richiesta di asilo alla Commissione territoriale, ha dichiarato invece, Alessandra Granelli operatrice Caritas, anche se non si presentava in questura per conoscere l’esito. Non è mai stato aggressivo con noi ed è sempre stato calmo e rispettoso. Alla fine sembrava stanco. È probabile che gli abbiamo consigliato un colloquio con la nostra psicologa. Non mi risulta assumesse alcolici, sotto al ponte c' era anche n po' di tutto".
" Fornivamo la ricarica dei cellulari, ha testimoniato Rachele Branca, operatrice volontaria. La vita di queste persone sotto il ponte estremamente difficile e precaria. Di notte la zona e buia. L’imputato veniva a farsi ricaricare il telefonino talvolta l'ho visto in stato di alterazione”. L’udienza è stata rinviata al 30 novembre alle ore 10.
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