Il Nazionale

Sport | 24 agosto 2022, 18:05

Prime impressioni e piccoli, ma indispensabili, passi: «L'obiettivo di quest'anno? Non temere più di retrocedere»

Mentre "l'embrione" biancorosso prende forma in montagna, parola a Toto Bulgheroni: «Le esperienze della scorsa stagione valgono per dieci: ne abbiamo fatto tesoro e ripartiamo da una base più solida. Brase? Mi piace, cura i fondamentali. Gli stranieri? Mi ha impressionato Owens. Gli australiani? Il programma sta andando avanti: a giorni arriverà il primo contributo»

Prime impressioni e piccoli, ma indispensabili, passi: «L'obiettivo di quest'anno? Non temere più di retrocedere»

Non è il tempo dei giudizi, semmai delle impressioni. L’occhio ha vagliato tonnellate di pallacanestro, non ne vengono in mente di più affidabili, ma con la stessa esperienza conosce e soprattutto riconosce il limite invalicabile che lo sguardo indagatore incontra nel momento in cui alcuna palla contesa è stata alzata: nello sport solo il confronto con gli altri non sa dire le bugie, si ammanta di cruda oggettività, non conosce né speranza, né auspicio… Si esprime in numeri.

Con Toto Bulgheroni, però, oggi 24 agosto, mentre l’embrione biancorosso sta iniziando ad acquisire complessità tra le montagne e lontano dai nostri occhi, si può comunque puntare dritta la barra verso il futuro, estraniandosi da tutto e tutti. Si può individuare un traguardo, senza paura di sbagliare. Si può insomma, anzi si deve, fissare un obiettivo. 

Che è molto semplice: la Varese 2022/2023 deve essere migliore di quelle che ora appartengono al mondo dei ricordi più recenti. Come squadra e come società. La stessa “rivoluzione” Scola, che ha cambiato i connotati a una tradizione di quasi ottant’anni, trova senso in tale bisogno di ascesa, pur in un percorso “lento”, spalmato su un lustro, giudizioso, tutt’altro che velleitario o abbagliato di luci insostenibili: «Luis lo dice sempre: è importante la politica dei piccoli passi. Ogni anno dobbiamo essere in grado di fare qualcosa in più rispetto a quello precedente».

Qual è allora il goal della prossima stagione?

«Il piccolo passo di quest’anno sarà la stabilità, societaria e di squadra. Lo chiede quanto abbiamo vissuto fino a qualche mese fa… Insieme a Scola abbiamo fatto diverse volte un excursus su quanto accaduto, sulle decisioni prese, anche quelle che non lo hanno visto protagonista, sulle scommesse, sia quelle vinte che quelle perse: siamo stati condizionati dalla scelta di alcuni giocatori, in primis Gentile, poi dai contratti firmati con l’escape che si sono tradotti in addii, infine dagli infortuni. Abbiamo concentrato in una sola stagione esperienze che valgono per dieci. Io penso che la differenza tra le persone intelligenti e quelle che non lo sono sia fare tesoro di queste esperienze: oggi ripartiamo con una base più solida».

Il “piccolo passo” della squadra sarà…

«… precludersi il timore della retrocessione. Sono d’accordo con il gm Arcieri: giusto dire che puntiamo ai playoff. Partecipare alle coppe avrebbe aiutato a fare più partite, ma abbiamo comunque davanti un programma di 30 gare e 150 allenamenti: se li avremo fatti fruttare, vedremo dove saremo…».

E quello della società?

«Una società più solida è già realtà con l’ingresso del gruppo Pelligra. Con loro è stato approvato il budget e a giorni è previsto il versamento della prima tranche dei loro contributi. Il programma, insomma, va avanti come concordato. Per quanto riguarda il palazzetto, invece, l’ambito coinvolge anche il Comune di Varese: personalmente mi auguro che ci possa essere un'accelerazione del processo di ampliamento e di riqualificazione, in attesa di conoscere nel dettaglio i progetti e le proposte nel merito del gruppo australiano».

Torniamo alla squadra: che impressioni ha ricavato da coach Matt Brase?

«Ottime. Da lui come da tutto lo staff. Sono molto professionali e inclini alla cura dei particolari e dei fondamentali, che per me sono tutto nella pallacanestro. È stato impostato sia un lavoro di gruppo che un lavoro individuale, entrambi molto marcati: Brase agisce con questi principi. Sono anche felice della presenza di Paolo Galbiati: conosce il campionato, i campi, gli stranieri, gli arbitri… Permetterà al coach americano di prendere le decisioni migliori».

Ha potuto assistere ai primi allenamenti di Ross, Brown e Owens: che qualità ha intravisto in loro?

«Ross mi pare un playmaker con una forte vocazione al passaggio e al gioco di squadra ma è anche dotato di un più che discreto tiro. Brown sembra invece la classica guardia tiratrice e si vede che ha esperienza europea. Di Owens, infine, mi ha colpito l’energia: è pazzesca. È effettivamente magro, ma corre, salta, vola, stoppa. Ha anche una discreta mano, che non guasta, sebbene da lui ci si aspetti tutto il resto. Mi ha impressionato anche la sua voglia: domenica scorsa, nonostante gli allenamenti sospesi, si è allenato da solo ugualmente».

All’appello mancano ancora Johnson, tutto da scoprire, e il Reyes atto secondo?

«Parlo di Justin: chi lo ha visto mi ha riferito di averlo trovato fisicamente tiratissimo e questo è un bene. Sono anche molto felice che stia facendo un’esperienza internazionale: servirà a farlo maturare».

«Quest’anno mancano chili e centimetri»… Cosa risponde a chi lo sostiene?

«Siamo leggeri, è indubbio. Ma come ha detto coach Brase nel giorno della sua presentazione, la pallacanestro è una sola, non ci sono etichette prestampate: devi riuscire a difendere forte, recuperare palla e trovare canestri facili. Il ritmo alto sarà una conseguenza della difesa. Quanto varrà davvero Varese lo “dirà” soprattutto la forza delle altre squadre: dimentichiamoci di competere con Milano, Bologna, Venezia e forse anche con Brescia e Sassari… Come ci esprimeremo davanti alle altre, però, è tutto da vedere…».

Al di là del talento e dell’impatto dei nuovi, è d’accordo che uno degli spartiacque maggiormente decisivi sia la crescita dei confermati?

«Sì, perché quasi ogni giocatore del nostro roster possiede margini di miglioramento. Sta tutto a loro: lo sviluppo dei giocatori dipende soprattutto dall’impegno e dall’intensità che ognuno mette nel raggiungimento di tale obiettivo». 

Fabio Gandini

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