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Sport | 16 settembre 2022, 07:17

Dieci anni senza Peo Maroso, la bandiera più grande del Varese. Il figlio e la nipote: «Tirava fuori il meglio dalle persone e inculcava il sacrificio»

Il 16 settembre 2012 se ne andava l'inarrivabile simbolo di fedeltà e passione biancorossa a cui è dedicata non a caso la curva nord. Il figlio Virgilio: «Avvolgeva tutti e tutto con la sua anima. Oggi starà pensando che i tifosi e la città meritano altre categorie». La nipote Martina: «Non ti abbracciava molto ma trasmetteva le cose con la sua empatia straordinaria. E scherzava in dialetto torinese»

Dieci anni senza Peo Maroso, la bandiera più grande del Varese. Il figlio e la nipote: «Tirava fuori il meglio dalle persone e inculcava il sacrificio»

Lui avrebbe alzato le spalle dicendo: «Non vivo di ricordi e fiori, ma penso ogni giorno al Varese. Voi impegnatevi a riportarlo in alto con serietà. E difendete l'allenatore». Il Peo, scomparso a 78 anni il 16 settembre di 10 anni fa, non se ne è mai andato dal cuore di chi lo ama e conosce la storia biancorossa: giocatore, allenatore, presidente ma, soprattutto, militante - o militare per come ha difeso sul campo e fuori i valori e un'identità che, con lui, sono rimasti inespugnabili, tranne che in paio di casi - oggi non vorrebbe nulla per sé, come non ha mai voluto alcunché dal Varese se non la possibilità di stargli vicino. Non per questo non abbiamo il dovere e il piacere di ricordarlo e fare in modo di non essere in pochi a farlo (sabato alle 18 alla chiesa di Giubiano ci sarà una funzione religiosa in sua memoria), anche se la solitudine, ce lo ha insegnato lui, è ininfluente se si crede nelle persone giuste e nella maglia prima che in se stessi. Non a caso a lui è dedicata la curva nord, simbolo di passione e fedeltà. 

Lo ricordiamo insieme al figlio Virgilio e alla nipote Martina, le due persone al mondo più vicine allo spirito del Peo.

Virgilio, che eredità morale ti ha lasciato il Peo?
Enorme, abbiamo vissuto momenti indimenticabili. Da bambino mi portava allo stadio e mi accompagnava a scuola nel suoi giorni liberi da impegni calcistici. È sempre stato molto presente sia con me ma, soprattutto, con la sua nipote Martina. Negli ultimi giorni di vita mi fece promettere di starle ancora più vicino, di occuparmi del suo futuro, di trasmetterle valori importanti e di motivarla a conquistare giorno per giorno, con spirito di sacrificio, quello che la vita ti prospetta.

Martina, che ricordi hai del nonno?
Purtroppo ho avuto solo nove anni per stargli vicino. I ricordi sono quelli di una bambina che riceve tanto affetto sincero da un nonno che non ti abbracciava molto, ma ti trasmetteva il suo bene straordinario con la sua eccezionale empatia. Il mio ricordo tangibile erano le frasi scherzose che mi diceva in dialetto torinese.

Virgilio, tuo padre come si rapporterebbe con i giovani di oggi?
Credo molto bene. Nonostante qualche "spigolo" nel carattere, che ci stava e faceva parte del suo lavoro, aveva anche una caratteristica unica: entrava facilmente in sintonia con le persone che aveva intorno e con il loro stato d'animo, tirando fuori il meglio e trasmettendo la carica giusta per ottenere il massimo. Credo che questa sua vocazione abbia dato frutti: tra i tanti personaggi sportivi che sono cresciti con lui, ci sono due campioni del mondo come Claudio Gentile e Giampiero Marini, che ancora oggi lo ricordano come un maestro di vita.
Credo che non avrebbe avuto difficoltà a rapportarsi con i giovani anche se non sopportava i preamboli, le apparenze, le troppe parole o le lunghe telefonate ed il telefono in generale, quindi oggi avrebbe forse avuto qualche problemino. Ma avrebbe sicuramente trovato un valido aiuto dalla sua adorata Martina, che sarebbe stata fiera di fare il consulente comunicativo al suo amato nonno.
Comunque il Peo era attento ai giovani, sia in campo - come si può ben vedere da quanti ne lanciò, mettendoli spesso davanti a uomini di esperienza - che fuori. In realtà il Peo nel calcio era di mentalità apertissima, al di là del suo calcio concreto che badava al sodo e di chi a volte criticava le sue scelte.

Parliamo del Varese, l'amore di una vita.
Lo starà seguendo da lassù: si starà augurando, come personalmente faccio anch’io, che la nuova gestione dopo anni travagliati possa portare i colori biancorossi in una categoria che la città e i tifosi si meritano.

Ti aspetti che il Città di Varese ricordi tuo padre?
Non sono nessuno per dire cosa fare o non fare, o per suggerire delle iniziative alla società. Qualsiasi cosa faranno per ricordare la figura di papà, mi farebbe molto piacere e mi renderebbe molto orgoglioso. Anche perché Peo Maroso è la leggenda del calcio varesino.

Hai iniziato la nuova esperienza calcistica nel Cantello Belfortese: come ti trovi?
Sono stato coinvolto con grande entusiasmo dalla famiglia Fontana: Mauro e Angelo vogliono portare la squadra in prima categoria. Ho trovato un ambiente straordinario e ricco di grandi motivazioni. Collaboro come team manager e sono in stretto contatto con mister Paolo Fera, ex calciatore professionista che ha giocato nel Legnano. È una persona ricca di empatia e umanità, oltre a essere molto preparato, e sono super sicuro che saprà gestire al meglio la squadra.

Stai mettendo a frutto gli insegnamenti del Peo?
Quando devo prendere qualche decisione importante nella vita o rapportarmi con la società per cui lavoro, penso sempre a papà. Lo sento molto vicino e sono convinto mi dia la forza di decidere per il meglio. Il nostro legame intimo è straordinario, fatto di una sintonia e di un'unica anima.

Claudio Ferretti - Andrea Confalonieri

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